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Disegno criminoso: quando non c’è continuazione

Un uomo, condannato per due tentati furti in abitazione a 13 giorni di distanza, ha richiesto l’applicazione del reato continuato, sostenendo un unico disegno criminoso. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la somiglianza dei reati e la vicinanza temporale non sono sufficienti a dimostrare un piano preordinato, distinguendolo da una generica scelta di vita criminale.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Unico Disegno Criminoso: La Cassazione Nega la Continuazione tra Due Furti

La nozione di disegno criminoso unico è un pilastro del diritto penale per l’applicazione del più favorevole trattamento sanzionatorio del reato continuato. Tuttavia, la sua sussistenza non può essere presunta sulla base di semplici somiglianze tra i reati. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con chiarezza la distinzione fondamentale tra un piano criminoso preordinato e una mera tendenza a delinquere, che si manifesta in episodi distinti e occasionali.

I Fatti del Caso: Due Tentati Furti in Abitazione

Il caso riguarda un individuo condannato con due sentenze distinte per due episodi di tentato furto in abitazione. I reati erano stati commessi a distanza di soli 13 giorni l’uno dall’altro, in due comuni limitrofi (a circa 6 km di distanza). Le modalità operative presentavano delle analogie e il bene giuridico leso era il medesimo. Forte di questi elementi, la difesa aveva presentato istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione, sostenendo che entrambi i tentativi di furto fossero espressione di un unico disegno criminoso.

La Decisione del Tribunale e i Limiti del Disegno Criminoso

Il Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. Pur riconoscendo l’omogeneità delle condotte, il giudice riteneva che gli elementi presentati non fossero sufficienti a dimostrare l’esistenza di un programma unitario e preordinato. La serialità delle azioni è stata interpretata non come l’esecuzione di un piano, ma come l’espressione di una scelta di vita criminale, concretizzatasi in base a opportunità contingenti. La difesa ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge e una motivazione illogica, sottolineando come la vicinanza temporale e spaziale, unita alla somiglianza dei reati, dovesse condurre a una conclusione opposta.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire i principi che regolano l’istituto del reato continuato. Affinché si possa parlare di un medesimo disegno criminoso, non basta che vi siano più violazioni della stessa legge penale. È necessario che tali violazioni costituiscano l’attuazione di un piano ideato in un momento antecedente alla commissione del primo reato.

La Corte ha chiarito che questo concetto non deve essere confuso con un vago proposito di delinquere o con un “programma di vita delinquenziale”. Quest’ultimo si manifesta in una serie non predeterminata di reati, commessi cogliendo le varie occasioni che si presentano. Il vero disegno criminoso, invece, richiede una programmazione iniziale, almeno nelle linee essenziali, di una pluralità di illeciti per conseguire un fine specifico.

Nel caso di specie, il Tribunale aveva logicamente argomentato la sua decisione. Aveva analizzato le diverse modalità esecutive (un’intrusione sul terrazzino di una villetta in un caso, un ingresso nell’atrio di un condominio nell’altro) e, in assenza di altri dati concreti, aveva concluso per l’assenza di una preordinazione, ritenendo i reati frutto di determinazioni estemporanee. La Cassazione ha ritenuto questa valutazione di merito congrua e non illogica, respingendo il ricorso che, di fatto, chiedeva una nuova e inammissibile valutazione dei fatti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza rafforza un principio cruciale: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non è sufficiente dimostrare che i reati sono simili e ravvicinati nel tempo e nello spazio. Questi sono meri indizi, che da soli non bastano. È onere della difesa fornire elementi concreti capaci di provare l’esistenza di un piano unitario, concepito prima di iniziare l’azione criminale. La distinzione tra un progetto deliberato e una serie di scelte criminali contingenti rimane il fulcro della valutazione del giudice, che deve accertare una programmazione iniziale e non una semplice inclinazione a delinquere.

La vicinanza di tempo e luogo tra due reati è sufficiente per dimostrare un unico disegno criminoso?
No. Secondo la sentenza, la vicinanza temporale e spaziale, così come l’omogeneità delle condotte, sono solo indicatori. Da soli, non sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di un piano criminoso unitario e preordinato, che deve essere provato con elementi concreti.

Qual è la differenza tra “disegno criminoso” e “scelta di vita criminale”?
Il “disegno criminoso” è un programma specifico e preordinato per commettere una serie di reati ben definiti. La “scelta di vita criminale” è una generica propensione a delinquere, che si manifesta in reati occasionali e non pianificati in anticipo come parte di un unico progetto. Solo il primo caso consente l’applicazione del reato continuato.

Cosa deve provare la difesa per ottenere il riconoscimento del reato continuato in fase di esecuzione?
La difesa deve fornire elementi concreti che dimostrino che, al momento della commissione del primo reato, i successivi erano già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, come parte di un unico progetto. Non basta l’analogia tra i reati o una generica finalità predatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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