Disegno Criminoso: La Differenza tra Piano Unitario e Semplice Propensione al Reato
L’ordinanza n. 20652/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante chiarificazione sulla nozione di disegno criminoso, un concetto fondamentale nel diritto penale per determinare il trattamento sanzionatorio di chi commette più reati. La Suprema Corte ha stabilito che la semplice ripetizione di condotte illecite non basta a integrare un piano unitario, se alla base vi è solo una generica tendenza a delinquere.
Il Caso: Un Ricorso contro la Decisione della Corte d’Appello
La vicenda nasce dal ricorso presentato da un individuo contro un’ordinanza della Corte d’Appello di Roma. L’imputato, attraverso il suo difensore, contestava la decisione dei giudici di merito, i quali avevano negato l’applicazione della disciplina del reato continuato (art. 81 c.p.). In sostanza, la difesa sosteneva che i vari reati commessi dall’imputato fossero parte di un’unica strategia pianificata fin dall’inizio.
I Motivi del Ricorso e il Concetto di Disegno Criminoso
Il ricorrente lamentava la violazione degli articoli 81 del codice penale e 671 del codice di procedura penale, oltre a un vizio di motivazione. Secondo la tesi difensiva, la Corte d’Appello avrebbe omesso di valutare alcuni elementi cruciali che avrebbero dimostrato l’esistenza di un unico disegno criminoso. Tra questi, l’omogeneità della condotta, le modalità esecutive e il luogo di commissione dei reati. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento del reato continuato, che comporta un trattamento sanzionatorio più favorevole rispetto al cumulo materiale delle pene per ogni singolo reato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa. La decisione si fonda su due pilastri principali.
Le Motivazioni
In primo luogo, la Suprema Corte ha qualificato le censure del ricorrente come “mere doglianze in punto di fatto”. Questo significa che la difesa non contestava un errore nell’applicazione della legge, ma tentava di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa al giudice di legittimità. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta interpretazione e applicazione delle norme giuridiche.
In secondo luogo, i giudici hanno evidenziato che le argomentazioni erano una semplice riproduzione di quelle già presentate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva già motivato in modo adeguato, spiegando perché i reati non potessero essere considerati frutto di un’ideazione unitaria. Al contrario, emergevano come espressione di una “generica propensione alla specifica tipologia delittuosa”. In altre parole, l’imputato non aveva agito secondo un piano predeterminato, ma aveva semplicemente una tendenza a commettere quel tipo di reato ogni volta che se ne presentava l’occasione. Neppure la memoria difensiva successiva è riuscita a introdurre elementi nuovi, limitandosi a ribadire concetti già ritenuti infondati.
Le Conclusioni
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per il riconoscimento del disegno criminoso è necessaria la prova di un programma deliberato in anticipo, che abbracci tutti i reati commessi. Una semplice inclinazione a delinquere, anche se manifestata con condotte omogenee, non è sufficiente a integrare questa fattispecie.
Quando più reati possono essere considerati parte di un unico disegno criminoso?
Non è sufficiente che i reati siano della stessa tipologia. Secondo la Corte, è necessario dimostrare che essi siano frutto di un’ideazione unitaria e di un piano preordinato, e non di una generica propensione a commettere una specifica categoria di delitti.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni: le critiche sollevate erano ‘mere doglianze in punto di fatto’, cioè contestazioni sulla valutazione dei fatti non ammissibili in Cassazione, e le argomentazioni erano una semplice ripetizione di quelle già correttamente respinte dalla Corte d’Appello.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20652 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20652 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso presentato da NOME COGNOME, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO (ricorso nel quale il difensore si duole della violazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., nonché del vizio di motivazione, lamentando l’omessa valutazione di specifiche doglianze difensive e, consequenzialmente, deducendo che l’ordinanza avversata abbia trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso, a fondamento delle condotte delittuose poste in essere) sono inammissibili, perché costituite da mere doglianze in punto di fatto;
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi – secondo un corretto argomentare giuridico – dalla Corte di appello di Roma nel provvedimento impugNOME. In esso, invero, si evidenzia come i reati in esame non possano essere considerati frutto di ideazione unitaria, bensì di una generica propensione alla specifica tipologia delittuosa;
Rilevato che la difesa ha presentato memoria, a mezzo della quale ha ribadito le ragioni poste a fondamento del ricorso, sottolineando ancora l’omogeneità della condotta, le modalità esecutive e il luogo di commissione dei reati e ritenuto che tali argomentazioni, di carattere solo reiterativo, non siano atte a condurre a difformi lumi;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.