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Disegno criminoso: quando non c’è continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento del disegno criminoso tra un reato di importazione di droga e la successiva partecipazione a un’associazione criminale. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che la distanza temporale di tre anni e la mancanza di prove di una programmazione unitaria iniziale escludono l’applicabilità dell’istituto della continuazione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: La Cassazione Nega la Continuazione per Mancanza di Prova

L’istituto della continuazione, basato sul concetto di disegno criminoso, rappresenta una questione cruciale nel diritto penale, capace di incidere significativamente sull’entità della pena. Esso presuppone che più reati, anche commessi in momenti diversi, siano in realtà l’attuazione di un unico progetto criminale ideato in origine. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i criteri, spesso rigorosi, che i giudici devono seguire per riconoscere tale unicità di programmazione, specialmente quando la richiesta viene avanzata in fase di esecuzione della pena.

I Fatti del Caso: Due Sentenze e una Richiesta

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un condannato che aveva chiesto al giudice dell’esecuzione di unificare due distinte condanne sotto il vincolo della continuazione. La prima condanna riguardava reati legati all’importazione di sostanze stupefacenti. La seconda, invece, concerneva la sua partecipazione a un’associazione criminale finalizzata proprio al traffico di droga.

Secondo la tesi difensiva, il primo reato (l’importazione) non era altro che un’azione preparatoria e funzionale al suo successivo ingresso nel sodalizio criminale. Pertanto, entrambe le condotte avrebbero dovuto essere considerate parte di un medesimo disegno criminoso. A sostegno di questa tesi, venivano citate le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che collocavano l’inizio delle attività di importazione da parte del condannato ad alcuni anni prima.

La Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva però respinto la richiesta, spingendo il condannato a ricorrere per Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno confermato la decisione della Corte d’Appello, evidenziando come la difesa non avesse adeguatamente contestato le solide argomentazioni del provvedimento impugnato. La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i principi fondamentali che regolano l’accertamento del disegno criminoso.

Le Motivazioni sul Disegno Criminoso e la Distanza Temporale

Il cuore della motivazione risiede nella rigorosa interpretazione dei presupposti per l’applicazione della continuazione. La Corte ha ribadito che, per riconoscere un unico disegno criminoso, è necessaria una verifica approfondita e rigorosa. Bisogna dimostrare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali.

Elementi come l’omogeneità dei reati o la vicinanza nel tempo e nello spazio sono solo degli indici, ma non sono sufficienti da soli a provare l’esistenza di un’unica deliberazione iniziale. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato un elemento decisivo in senso contrario: la notevole distanza temporale, pari a ben tre anni, tra i fatti oggetto della prima sentenza e l’ingresso del soggetto nell’associazione criminale.

Questo lasso di tempo, secondo i giudici, era una chiara dimostrazione dell’assenza di un’unica e antecedente risoluzione criminosa. Inoltre, la circostanza che il ricorrente importasse droga già da anni non è stata considerata una prova del disegno unitario. Al contrario, è stata interpretata come un sintomo di una consolidata ‘dedizione al crimine’ e di una ‘professionalità’ nell’illecito, elementi che non implicano necessariamente una programmazione unitaria di tutti i reati futuri.

Conclusioni: Criteri Rigorosi per il Riconoscimento del Disegno Criminoso

La pronuncia in esame conferma l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità: il riconoscimento del disegno criminoso non può basarsi su semplici congetture o sulla mera affinità delle condotte illecite. È richiesta una prova concreta e specifica di un’unica programmazione iniziale che abbracci tutti i reati. La valutazione del giudice, soprattutto in sede di esecuzione, deve essere particolarmente scrupolosa e basata su elementi fattuali concreti, come la contiguità temporale, le modalità della condotta e le causali dei reati. Un significativo intervallo di tempo tra i crimini, come nel caso di specie, può costituire un ostacolo insormontabile al riconoscimento della continuazione, suggerendo piuttosto l’esistenza di deliberazioni criminose distinte e autonome nel tempo.

Quando si può parlare di ‘disegno criminoso’ tra più reati?
Si può parlare di disegno criminoso solo quando è provato che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati dal reo, almeno nelle loro linee essenziali, come parte di un’unica deliberazione iniziale.

La semplice somiglianza tra reati è sufficiente per ottenere la continuazione?
No. Secondo la Corte, l’omogeneità delle violazioni e la contiguità spazio-temporale sono solo indici rivelatori, ma non bastano da soli a dimostrare l’esistenza di un’unica programmazione criminosa iniziale.

Perché la Corte ha ritenuto irrilevante che l’imputato importasse droga già prima di entrare nell’associazione criminale?
Perché tale circostanza, secondo i giudici, non provava l’esistenza di un piano unitario per commettere entrambi i reati. Anzi, è stata vista come un sintomo di una generale ‘dedizione al crimine’ e di una ‘professionalità’ nelle condotte illecite, non come prova di una singola e anticipata deliberazione che includesse anche la futura partecipazione all’associazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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