Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8433 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8433 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 14/05/1990
avverso l’ordinanza del 17/04/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, ha evidenziato che l’istanza difettava della prova circa la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso, che ricorre quando i singoli reati costituiscono parte integrante di un unico programma deliberato fin dall’origine nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine, al quale deve aggiungersi, volta per volta, l’elemento volitivo necessario per l’attuazione del programma delinquenziale.
Secondo il giudice dell’esecuzione, dalla lettura delle sentenze di merito, si evinceva che i reati, seppur omogenei, erano stati commessi in un ampio arco temporale (tra il 2013 e il 2021), in differenti località geografiche (Acquaviva Platani, Centuripe, Caltagirone, Lentini e Ragusa) e con modalità esecutive diverse, considerando che differenti erano stati i correi e diversi gli oggetti materiali dei furti.
Non vi era, pertanto, la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, che la giurisprudenza di legittimità ha individuato nella vicinanza cronologica tra i fatti, nella causale, nelle condizioni di tempo e di luogo, nelle modalità delle condotte, nella tipologia dei reati, nel bene tutelato e nella omogeneità delle violazioni (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
Deve, infatti, escludersi che un generico programma di attività delinquenziale, o un mero sistema di vita improntato alla delinquenza, possano essere considerati elementi sintomatici della sussistenza del vincolo della continuazione tra diversi reati, perpetrati a distanza di tempo, qualora non venga a risultare, in qualche modo, che essi, tutti o in parte, siano ricompresi, effettivamente, in un piano criminoso già deciso, almeno a grandi linee, sin dall’inizio della condotta (Sez. 1, n. 35639 del 02/07/2013, COGNOME, Rv. 256307).
La generica deliberazione di reiterare comportamenti penalmente illeciti, invece, rileva solo in quanto espressiva di un’attitudine soggettiva a violare la legge, a fini del tutto diversi – e negativi per il reo – come la recidiv l’abitualità criminosa (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950).
Il giudice dell’esecuzione, quindi, fornendo una decisione logica e coerente, ha evidenziato in modo ineccepibile che i reati, commessi in tempi e luoghi diversi e con modalità differenti, non potevano essere avvinti dal vincolo della continuazione. La Corte, pertanto, ritiene che il giudice dell’esecuzione abbia correttamente interpretato il parametro normativo di cui all’art. 81, secondo comma, cod. pen. e, con motivazione né apodittica né manifestamente igigica, abbia fatto esatta applicazione dei suddetti condivisi principi.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024