Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25076 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25076 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 16/04/1996
avverso l’ordinanza del 13/01/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME per cassazione avverso l’ordinanza i preambolo, con la quale la Corte di appello di Torino, in funzione di gi dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza, intesa al riconosciment continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione separatamente giudicati in sede di cognizione e, segnatamente, per i rea furto in abitazione aggravato, ricettazione e falso;
rilevato che, nell’unico motivo, deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso l’uniforme giurisprudenza di legittimità, richiamata nel ricorso, in mate criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso, sicuramente ravvi posta l’analogia del modus operandi, la identità dell’area geografica in cui gli illeciti sono stati commessi, infine la parziale coincidenza dei correi;
ribadito il principio secondo cui, il riconoscimento della continuaz necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontra effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 2 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli ill rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di pe soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazion risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/ dep. 2014, P., Rv. 259094-01);
ricordato ancora che il riscontro della serie di elementi rilevanti al stabilire l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente include singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle az rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere pluralità delle originarie determinazioni – è rimesso all’apprezzamento giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convinciment giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logi travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, COGNOME Rv. 187740-01)
ritenuto che, nel caso di specie, il Giudice dell’esecuzione ha fatto governo degli anzidetti principi e ha dato articolato conto della loro applica rilevando che si trattava in parte di fattispecie eterogenee e, comunque quelle omogenee (i furti in abitazione) ha evidenziato in maniera esente illogicità e incongruenze, quale elemento decisivo per escludere l’unici
disegno criminoso la distanza temporale tra i fatti, ciò a dimostrazione dell’insussistenza di un’unica, antecedente, risoluzione criminosa;
ritenuto che tale motivazione si appalesa perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte secondo cui il decorso del tempo costituisce elemento
decisivo sul quale fondare la valutazione ai fini del riconoscimento delle condizioni previste dall’art. 81 cod. pen., atteso che, in assenza di altri elementi
quanto più ampio è il lasso di tempo fra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria predeterminata almeno
nelle linee fondamentali e che, pertanto, nel «caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria,
che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen juris,
non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza della continuazione» (Cass.
Sez. 4, n. 34756 del 17/052012, Madonia, Rv. 253664; Sez. 1, 3747 del
16/01/2009, COGNOME Rv. 242537);
rilevato che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 1 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende. Così deciso il 19 giugno 2025
Il Consigliere estensore
[Presjdente