Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14976 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14976 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/02/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a REGGIO EMILIA il 13/11/1975
avverso l’ordinanza del 08/05/2018 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG
Lette le richieste del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Napoli, decidendo quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da NOME COGNOME volta alla declaratoria della continuazione tra: (1) il delitto di cui all’ art commi 2, 3, 4, D.P.R. 309/1990, commesso in Napoli e provincia dal 1981 al 2000, oggetto di sentenza di condanna della Corte di appello di Napoli del 22.12.2011, irrevocabile il 6.5.2012; (2) il delitto di cui all’art. 74, commi 1, 3, D.P.R. n. 309/1990, commesso in Napoli dal 1999 con condotta perdurante, oggetto della sentenza di condanna emessa dalla stessa Corte di appello in data 18.10.2005, irrevocabile il 6.5.2009.
A ragione, osservava che le condotte di partecipazione erano state realizzate in seno a due distinte aggregazioni criminali che, sebbene attive in contesti territoriali in parte coincidenti, si erano articolate in diversi momenti storic differivano nella componente soggettiva. Non v’era dunque nessuna circostanza indicativa di una matrice ideativa unitaria, non bastando a tal fine la natura permanente del reato associativo, l’omogeneità del titolo e delle condotte criminose.
2. Ha proposto ricorso il condannato, a mezzo del difensore, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunziando travisamento del fatto, carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. La Corte territoriale aveva errato nell’applicare i principi interpretativi sull’istituto della continuazion enucleati dalla giurisprudenza di legittimità, nonostante nel caso specifico sussistesse omogeneità normativa, di luogo di commissione e di modalità commissiva. L’ordinanza non aveva affrontato il tema della sostanziale unicità dei due gruppi, costituendo quello facente capo agli COGNOME di cui alla sentenza sub 2) una cellula della più vasta consorteria costituita e diretta da NOME COGNOME, del quale COGNOME NOME, padre del condannato, era storico affiliato e suo referente, addetto alla gestione del traffico di stupefacente nel rione Monterosa. Unica era, dunque, l’aggregazione criminale, pur organizzata in varie articolazioni territoriali, ininterrottamente attiva nel medesimo contesto ambientale, unico il programma, medesimi i canali di approvvigionamento, immutati i moduli operativi.
Si era in presenza, dunque, di un’unica associazione sia pure valutata in diversi procedimenti e da angoli prospettici diversi.
Con atto denominato motivi nuovi, depositato in data 6.2.2018, il ricorrente ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso.
Considerato in diritto
Osserva il Collegio che il ricorso appare inammissibile e l’inammissibilità si estende ai motivi nuovi, che peraltro incorrono nella sanzione di inammissibilità anche perché presentati oltre il termine previsto dagli artt. 611 e 585, comma 4, cod. proc. pen..
La nozione di continuazione delineata nell’art. 81 cod. pen., comma 2, richiede ineludibilmente che i fatti siano riferibili ad un medesimo, dunque originario, disegno criminoso e siffatta unicità di disegno non può identificarsi con la generale tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose. È necessario, invece, che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine progettati e organizzati, ma che devono risultare almeno in linea generale individuati e previsti come mezzo al conseguimento di un unico fine, parimenti prefissato e sufficientemente specifico. Sicché deve escludersi che siffatta antecedente programmazione unitaria possa essere desunta sulla sola base della medesimezza del contesto in cui i singoli propositi criminosi e le autonome risoluzioni antidoverose sono maturati, ovvero ancora sulla base della spinta a delinquere, non potendo confondersi il movente-scopo specifico, con la stabile tendenza a risolvere i propri problemi esistenziali, commettendo reati anche della stessa specie e nel medesimo settore.
I medesimi principi non subiscono deroghe nemmeno quando oggetto dei distinti giudicati sia la partecipazione a più organizzazioni criminose, oppure una pluralità di condotte relative alla stessa associazione, temporalmente distanziate, rispetto alle quali il giudice della cognizione, così quello dell’esecuzione devono essere guidati da un approccio casistico e concreto che sia aderente alla realtà del fenomeno delittuoso, e a ripudiare soluzioni aprioristicamente favorevoli a ravvisare la continuazione, quanto a negarla.
Ciò che certamente non è sufficiente, ai fini del riconoscimento del disegno unitario è il mero riferimento alla tipologia di reato e all’omogeneità delle condotte, occorrendo, viceversa, una specifica indagine sulla natura dei sodalizi, sulla loro concreta operatività, sulla continuità nel tempo, in quanto elementi che concorrono all’accertamento dell’unicità del momento ideativo e deliberativo,
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successivamente eseguito attraverso la progressiva appartenenza a distinte associazioni o alla medesima organizzazione. Certo è che il vincolo della continuazione è difficilmente ravvisabile nell’ipotesi di partecipazione a sodalizi che si sono formati in presenza di situazioni nuove, né previste né prevedibili nel momento della costituzione o dell’adesione alla consorteria; parimenti la continuazione ben può essere disconosciuta nell’ipotesi di partecipazione ad associazioni del medesimo stampo, ma sostanzialmente diverse, in quanto, come detto, un generico piano di attività delinquenziale che contempli l’adesione a sodalizi di futura costituzione confligge con l’anticipata e unitaria ideazione di pi violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità.
autonome e rinnovate volizioni illecite, fondate su sviluppi nuovi e preventivabili, incompatibili con l’identità del disegno criminoso.
In conclusione, l’ordinanza resiste agli enunciati critici, non esse censurabile, in questa sede, la motivazione, corretta e plausibile, con la qu è evidenziato che una valutazione globale dei dati acquisiti non consentiv affermare che i fatti dei quali si chiedeva l’unificazione fossero il portat disegno criminoso dell’istante, unitario e preesistente alla realizzazi entrambi i delitti, mentre il ricorso sollecita a questa Corte la disamina di fattuali già considerati e disattesi nell’ambito dei poteri discrezionali del di merito, il cui esercizio è stato puntualmente giustificato.
5.All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, i ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019