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Disegno criminoso: quando il tempo lo esclude

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46316/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento del medesimo disegno criminoso tra reati di spaccio separati da un divario temporale di tre anni. La Corte ha stabilito che un intervallo così lungo crea una presunzione contro l’esistenza di un’unica programmazione iniziale, non superabile dalla semplice omogeneità dei reati o da un generico accordo pregresso.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Continuazione: La Prova del Tempo secondo la Cassazione

L’istituto del disegno criminoso, previsto dall’articolo 81 del codice penale, è fondamentale per determinare il trattamento sanzionatorio di chi commette più reati. Quando più azioni illegali sono legate da un’unica programmazione iniziale, vengono considerate come un unico reato continuato, con benefici sulla pena finale. Tuttavia, cosa succede quando tra i reati intercorre un lungo periodo? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 46316 del 2024, offre un’analisi cruciale sul peso del fattore tempo nel provare l’esistenza di un disegno criminoso.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato per diversi reati legati alla detenzione di sostanze stupefacenti, giudicati in procedimenti separati. In sede di esecuzione, l’interessato ha richiesto il riconoscimento della continuazione per unificare tutte le condotte. La Corte d’Appello aveva parzialmente accolto la richiesta, unificando i reati commessi tra il 2018 e il 2020, ma aveva escluso un episodio precedente risalente al 2015.

La ragione dell’esclusione era il considerevole lasso temporale, ben tre anni, tra il primo fatto e la serie successiva. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che un unico disegno criminoso esisteva fin dal 2015, come dimostrato dalle dichiarazioni di un coimputato secondo cui i due avevano pianificato di avviare un’attività di spaccio mentre erano detenuti insieme proprio in quell’anno.

Il criterio del tempo nel riconoscimento del disegno criminoso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. La sentenza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: un notevole divario temporale tra la commissione di più reati è un elemento che gioca a sfavore del riconoscimento della continuazione. Questo perché un lungo intervallo fa presumere che i reati successivi non siano l’attuazione di un piano originario, ma il frutto di nuove e autonome decisioni criminali.

Secondo gli Ermellini, fattori come l’omogeneità dei reati (in questo caso, sempre detenzione di stupefacenti) e la somiglianza delle modalità di esecuzione sono soltanto indizi. Essi, da soli, non sono sufficienti a dimostrare un’unica programmazione iniziale se contraddetti da una significativa distanza temporale.

Le Motivazioni della Sentenza

Nelle sue motivazioni, la Corte Suprema ha spiegato che la nozione di disegno criminoso richiede una programmazione iniziale, anche se solo a grandi linee, di una pluralità di condotte illecite in vista di un unico fine. L’accordo menzionato dal ricorrente, risalente al 2015, è stato qualificato dai giudici come un semplice “concerto criminoso in divenire ed estemporaneo”. In altre parole, si trattava di un’intenzione generica di delinquere, che si è concretizzata solo nel 2018.

Questo proposito iniziale, rimasto inattuato per tre anni, non può essere retroattivamente considerato come l’elemento unificatore di una condotta commessa nel 2015. La Corte ha sottolineato che, in presenza di reati commessi a grande distanza temporale, si presume, salvo prova contraria, che la commissione dei fatti successivi non fosse stata specificamente progettata al momento del primo reato. L’onere di fornire tale prova contraria, rigorosa e approfondita, ricade su chi chiede il beneficio della continuazione.

Conclusioni

La sentenza n. 46316/2024 rafforza un importante principio di diritto: il fattore tempo è un indicatore critico nella valutazione del medesimo disegno criminoso. Un lungo e ingiustificato intervallo tra i reati può interrompere il nesso ideologico necessario per la continuazione. Questa decisione serve da monito: per ottenere l’applicazione dell’art. 81 c.p. in sede esecutiva, non basta invocare la somiglianza dei crimini, ma è necessario fornire elementi concreti che dimostrino come, nonostante il tempo trascorso, le azioni successive fossero parte integrante di un unico piano deliberato fin dall’inizio.

Un lungo intervallo di tempo tra due reati esclude automaticamente il disegno criminoso?
No, non lo esclude automaticamente, ma crea una forte presunzione che non vi sia continuazione. La sentenza chiarisce che spetta a chi invoca il beneficio fornire la prova rigorosa che, nonostante il tempo, i reati successivi erano parte del piano originario.

La somiglianza tra i reati (stesso tipo e modalità) è sufficiente per dimostrare la continuazione?
No. Secondo la Corte, l’omogeneità delle violazioni e delle modalità di realizzazione sono solo indizi. Da soli non bastano a superare la presunzione contraria derivante da un notevole divario temporale tra le condotte.

Un accordo generico per commettere reati in futuro costituisce un disegno criminoso?
No. La sentenza specifica che un ‘concerto criminoso in divenire’, cioè un accordo di massima per delinquere che si concretizza solo anni dopo, non può essere usato per unificare retroattivamente le condotte. È necessaria una programmazione iniziale, almeno nelle sue linee essenziali, di tutti i reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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