Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3828 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3828 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/09/2023
ORNOMENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME natm MATERA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/05/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale la Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza, intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo, deduce che il giudice a quo con una motivazione apparente avrebbe disatteso l’uniforme giurisprudenza di legittimità, ampiamente richiamata nel ricorso, in materia di criteri identificativi dell’unicità di dis criminoso, invece sicuramente ravvisabile, poste l’omogeneità delle condotte la sostanziale contiguità temporale tra i fatti, commessi in un arco temporale inferiore all’anno;
letta la memoria difensiva;
ribadito il principio secondo cui, il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni vol risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01);
ricordato ancora che il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine d stabilire l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni in rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unici pluralità delle originarie determinazioni – è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, Livieri, Rv. 187740 -01);
ritenuto che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli anzidetti principi e ha dato articolato conto della loro applicazione e, pur rilevando che si tratta di più ipotesi di spendita di monete false, ha evidenziato in maniera esente da illogicità e incongruenze, quale elemento decisivo per escludere l’unicità di disegno criminoso la distanza temporale (di
undici mesi), a dimostrazione dell’esistenza di un programma delinquenziale a carattere indeterminato, nonché temporalmente indefinito, ritenuto incompatibile con un’unica, antecedente, risoluzione criminosa;
ritenuto che tale motivazione si appalesa perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte secondo cui «caso dì reati commessi a distanza temporale l’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen juris, non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza della continuazione» (Cass. Sez. 4, n. 34756 del 17/052012, Madonia, Rv. 253664; Sez. 1, 3747 del 16/01/2009, Gargiulo Rv. 242537);
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazio (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 settembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Pr sidente