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Disegno criminoso: quando non c’è continuazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5208/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento del disegno criminoso per reati commessi a distanza di oltre un anno. La Corte ha ribadito che la sola somiglianza delle condotte non basta a provare la continuazione, essendo necessaria la dimostrazione di un’unica programmazione iniziale, assente in caso di un programma criminoso generico e temporalmente esteso.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Continuazione: La Cassazione e i Limiti della Prova

L’istituto della continuazione tra reati, disciplinato dall’articolo 671 del codice di procedura penale, permette di unificare più condotte illecite sotto un unico disegno criminoso, con importanti benefici sul trattamento sanzionatorio. Tuttavia, il riconoscimento di tale vincolo non è automatico e richiede una prova rigorosa. Con la recente ordinanza n. 5208 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a precisare i confini di questo istituto, sottolineando come la semplice somiglianza dei reati e la loro generica collocazione in un medesimo contesto di vita non siano sufficienti a dimostrare un’unica programmazione iniziale.

I Fatti del Caso: La Richiesta in Sede di Esecuzione

Il caso trae origine dal ricorso di un condannato avverso la decisione del Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Oristano. Quest’ultimo aveva rigettato l’istanza volta a ottenere il riconoscimento della continuazione tra diversi reati, commessi in un arco temporale significativo. Il ricorrente sosteneva che il giudice di merito avesse ignorato l’uniforme giurisprudenza in materia, non considerando l’omogeneità delle condotte e la prossimità temporale come prove sufficienti dell’esistenza di un unico disegno criminoso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Giudice dell’esecuzione. Gli Ermellini hanno ribadito che la valutazione sull’unicità del disegno criminoso è un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, la motivazione è logica, congrua e priva di vizi. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Perché il Disegno Criminoso non Sussiste?

La Corte ha articolato la sua decisione su alcuni principi cardine, già consolidati nella giurisprudenza di legittimità.

L’Importanza della Prova Rigorosa

Il punto centrale è che il riconoscimento della continuazione necessita di una verifica approfondita e rigorosa. Non basta che i reati siano simili per tipologia o che il bene giuridico leso sia lo stesso. È indispensabile dimostrare che, al momento della commissione del primo illecito, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. L’omogeneità delle condotte e la contiguità spazio-temporale sono meri indici rivelatori, ma non costituiscono di per sé una prova conclusiva. Essi possono indicare una generale scelta delinquenziale, ma non necessariamente un’unica deliberazione originaria.

Il Fattore Tempo e l’Indeterminatezza del Programma

Nel caso specifico, la distanza temporale tra i reati (superiore a un anno) è stata considerata un elemento decisivo. Un lasso di tempo così ampio, secondo la Corte, è sintomatico non di un disegno criminoso unitario, ma di un programma delinquenziale a carattere indeterminato e temporalmente indefinito. In altre parole, si presume che la commissione di ulteriori fatti, a distanza di tempo, non fosse stata progettata specificamente all’inizio, ma sia frutto di decisioni estemporanee o rinnovate nel tempo. Questa presunzione può essere superata solo con una prova contraria, che il ricorrente non ha fornito.

L’Onere della Prova a Carico del Ricorrente

La Corte ha inoltre evidenziato una lacuna processuale nell’istanza del ricorrente. Egli non aveva specificato, neanche in via subordinata, l’eventuale sussistenza della continuazione per singoli “gruppi di sentenze” o reati temporalmente più vicini. La giurisprudenza richiede che sia l’interessato a enucleare tali gruppi e ad allegare gli indici rivelatori di una continuazione parziale, un onere che nel caso in esame non è stato assolto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in commento riafferma un principio fondamentale: per ottenere il beneficio della continuazione, non è sufficiente appellarsi alla somiglianza dei reati commessi. È necessario fornire al giudice elementi concreti che dimostrino l’esistenza di un’unica programmazione iniziale, deliberata prima dell’inizio dell’attività criminosa. La distanza temporale tra le condotte gioca un ruolo cruciale, agendo come una presunzione contraria all’unicità del disegno criminoso. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di strutturare in modo preciso e dettagliato le istanze in sede esecutiva, allegando tutti gli elementi fattuali e probatori necessari a sostenere la propria tesi, specialmente quando si tratta di superare la presunzione derivante da un significativo intervallo di tempo tra i fatti.

La somiglianza tra reati e la vicinanza temporale sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso?
No, secondo la Corte non sono sufficienti. Rappresentano solo indici che, da soli, non provano che i reati successivi fossero già stati programmati al momento del primo, potendo indicare solo una generica scelta delinquenziale.

Cosa deve dimostrare chi richiede il riconoscimento della continuazione in sede di esecuzione?
Deve dimostrare, con una verifica approfondita e rigorosa, che al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, come parte di un’unica deliberazione di fondo.

Perché la Corte ha respinto la possibilità di riconoscere la continuazione per “gruppi di sentenze”?
La Corte l’ha respinta perché il ricorrente non aveva formulato una richiesta specifica in tal senso nell’istanza iniziale, né aveva allegato gli indici necessari a dimostrare l’esistenza di una continuazione parziale tra specifici gruppi di reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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