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Disegno criminoso: quando non c’è continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento del vincolo della continuazione tra due condanne per associazione mafiosa. I giudici hanno confermato che per applicare l’istituto del medesimo disegno criminoso è necessaria una programmazione unitaria dei reati sin dall’inizio, elemento assente nel caso di specie data la diversità tra i due sodalizi criminali per scopi e composizione.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno criminoso e continuazione: la Cassazione fa chiarezza

Nel diritto penale, il concetto di disegno criminoso è fondamentale per l’applicazione del reato continuato, un istituto che permette di unificare più condotte illecite sotto un’unica, più mite sanzione. Ma cosa succede quando un soggetto viene condannato per l’adesione a due distinte associazioni criminali? È possibile considerare le due condotte come parte di un unico piano? Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ribadisce i confini di questo istituto, sottolineando la necessità di una programmazione criminale unitaria e originaria.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un individuo condannato per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) in due distinti procedimenti. L’interessato aveva richiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra le due fattispecie, sostenendo che entrambe le sue condotte criminali fossero riconducibili a un medesimo disegno criminoso.

Il giudice dell’esecuzione, tuttavia, aveva respinto la richiesta. La motivazione del rigetto si fondava sulla constatazione che le due associazioni criminali a cui il soggetto aveva aderito erano nettamente diverse: differivano per gli scopi perseguiti, per la composizione soggettiva e per la progettualità criminale. Non vi era, quindi, un piano unitario che legasse l’adesione al primo sodalizio con quella al secondo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici di legittimità hanno ritenuto le argomentazioni del ricorrente meramente confutative e incapaci di evidenziare vizi logici o violazioni di legge nella decisione impugnata.

Cosa si intende per medesimo disegno criminoso?

La Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. Il medesimo disegno criminoso, che caratterizza l’istituto della continuazione (art. 81, comma 2, c.p.), presuppone che l’agente si sia rappresentato e abbia deliberato ab origine una serie di condotte illecite, programmandole almeno nelle loro linee essenziali.

Questo concetto si distingue nettamente dal mero “programma di vita delinquenziale”, che indica una generica propensione al crimine e si manifesta in reati non predeterminati, ma commessi cogliendo le varie opportunità che si presentano.

Per accertare l’esistenza di un’unica programmazione, il giudice deve valutare una serie di indicatori concreti, tra cui:

* L’omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto.
* La contiguità spazio-temporale tra i fatti.
* Le modalità della condotta e l’eventuale analogia del “modus operandi”.
* La sistematicità e le abitudini programmate di vita.
* La costante compartecipazione dei medesimi soggetti.

Non è necessario che tutti questi indicatori siano presenti contemporaneamente, ma è fondamentale che quelli esistenti siano sufficientemente significativi da provare un’unica deliberazione iniziale.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto la motivazione del giudice dell’esecuzione adeguata, logica e priva di vizi. Il giudice di merito aveva correttamente escluso il vincolo della continuazione valorizzando la diversità dei sodalizi camorristici e la presenza di una nuova e diversa progettualità criminale che aveva giustificato la seconda adesione.

La Corte ha sottolineato che il ricorrente non è stato in grado di indicare quale fosse lo scopo unitario che, sin dal momento dell’adesione alla prima associazione, avrebbe dovuto legare anche la futura partecipazione alla seconda. Le sue critiche si sono limitate a contestare l’apprezzamento dei fatti svolto dal giudice, un’operazione non consentita in sede di legittimità quando la motivazione è congrua e coerente.

In sostanza, l’adesione a una seconda associazione mafiosa, diversa dalla prima per scopi e membri, è stata interpretata come una nuova e autonoma scelta criminale, non come l’attuazione di un piano concepito in precedenza. Mancava quindi l’elemento unificante, l’originario disegno criminoso, richiesto dalla norma.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il beneficio della continuazione non è un automatismo, ma richiede una prova rigorosa di un’unica programmazione iniziale dei reati. Non basta che i crimini siano dello stesso tipo o commessi a breve distanza di tempo. È necessario dimostrare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati pianificati, almeno nelle loro linee essenziali.

Questa pronuncia conferma che l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito. La Corte di Cassazione interviene solo se la motivazione risulta manifestamente illogica, contraddittoria o basata su un travisamento dei fatti. Per chi intende richiedere il riconoscimento della continuazione, diventa quindi cruciale fornire elementi concreti a sostegno di un’unica deliberazione criminosa, superando la mera allegazione di una generica carriera criminale.

Quando si può applicare la continuazione tra più reati?
La continuazione si applica quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando l’agente, prima di commettere il primo reato, ha già programmato i successivi, almeno nelle loro linee essenziali.

Una generica propensione a delinquere è sufficiente per configurare un unico disegno criminoso?
No. La Corte chiarisce che un programma di vita delinquenziale, che esprime una generale propensione alla devianza e si concretizza in base alle occasioni, non si identifica con il medesimo disegno criminoso, che richiede una deliberazione unitaria e preventiva di una serie di condotte specifiche.

Perché la Cassazione ha respinto il ricorso nel caso di due condanne per associazione mafiosa?
Il ricorso è stato respinto perché il giudice di merito ha motivato in modo logico e congruo l’assenza di un unico disegno criminoso, evidenziando la diversità dei due sodalizi criminali per scopi perseguiti e composizione soggettiva. L’adesione alla seconda associazione è stata ritenuta frutto di una nuova e autonoma progettualità criminale, non parte di un piano originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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