Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29517 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29517 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1883/2025 CC – 29/05/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 24/03/2025 del GIP TRIBUNALE di Milano
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta presentata nell’interesse di NOME COGNOME di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati di cui alle seguenti sentenze irrevocabili: a) sentenza n. 1840/2024 del GUP del Tribunale di Milano, di condanna per i reati di cui agli artt. 74 e 73 comma 4 d.P.R. 309 del 1990, commessi in Milano fino all’estate 2021; b) sentenza n. 77/2023 del GUP del Tribunale di Trieste, di condanna per il reato di cui all’art. 73 comma 1 e 80 d.P.R. 309 del 1990, commesso in Trieste il 14 febbraio 2022.
Il decidente ha ritenuto che, nonostante l’omogeneità delle norme giuridiche violate, non possa ravvisarsi la sussistenza di disegno unitario tra le condotte criminose, relative a fatti temporalmente distanti di circa otto mesi l’una dall’altra, commessi in luoghi diversi, aventi ad oggetto i fatti milanesi sostanza stupefacente del tipo marijuana ed hashish, ed i fatti triestini ingenti quantità di cocaina, ed in assenza di coincidenza soggettiva tra i numerosi coimputati di entrambe le vicende.
COGNOME con atto del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo vizio di motivazione per travisamento della prova.
Il giudice dell’esecuzione Ł pervenuto al rigetto della richiesta di concessione del beneficio de quo nonostante la presenza di molteplici indici rivelatori della sussistenza di un medesimo disegno criminoso, quali la medesima tipologia delle violazioni, le analoghe modalità della condotta (rivestendo il Megna, in entrambe le vicende, il ruolo di procacciatore di grossi quantitativi di sostanza stupefacente), nonchØ la contiguità spazio-temporale, atteso che lo stupefacente di cui ai fatti giudicati dal GUP di Trieste Ł stato sequestrato a Saronno.
3.Il sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta,
ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł infondato e va – pertanto – rigettato.
Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di piø violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, COGNOME, Rv. 243632).
Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267596).
L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015 – dep. 18/01/2016, Esposti e altro, Rv. 266413)
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Nel caso che ci occupa, il Tribunale di Milano ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi. In particolare, il Giudice dell’esecuzione ha ragionevolmente argomentato sull’impossibilità di ritenere i reati giudicati con le due sentenze oggetto dell’istanza uniti da un medesimo disegno criminoso sulla scorta di plurimi elementi, ovvero l’apprezzabile lasso di tempo che separa le condotte delittuose, il diverso contesto geografico in cui le condotte sono maturate, la diversità di coimputati, la diversa tipologia di sostanza stupefacente oggetto delle condotte delittuose. Ciò Ł sufficiente per ritenere che la commissione dell’ulteriore fatto delittuoso, di cui alla sentenza sub b), anche se analogo per nomen iuris al precedente, in assenza di altri e specifici elementi, non sia stato frutto di una programmazione ab origine .
Il ricorrente, nel censurare la motivazione dell’ordinanza impugnata, elude il nucleo centrale dei principi fin qui enunciati: la necessità di una preventiva programmazione unitaria dei reati – quindi precedente al primo dei reati per i quali si chiede il riconoscimento del
vincolo – almeno nella loro linea essenziale. Le censure sollevate dal ricorrente non sono pertanto idonee a destituire di legittimità il provvedimento impugnato, in quanto si limitano a sollecitare una valutazione alternativa degli argomenti posti alla base della decisione impugnata.
A tale riguardo appare opportuno rammentare che questa Corte – a piø riprese – ha affermato che l’accertamento degli indici sintomatici dell’unitarietà del disegno criminoso «e rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti» (Sez. 7, n. 25908 del 10/03/2022, non massimata; nello stesso senso Sez. 4, n. 25094 del 13/06/2007, COGNOME, Rv. 237014; Sez. 4, n. 10366 del 28/05/1990, COGNOME, Rv. 184908).
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’impugnazione deve essere rigettata. Il rigetto del ricorso postula la condanna al pagamento delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 29/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME