Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10386 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10386 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/07/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 10 luglio 2023 il Tribunale di Napoli Nord, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza formulata da NOME COGNOME per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con due sentenze, l’una emessa il 12/12/2018 per il reato di cui all’art. 611 cod.pen. commesso da agosto a dicembre 2017, l’altra emessa il 15/01/2021 per il reato di estorsione commesso il 25/03/2018.
Il Tribunale ha ritenuto non provata la sussistenza di un unico disegno criminoso per la non omogeneità dei reati, anche se entrambi commessi con modalità mafiosa e al fine di agevolare il medesimo RAGIONE_SOCIALE, e li ha ritenuti espressione di una scelta di vita delinquenziale, ma non di un unico programma deliberato inizialmente nelle linee essenziali.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo con il quale lamenta la violazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione.
Dalla lettura delle sentenze di merito emerge che i reati, benché diversi, sono stati commessi con identiche modalità, cioè avvicinando la vittima e coartando la sua volontà attraverso la minaccia portata con metodo RAGIONE_SOCIALE, nonché agendo al fine di agevolare il RAGIONE_SOCIALE, in un caso per costringere un collaboratore ad omettere certe dichiarazioni, nell’altro caso per estorcere denaro. Inoltre i due reati sono stati commessi in epoche prossime, e nel medesimo territorio controllato dal predetto RAGIONE_SOCIALE. Addirittura, le indagini che hanno portato alla condanna per i due reati traggono origine dal medesimo procedimento, successivamente oggetto di vari stralci. Sono presenti, quindi, i vari indici elaborati dalla giurisprudenza per il riconoscimento della continuazione, quali le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il movente, le condizioni di tempo e luogo, la sistematicità e le abitudini programmate di vita.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, essendo i due reati mera espressione di una scelta di vita delinquenziale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
L’ordinanza impugnata è motivata in modo approfondito e non illogico, e risulta avere valutato tutti gli argomenti prospettati dal ricorrente, ed avere esaminato le sentenze depositate. La sua conclusione, che non sia dimostrata la sussistenza di un unico disegno criminoso tra i reati da queste giudicati, è fondata sugli elementi tratti dai provvedimenti allegati dallo stesso ricorrente, costituiti da sentenze definitive, il cui contenuto non può essere oggetto di rivalutazione da parte del giudice dell’esecuzione.
Il giudice dell’esecuzione ha applicato correttamente il consolidato principio di questa Corte, secondo cui «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguita spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea. » (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Rv. 270074). Nell’escludere la sussistenza di tali indici, ha sottolineato infatti l’assenza di una prova «precisa e positiva» di una progettazione unitaria e originaria di tutti i reati, non essendo sufficiente la mera analogia tra loro, la vicinanza temporale, e neppure la medesimezza del movente, quello di agevolare un RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso non contesta efficacemente questa motivazione, in quanto si limita a ripetere che la prova della continuazione sarebbe deducibile dalle modalità esecutive analoghe, analogia peraltro rinvenuta solo nell’uso della minaccia per coartare la volontà della vittima, dalla vicinanza spazio-temporale a dalla finalità di agevolare un RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Non offre, però, alcun elemento che possa dimostrare che detti reati sono stati programmati in modo unitario sin dall’inizio, almeno nelle loro linee generali, e corrispondono quindi ad un preciso disegno criminoso, e non rientrano, semplicemente, in una messa a disposizione del RAGIONE_SOCIALE, che costituisce solo una generica scelta di vita delinquenziale.
Deve anche ribadirsi che «In tema di esecuzione, incombe sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina della continuazione l’onere di allegare
elementi sintomatici della riconducibilità anche dei reati successivi a una preventiva programmazione unitaria, onde evitare che il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 81, comma secondo, cod. peri, si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione con la quale il giudice dell’esecuzione aveva escluso il riconoscimento della continuazione per l’ampiezza dell’arco temporale in cui si collocavano i reati e la mancata allegazione di elementi specifici, sintomatici della loro riconducibilità a una medesima preventiva risoluzione criminosa».(Sez. 3, n.17738 del 14/12/2018, dep. 2019, Rv. 275451). In questo caso il ricorrente non ha fornito ulteriori elementi da cui desumere l’unicità del disegno criminoso, nonostante la specifica richiesta del giudice dell’esecuzione.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente