Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8095 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8095 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CALTANISSETTA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/01/2023 del TRIBUNALE di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 30 gennaio 2023 il Tribunale di Caltanissetta, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta formulata da NOME COGNOME di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati di cui agli artt. 648 e 640 cod.pen., commessi il 15/03/2017, e quelli, costituiti dalla violazione dell’art. 648 cod.pen. ed altri, commessi in varie epoche, tra il 2002 e il 2006, e già ritenuti uniti tra loro in continuazione.
Secondo il Tribunale la mera omogeneità delle violazioni non è sufficiente per ritenere provata l’unicità di disegno criminoso, ed anche le modalità della condotta non presentano specificità e concretezza tali da costituire elementi sintomatici della sussistenza di tale unicità. Inoltre il notevole lasso temporale intercorso tra i reati in questione, pari ad oltre dieci anni, rende inverosimile che l’istante abbia, sin dalla commissione del primo fatto criminoso, ideato e programmato le violazioni successive, commesse nel 2017.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione e la falsa applicazione della normativa sull’istituto della continuazione.
Il Tribunale non ha correttamente valutato che i vari reati, costituenti violazione delle medesime disposizioni di legge, sono stati commessi in un arco temporale diverso, ma interrotto solo dalla detenzione sofferta dall’istante, ed erano in realtà sorretti dal medesimo disegno criminoso. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che tale disegno unitario può persistere anche dopo uno stato di detenzione, e che tale unitarietà può essere ritenuta dimostrata anche attraverso la constatazione della sussistenza di uno solo dei vari indici rivelatori, purché pregnante: nel caso di specie tali indici sono plurimi, tra quelli indicati dalle sentenze della Corte di cassazione, quali le modalità della condotta, le abitudini di vita, la tipologia dei reati, il bene protetto, la causale e le condizio di tempo e luogo.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH Il ricorso è manifestamente infondato, e deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. L’ordinanza impugnata ha ampiamente motivato le ragioni del diniego dell’applicazione dell’istituto della continuazione, affermando l’insufficienza del solo elemento unificante presente, quello della omogeneità delle violazioni, per dimostrare la sussistenza di un unico disegno criminoso, non essendo tale indice accompagnato da modalità operative di specificità tali da assurgere ad elemento sintomatico di detta unicità, né da elementi dimostrativi di una unicità di finalità. A questa assenza di elementi indicativi di una unicità di disegno criminoso si somma la notevole distanza temporale tra i reati già ritenuti in continuazione tra loro e quelli per i quali si chiede l’ulteriore applicazione dell’istituto, che è pari oltre dieci anni.
La motivazione è dunque logica e non contraddittoria, e conforme ai principi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, Rv. 270074). L’ordinanza ha infatti valutato l’insussistenza di elementi positivi, indicativi di una programmazione unitaria, e la sussistenza di un forte elemento che contrasta con l’ipotesi di tale unicità di disegno criminoso, essendo logica la valutazione della non plausibilità di una comune ideazione anche di reati da commettere oltre dieci anni più tardi. La ripresa, a tale distanza di tempo, di un’attività delinquenziale, è stata logicamente ritenuta indicativa dell’adozione di uno stile di vita genericamente delinquenziale, ma non di una unitaria programmazione di specifici reati. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Il ricorso non si confronta adeguatamente con questa motivazione, in quanto si limita a ripetere, in modo generico, che l’unicità del disegno criminoso sarebbe dimostrata dalla sussistenza di «più indici rivelatori e pregnanti», che non vengono, però, esplicitati né, soprattutto, concretizzati.
L’affermazione che i reati sarebbero stati interrotti solo da un sopravvenuto stato di detenzione non è dimostrata, e peraltro l’ordinanza impugnata non ha menzionato tale circostanza, che quindi non è stata valutata né come vicenda interruttiva di un disegno criminoso unitario, né come accidente inidoneo a creare tale interruzione. Pertanto la citazione, da parte del ricorrente, di pronunce di questa Corte che affermano la possibile persistenza di un unico
disegno criminoso anche dopo uno stato di detenzione, non colgono la ratio decidendi del provvedimento impugnato.
Deve peraltro ricordarsi che la giurisprudenza di legittimità ha, in realtà, sempre affermato che il sopravvenire di uno stato di detenzione non determina automaticamente l’interruzione di un disegno criminoso unitario, però può legittimamente essere valutato in tal senso. Si veda, sul punto, la sentenza Sez. 1, n. 44988 del 17/09/2018, Rv. 273984, secondo cui «In tema di applicazione della continuazione in sede esecutiva, è legittima l’ordinanza che esclude la sussistenza del vincolo della continuazione in considerazione sia del notevole lasso di tempo intercorrente fra i vari fatti criminosi (se tale elemento non sia contrastato da positive e contrarie risultanze probatorie), sia dei frequenti periodi di detenzione subiti dal richiedente, verosimilmente interruttivi di qualunque progetto, non potendo concepirsi che un disegno delittuoso includa anche gli arresti, l’espiazione delle pene e le riprese del fantomatico progetto esecutivo». L’ordinanza impugnata risulta, quindi, corretta anche alla luce di questo principio.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, per la sua manifesta infondatezza.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente