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Disegno criminoso: quando non basta la ripetizione

Un soggetto condannato per più reati di vendita di merce contraffatta ha richiesto l’applicazione del reato continuato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del tribunale. Secondo la Corte, un significativo lasso di tempo tra i reati e la diversità dei luoghi, pur in presenza di reati della stessa natura, non dimostrano un unico disegno criminoso, ma piuttosto una generica proclività a delinquere, escludendo così i benefici di un cumulo di pena più favorevole.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Quando la Ripetizione del Reato Non Basta

Nel diritto penale, il concetto di disegno criminoso è fondamentale per determinare la pena finale quando una persona è accusata di più reati. Se più azioni illegali derivano da un unico piano iniziale, possono essere considerate parte di un “reato continuato”, con notevoli vantaggi per l’imputato in termini di sanzione. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35472/2024, ha ribadito i confini rigidi di questo istituto, chiarendo che la semplice ripetizione di reati simili non è sufficiente a provarlo.

I Fatti del Caso: Una Serie di Reati Simili

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato con sentenze definitive per reati legati alla ricettazione e alla vendita di prodotti contraffatti, commessi in momenti diversi e in località vicine. L’imputato aveva chiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra questi reati e altri precedentemente unificati, sostenendo che facessero tutti parte di un medesimo disegno criminoso. A suo avviso, l’omogeneità dei reati (sempre legati alla vendita di merce falsa), il contesto territoriale simile e un precedente riconoscimento della continuazione erano prove sufficienti.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Disegno Criminoso

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di Macerata. I giudici hanno sottolineato che per configurare un unico disegno criminoso non basta una generica tendenza a delinquere, ma è necessaria la prova di un programma unitario e preordinato, deliberato prima di commettere il primo reato.

L’Importanza degli Indici Spazio-Temporali

Il Tribunale prima, e la Cassazione poi, hanno dato peso decisivo alla “significativa distanza temporale” che separava i vari illeciti (due anni tra due episodi principali) e alla diversità dei contesti territoriali in cui erano stati commessi. Questi elementi, secondo i giudici, inducono a ritenere che i reati non fossero tappe di un piano prestabilito, ma piuttosto manifestazioni di una “proclività a delinquere” del condannato. In altre parole, le azioni erano frutto di decisioni estemporanee e occasionali, non di una progettazione unitaria.

Disegno Criminoso vs. Abitualità nel Reato

La sentenza ribadisce un principio consolidato, anche dalle Sezioni Unite: l’unicità del disegno criminoso presuppone un’ideazione anticipata di tutte le violazioni, almeno nelle loro linee essenziali. La prova deve emergere da indici concreti come la contiguità spaziale e temporale, l’identica natura dei reati e lo stesso modus operandi. Se, nonostante la presenza di alcuni di questi elementi, emerge che i reati successivi sono frutto di una determinazione estemporanea, il vincolo della continuazione non può essere riconosciuto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato il rigetto del ricorso affermando che il giudice dell’esecuzione aveva correttamente valutato l’assenza di elementi concreti da cui desumere una preventiva programmazione unitaria. Le modalità di realizzazione dei reati, i diversi contesti territoriali e, soprattutto, la notevole distanza temporale tra gli episodi sono stati considerati indicatori sufficienti per escludere un piano originario. Questi fatti, nel loro complesso, sono stati interpretati come espressione della tendenza del soggetto a commettere reati di quel tipo, piuttosto che l’esecuzione di un progetto deliberato in anticipo. La Corte ha quindi concluso che non si trattava di reato continuato, ma di una serie di reati autonomi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza è un importante promemoria per la difesa: per ottenere il riconoscimento del reato continuato, non è sufficiente dimostrare che l’imputato ha commesso più volte lo stesso tipo di reato. È indispensabile fornire prove concrete che dimostrino l’esistenza di un piano specifico e unitario, concepito prima della commissione del primo reato. La distanza temporale e la varietà dei luoghi d’azione restano elementi cruciali che possono far pendere la bilancia verso la diagnosi di una semplice “proclività a delinquere”, con conseguenze ben più gravose per il condannato.

Quando si può parlare di medesimo disegno criminoso?
Si parla di medesimo disegno criminoso quando più reati sono stati programmati in modo unitario e specifico fin dal principio, prima della commissione del primo reato. Non è sufficiente una generica intenzione o programma di attività delinquenziale.

La somiglianza tra i reati commessi è sufficiente per ottenere il riconoscimento del reato continuato?
No. Secondo la sentenza, l’omogeneità delle violazioni è solo uno degli indicatori da valutare. Se altri elementi, come una significativa distanza temporale o la diversità dei contesti, suggeriscono che i reati sono frutto di decisioni estemporanee, il reato continuato viene escluso.

Qual è la differenza tra disegno criminoso e proclività a delinquere?
Il disegno criminoso implica una progettazione unitaria e preventiva di più illeciti specifici. La proclività a delinquere, invece, è una tendenza del soggetto a commettere reati, che si manifesta in episodi criminali ripetuti ma non legati da un unico piano iniziale, bensì da una scelta occasionale e non preordinata di delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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