Disegno Criminoso: Quando Atti Impulsivi Non Costituiscono un Piano Unitario
L’applicazione del concetto di disegno criminoso è fondamentale nel diritto penale per determinare la pena in caso di reati multipli. Tuttavia, non sempre una serie di illeciti, anche se commessi in un breve lasso di tempo, può essere ricondotta a un piano unitario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce la distinzione tra un programma premeditato e condotte dettate da impulsività estemporanea, negando i benefici della continuazione.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo condannato con due sentenze definitive per una serie di reati. In particolare, le condotte contestate includevano:
* Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni a un agente, commesse per impedire una perquisizione domiciliare.
* Evasione dagli arresti domiciliari per recarsi presso l’abitazione dell’ex suocera.
* Una seconda evasione dagli arresti domiciliari, questa volta per stazionare davanti a un bar.
La difesa dell’imputato ha presentato ricorso sostenendo l’esistenza di un unico disegno criminoso che legava tutte le condotte, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge da parte del Tribunale, che aveva negato la continuazione tra i reati.
La Decisione del Tribunale e il Ricorso in Cassazione
Il Tribunale di Nocera Inferiore aveva già respinto la richiesta, argomentando che i reati non derivavano da un programma unitario. Secondo il giudice di merito, le azioni erano piuttosto il frutto di una “volizione estemporanea”, dettata dalle circostanze contingenti e da una personale propensione a delinquere e a una mancanza di controllo degli impulsi.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, ribadendo la tesi del disegno criminoso unico e accusando l’ordinanza impugnata di aver trascurato gli indici che avrebbero dovuto provarlo. Il ricorso, tuttavia, è stato giudicato inammissibile dalla Suprema Corte.
Le motivazioni: perché non c’è un unico disegno criminoso?
La Corte di Cassazione ha confermato in toto la valutazione del Tribunale, ritenendo le censure del ricorrente come mere doglianze in punto di fatto, non ammissibili in sede di legittimità. Le motivazioni della Corte si basano su una distinzione netta tra programmazione e impulsività.
Secondo gli Ermellini, le condotte in esame, sebbene avvenute in un arco temporale ristretto, non possono essere considerate reati programmati. Al contrario, esse rivelano una reazione estemporanea e impulsiva alle situazioni che l’imputato si trovava ad affrontare. La resistenza agli agenti per evitare una perquisizione e le due evasioni non sono state viste come tappe di un piano preordinato, ma come manifestazioni di una generale propensione a delinquere e di un’incapacità di controllare i propri impulsi. Manca, quindi, l’elemento psicologico fondamentale del disegno criminoso: l’ideazione e la pianificazione unitaria di più violazioni della legge penale.
In sostanza, la Corte ha stabilito che la vicinanza temporale tra i reati non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza di un piano unitario. È necessario provare che l’agente abbia deliberato fin dall’inizio di commettere una serie di reati per un fine comune. In questo caso, le azioni sono state giudicate come risposte disordinate e immediate, incompatibili con una logica di programmazione.
Le conclusioni: le implicazioni della sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di continuazione tra reati. Per riconoscere un unico disegno criminoso, non basta che i reati siano commessi dalla stessa persona in un breve periodo, ma è indispensabile dimostrare l’esistenza di un’unica risoluzione criminosa iniziale. Quando le condotte appaiono come il risultato di decisioni impulsive e contingenti, dettate da una generica propensione a violare la legge piuttosto che da un piano specifico, il beneficio della continuazione deve essere negato.
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, confermando la solidità delle argomentazioni del giudice di merito.
Perché è stato negato il riconoscimento di un unico disegno criminoso?
La Corte ha stabilito che le condotte delittuose non erano frutto di un piano programmato, ma di una volizione estemporanea e impulsiva, dettata dalla situazione contingente e da una propensione personale del soggetto a delinquere.
Quali reati erano stati commessi?
L’imputato era stato condannato per resistenza a pubblico ufficiale al fine di impedire una perquisizione, lesioni a un agente, e due distinti episodi di evasione dagli arresti domiciliari.
Qual è stata la conseguenza finale per il ricorrente?
Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2512 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2512 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SARNO il 18/09/1984
avverso l’ordinanza del 12/07/2024 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Osservato che sono inammissibili le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione e della violazione di legge, lamentando che l’ordinanza emessa nei confronti del suddetto ha trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso a fondamento delle condotte delittuose poste in essere – perché oltre ad essere manifestamente infondate, sono costituite da mere doglianze in punto di fatto.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Tribunale di Nocera Inferiore in composizione monocratica nel provvedimento impugnato.
In esso, invero, si evidenzia, con riguardo alla richiesta continuazione tra i fatt di cui a due sentenze esecutive, che: – le condotte poste in essere, benché attuate in un breve arco temporale, non possono considerarsi reati programmati, ma frutto di volizione estemporanea dettata dalla situazione contingente di Cerenzia; – invero, la resistenza a pubblico ufficiale al fine di impedire la perquisizione dell’abitazion provocando lesioni ad un agente e l’evasione dagli arresti domiciliari per recarsi a casa dell’ex suocera (sentenza di cui al punto 1), nonché l’evasione dagli arresti domiciliari per stazionare dinanzi ad un bar (sentenza di cui al punto 2) denotano, più che una programmazione unitaria, una propensione personale del suddetto a delinquere e una mancanza di controllo da parte del medesimo dei propri impulsi.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.