Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5844 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5844 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/02/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATI -0
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME di riconoscimento della continuazione tra i reati di cui alle seguenti sentenze:
sentenza emessa dalla Corte di appello di Catanzaro, in data 17 giugno 2003, irrevocabile il 12 febbraio 2004, per il reato di cui all’art. 640 cpv. cod. pen., accertato in Soriano Calabro il 31/05/1998;
b) sentenza emessa dalla Corte di appello di Catanzaro, in data 17 giugno 2003, irrevocabile il 28 novembre 2008, per i reati di cui agli artt. 73 c. 1 e 4, e 73, 80 d.P.R. n. 309 del 1990 commessi il primo in Soriano Calabro il 03/05/1998, il secondo in Soriano Calabro il 18/07/1998.
Il Tribunale ha ritenuto insussistente qualsivoglia elemento unificante, fra le diverse condotte, atto eventualmente a far ritenere ricorrente il nesso psichico unitario tra gli episodi giudicati a mezzo delle sopra menzionate pronunce. Non è stato giudicato sufficiente, a tal fine, il solo elemento comune ai vari reati, costituito dalla coincidenza spaziale del luogo di commissione dei fatti, trattandosi peraltro di condotte eterogenee (da un lato la ricettazione di un carnet di assegni, dall’altro violazioni alle legge stupefacenti), ed essendo non provato il nesso teleologico che, secondo la difesa, legherebbe i fatti reato.
Avverso la predetta ordinanza, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia AVV_NOTAIO, denunciando violazione di legge e vizio della motivazione: il giudice dell’esecuzione ha omesso di considerare la contiguità temporale e il disegno criminoso sotteso alle violazioni de : il profitto della ricettazione serviva infatti ad acquistare lo stupefacente.
Il Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va – pertanto – rigettato.
Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici
esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 243632).
Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596).
L’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (da ultimo Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, Natali e altro, Rv. 254793).
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Anche recentemente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Ciò premesso, il Giudice ha ragionevolmente argomentato sull’impossibilità di ritenere i reati uniti da un medesimo disegno criminoso stante la disomogeneità dei fatti, e l’assenza di elementi tali da far ritenere che gli stessi rientrassero in una deliberazione unitaria.
Le censure sollevate dal ricorrente non sono idonee a destituire di legittimità il provvedimento impugnato, in quanto si limitano a sollecitare una valutazione alternativa degli elementi fondanti.
Va tale proposito ricordato come l’asserita sussistenza di un nesso teleologico tra
i reati (peraltro nel caso di specie negata dal G.E.) non determina l’automatico riconoscimento della continuazione tra i medesimi fatti.
Trattasi in particolare di due istituti giuridici non coincidenti e basati su presupposti diversi: il primo riguarda una più grave valutazione del disvalore concreto insito nella fattispecie di reato, in quanto realizzata al fine di commettere un altro reato da ritenersi strumentale all’altro, con relativo aumento di pena; invece, l’istituto della continuazione attiene all’esistenza di un unico disegno criminoso che ha connesso le diverse fattispecie, così da unificarle sotto il profilo giuridico, sul presupposto della minore pericolosità sociale, unico essendo stato l’impulso psichico criminoso del soggetto.
Se questa Corte di legittimità ha da tempo affermato il principio per cui non sussiste un’incompatibilità logico-giuridica tra l’istituto della continuazione e la circostanza aggravante del nesso teleologico, ha purtuttavia chiarito come è comunque necessario, al fine di riconoscere la sussistenza del vincolo della continuazione, operare una specifica verifica in relazione alle concrete caratteristiche della fattispecie (Sez. 1, n. 16881 del 11/10/2017).
Va quindi data continuità al principio per cui GLYPH ai fini della configurabilità della unicità del disegno criminoso è necessario che le singole violazioni costituiscano parte integrante di un unico programma deliberato fin dall’inizio per conseguire un determinato fine, con la conseguenza che tale unicità è da escludere quando la successione degli episodi criminosi, malgrado là contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra i distinti reati, evidenzia l’occasionalità di uno di questiSez. 3, n. 896 del 17/11/2015 dep. 2016, Rv. 266179 – 01 1
L’impugnazione va, pertanto, rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 novembre 2023