Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8466 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8466 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN LORENZO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/10/2023 della CORTE APPELLO di REGG:f0 CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che con il provvedimento impugnato la Corte di Appello di Reggio, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di COGNOME NOME di ritenere ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. la continuazione tra i reati di cui alle sentenze:
-Corte di Appello di Milano del 18/12/2000, irrevocabile il 28/1/2002 per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990 commesso in Lombardia dal 1998 al 2000;
-Corte di Appello di Reggio Calabria del 22/9/2004, irrevocabile il 12/11/2004, per il reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309/1990, commesso in Calabria dal 1999 alla data della sentenza di primo grado, anno 2003;
-Corte di Appello di Reggio Calabria del 22/11/2019, irrevocabile il 9/9/2021, per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., commesso in Calabria dall’anno 2005 all’anno 2016;
-Corte di Appello di Reggio Calabria del 24/7/2019, irrevocabile il 14/10/2021 per diverse ipotesi di cui algi artt. 629 e 56 e 629 e 416 bis.1 cod. pen., commesse in Calabria negli anni 205 e 2016;
Rilevato che con il ricorso, in un articolato e unico motivo e con le considerazioni contenute nella memoria pervenuta il 19/1/2024, si denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 81 cod. pen. evidenziando che la conclusione del giudice sarebbe errata in quanto non avrebbe adeguatamente valutato quanto emerge dalle sentenze e considerato che benché l’arco temporale sia apparentemente ampio le associazioni sono sostanzialmente contigue e a tratti sovrapponibili ovvero coincidenti (quelle di cui all’art. 74 D.P.R. 309/1990 si intersecano e si riferiscono comunque a fatti avvenuti sempre tra la Calabria e la Lombardia) e che tutto si inserisce nel contesto della cosca di cui all’art. 416 bis cod. pen., tanto che tutti i reati sono oggetto dell’unico e originario medesimo disegno criminoso;
Rilevato che il provvedimento impugnato ha adeguatamente motivato quanto alla necessità che l’identità del disegno criminoso debba essere rintracciabile sin dalla commissione del primo reato e come questo non sia desumibile dagli atti dai quali, benché vi sia un’apparente sovrapponibilità tra le due associazioni in materia di stupefacenti, risulta che le due associazioni operavano in ambiti territoriali diversi, che la partecipazione al clan è comunque di alcuni anni successiva, almeno due, che i reati fine dell’associazione, le estorsioni, sono stati commessi ben dieci anni dopo;
Rilevato pertanto che non emerge alcuno specifico indicatore che consenta di ritenere che dalla data di ideazione, commissione del primo reato, nel 1998, il ricorrente avesse già in qualche modo pianificato e ideato la commissione degli ulteriori e successivi reati che, quindi, come ragionevolmente indicato nel provvedimento impugnato, appaiono essere il frutto di determinazioni successive e inserite nell’operatività generale dell’organizzazione criminale (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 5, n. 20900 del 26/04/2021, COGNOME, Rv. 281375 01; Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271569 – 01; Sez. 1, n. 13609 del 22/03/2011, COGNOME, Rv. 249930 – 01); ciò anche considerato che dal 1996 al 2010 il ricorrente è stato ristretto in carcere, altro elemento significativo di una discontinuità quanto alla possibilità di ritenere che tutti i reati siano il frutto di una unica e originaria pianificazione;
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto le doglianze sono manifestamente infondate e in parte tese a sollecitare una diversa e alternativa lettura che non è consentita in questa sede (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 1’8/2/2024