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Disegno criminoso: quando non c’è continuazione

Un soggetto ha richiesto il riconoscimento del reato continuato tra due condanne per detenzione di tabacchi illegali. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che un notevole lasso temporale, modalità diverse e un periodo di detenzione tra i due fatti interrompono e negano l’esistenza di un unico disegno criminoso, elemento indispensabile per la continuazione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce i Limiti

Il concetto di disegno criminoso è fondamentale nel diritto penale per poter riconoscere l’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’art. 81, comma 2, del codice penale. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito quali sono i criteri per accertarne l’esistenza, sottolineando come un lungo lasso di tempo e i periodi di detenzione possano interrompere tale unicità di programmazione. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Due Condanne Distinte

Il caso riguarda un soggetto condannato in due procedimenti separati per lo stesso tipo di reato: detenzione di tabacchi lavorati esteri. La prima sentenza era divenuta irrevocabile nel 2020, mentre la seconda nel 2024. L’interessato, tramite il proprio legale, si era rivolto al Giudice dell’esecuzione chiedendo di riconoscere il vincolo della continuazione tra i due reati. La sua tesi si basava sulla presunta omogeneità delle violazioni, sulla congruità del lasso temporale e sulla somiglianza delle modalità di commissione. La Corte di appello, tuttavia, aveva respinto l’istanza, portando il caso all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione e l’Esclusione del Disegno Criminoso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione dei giudici di merito. I magistrati hanno colto l’occasione per riaffermare i principi cardine che regolano l’accertamento del disegno criminoso, elemento indispensabile per la configurabilità della continuazione.

L’Importanza del Lasso Temporale

Uno degli elementi centrali della valutazione è la distanza temporale tra i reati. La Cassazione ha chiarito che, sebbene non esista un limite temporale predefinito, un lasso di tempo considerevole rende improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria e predeterminata. Nel caso di specie, la distanza tra i fatti è stata ritenuta un indice contrario al riconoscimento di un piano criminoso unico.

Il Ruolo Interruttivo della Detenzione

Un punto cruciale della sentenza riguarda l’argomento difensivo secondo cui il periodo di detenzione sofferto tra i due reati avrebbe dovuto essere considerato nel valutare la distanza temporale. La Corte ha ribaltato questa prospettiva, affermando un principio consolidato: i periodi di detenzione sono verosimilmente interruttivi di qualunque progetto criminoso. È infatti illogico concepire un piano delittuoso che includa l’arresto, l’espiazione della pena e la successiva ripresa del programma illecito. La detenzione, quindi, spezza la continuità del disegno criminoso.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che l’unicità del disegno criminoso non può essere confusa con una generica inclinazione a delinquere o con una tendenza a commettere reati della stessa indole. Per aversi continuazione, è necessario che le singole violazioni costituiscano parte integrante di un unico programma, deliberato fin dall’inizio nelle sue linee essenziali per raggiungere un fine specifico.

Per accertare tale programma, i giudici devono basarsi su elementi indizianti concreti, tra cui:
* L’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere.
* La brevità del lasso temporale tra gli episodi.
* L’identica natura dei reati.
L’analogia del modus operandi*.
* La costante compartecipazione dei medesimi soggetti.

Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente evidenziato non solo il consistente lasso temporale, ma anche la diversità dei complici e delle modalità di commissione. La seconda condotta, in particolare, mostrava una maggiore esperienza e capacità organizzativa, elementi che deponevano a favore di una generica proclività a delinquere piuttosto che di un’unica rappresentazione e volizione.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza che il riconoscimento del reato continuato non è un automatismo derivante dalla commissione di più reati dello stesso tipo. La valutazione del giudice deve essere rigorosa e basata su elementi fattuali concreti che dimostrino, senza ambiguità, l’esistenza di un’unica programmazione criminosa iniziale. Un considerevole intervallo di tempo, la diversità delle modalità operative e, soprattutto, i periodi di detenzione intermedi sono ostacoli significativi, se non insormontabili, al riconoscimento del medesimo disegno criminoso.

Un lungo periodo di tempo tra due reati esclude sempre il riconoscimento della continuazione?
No, non automaticamente. Tuttavia, la sentenza chiarisce che quanto più ampio è il lasso di tempo tra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria e predeterminata, specialmente se mancano altri solidi elementi di collegamento.

La detenzione subita tra due reati influisce sulla valutazione del disegno criminoso?
Sì, ma in senso negativo. Secondo la Corte, i periodi di detenzione subiti dal richiedente sono considerati verosimilmente interruttivi di qualunque progetto criminoso, poiché non è logico concepire un piano delittuoso che includa anche l’arresto e l’espiazione della pena.

Quali sono gli elementi principali per riconoscere un medesimo disegno criminoso?
La sentenza indica diversi elementi indizianti: l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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