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Disegno criminoso: quando non c’è continuazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di un giudice dell’esecuzione che negava il riconoscimento del vincolo della continuazione tra tre reati di furto in abitazione commessi a distanza di anni. Secondo la Corte, per applicare l’istituto del disegno criminoso non è sufficiente la somiglianza nel modus operandi o la natura dei reati, ma è necessaria la prova di un’unica programmazione iniziale, assente nel caso di specie, che indicava piuttosto un’abitudine a delinquere.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: La Cassazione Nega la Continuazione tra Reati Distanti nel Tempo

L’istituto della continuazione nel reato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, permette di unificare sotto il profilo sanzionatorio più condotte illecite, a condizione che siano state commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma cosa succede quando i reati sono simili ma commessi a grande distanza di tempo? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri per distinguere un piano unitario da una mera tendenza a delinquere.

I Fatti del Caso: Tre Furti in Abitazione in Dieci Anni

Il caso esaminato riguarda un soggetto condannato per tre distinti episodi di furto aggravato in abitazione, commessi rispettivamente nel 2010, 2012 e 2020. L’interessato, tramite il suo difensore, aveva richiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra i tre reati, sostenendo che fossero tutti parte di un unico programma criminale.

Il Tribunale di Bologna aveva respinto l’istanza, evidenziando l’assenza di contiguità temporale tra i fatti. Secondo il giudice, la somiglianza nel modus operandi e la natura dei reati non erano sufficienti a provare un’unica deliberazione iniziale, ma indicavano piuttosto un’abitudine o una tendenza a delinquere che si manifestava occasionalmente.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che il giudice avesse valorizzato in modo esclusivo il dato cronologico, trascurando altri elementi come l’identità di indole dei reati e la medesimezza del contesto. Inoltre, il ricorrente ha eccepito la mancata valutazione della possibilità di riconoscere la continuazione almeno tra i primi due episodi, più ravvicinati nel tempo.

La Decisione della Cassazione sul Disegno Criminoso

La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. La sentenza ribadisce con chiarezza i principi che governano l’applicazione della continuazione, tracciando una linea netta tra un piano criminale unitario e la serialità occasionale dei reati.

Distinzione tra Disegno Criminoso e Tendenza a Delinquere

Il punto centrale della decisione è la definizione di disegno criminoso. La Corte, richiamando la propria giurisprudenza consolidata, sottolinea che l’identità del disegno criminoso presuppone che l’agente si sia rappresentato e abbia deliberato ab origine una serie di condotte. Questo concetto non va confuso con un generico ‘programma di vita delinquenziale’, che esprime semplicemente una propensione al crimine che si concretizza in base alle opportunità.

Perché vi sia continuazione, è necessario che i reati successivi al primo fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, sin dal momento della commissione del primo. La mera ripetizione di reati dello stesso tipo, anche con lo stesso modus operandi, non basta.

L’Onere della Prova a Carico del Richiedente

La Corte ha inoltre precisato che spetta a chi chiede il riconoscimento della continuazione fornire la prova dell’esistenza di una deliberazione iniziale unitaria. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a contestare la valutazione del giudice, elencando in modo generico gli indici sintomatici della continuazione (omogeneità delle condotte, contesto spaziale, ecc.) senza però dimostrare concretamente come questi elementi provassero, nel suo caso, un’unica volizione iniziale.

Anche riguardo alla richiesta di una valutazione ‘per gruppi’ (almeno per i reati del 2010 e 2012), la Corte ha ritenuto il motivo di ricorso infondato, poiché il ricorrente non aveva indicato quale elemento specifico, oltre alla maggiore vicinanza temporale, avrebbe dovuto condurre a una diversa conclusione.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di una verifica approfondita e concreta degli indicatori della continuazione. Il giudice dell’esecuzione aveva correttamente applicato i principi di diritto, ritenendo che il notevole lasso temporale tra i reati, non supportato da altri elementi specifici di collegamento, escludesse l’esistenza di un piano unitario. La sistematicità delle condotte, in questo contesto, è stata interpretata non come esecuzione di un unico piano, ma come manifestazione di una scelta di vita criminale, che si attua in modo estemporaneo.

La sentenza evidenzia che la valorizzazione di indici come l’omogeneità delle violazioni o la contiguità spaziotemporale è necessaria ma non sufficiente se i reati successivi appaiono frutto di una determinazione estemporanea piuttosto che di una programmazione originaria.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia della Cassazione offre importanti implicazioni pratiche. Ribadisce che per ottenere il beneficio della continuazione, specialmente in sede esecutiva, non è sufficiente allegare la somiglianza tra i reati commessi. È indispensabile fornire elementi concreti e specifici che dimostrino che tutti i reati erano stati pianificati, almeno a grandi linee, prima dell’inizio dell’azione criminale. La distanza temporale tra i fatti, sebbene non sia un ostacolo assoluto, diventa un fattore di cruciale importanza la cui forza indiziaria negativa deve essere superata da prove concrete di un’unica deliberazione iniziale.

Quando si può parlare di ‘disegno criminoso’ per ottenere la continuazione tra reati?
Si può parlare di disegno criminoso quando l’agente ha programmato, almeno nelle linee essenziali, una serie di condotte criminose prima di commettere il primo reato. Non è sufficiente una generica propensione a delinquere che si concretizza in base alle occasioni.

La sola somiglianza nel modo di commettere i reati (modus operandi) è sufficiente per riconoscere la continuazione?
No, secondo la sentenza, la sola identità del modus operandi, così come l’omogeneità dei beni giuridici lesi, è insufficiente a dimostrare l’esistenza di un disegno criminoso. Questi elementi possono essere, al contrario, sintomo di una semplice abitudine a delinquere.

In sede di esecuzione, è possibile chiedere il riconoscimento della continuazione solo per un gruppo di reati e non per tutti quelli oggetto di condanna?
Sì, è possibile. Tuttavia, il ricorrente ha l’onere di indicare gli elementi concreti da cui si possa desumere l’unicità del disegno criminoso anche solo per quel gruppo specifico di reati, non potendosi basare unicamente sulla maggiore vicinanza temporale tra i fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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