Disegno Criminoso: Limiti e Condizioni secondo la Cassazione
L’istituto del disegno criminoso rappresenta un concetto fondamentale nel diritto penale, consentendo di unificare sotto un’unica pena più reati commessi in esecuzione di un medesimo progetto. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione dei fatti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7, Num. 31731/2024) chiarisce i confini di questo istituto, negandone l’esistenza in un caso caratterizzato da reati eterogenei e distanti nel tempo.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto contro un’ordinanza del Tribunale di Palermo. Quest’ultimo, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta di applicare la disciplina della continuazione tra diversi reati per i quali il ricorrente era stato condannato. La difesa sosteneva che il giudice avesse trascurato gli indici che provavano l’esistenza di un unico disegno criminoso alla base di tutte le condotte illecite.
Il ricorso in Cassazione si basava sulla presunta violazione di legge e sul vizio di motivazione, chiedendo di fatto una nuova valutazione degli elementi a sostegno della tesi difensiva. I reati in questione, tuttavia, presentavano nature molto diverse: spaccio di stupefacenti, delitti contro la Pubblica Amministrazione e reati associativi finalizzati al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
La Decisione della Corte sul Disegno Criminoso
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le censure sollevate non fossero altro che “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero tentativi di ottenere una rilettura delle prove, operazione non consentita in sede di Cassazione. Il ruolo della Corte, infatti, non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della decisione impugnata.
La Corte ha inoltre sottolineato che le argomentazioni della difesa erano riproduttive di critiche già adeguatamente esaminate e respinte dal Giudice dell’esecuzione, la cui decisione era stata fondata su un corretto percorso argomentativo.
Le Motivazioni della Sentenza
La parte centrale della motivazione risiede nella distinzione tra un disegno criminoso unitario e una generica propensione a delinquere. Secondo la Cassazione, i reati contestati non potevano essere considerati il frutto di una “preventiva ideazione unitaria”.
I fattori decisivi che hanno portato a questa conclusione sono stati due:
1. Il considerevole lasso di tempo: Un lungo intervallo temporale tra la commissione dei diversi reati rende meno probabile che essi siano riconducibili a un unico e preordinato progetto criminale. L’ideazione originaria tende a svanire con il passare del tempo, lasciando spazio a nuove e autonome decisioni delinquenziali.
2. La natura eterogenea dei reati: I delitti erano di tipologie completamente diverse (droga, reati contro la P.A., immigrazione clandestina). Questa eterogeneità, secondo la Corte, è un forte indicatore dell’assenza di un progetto unitario. È difficile sostenere che reati così differenti possano derivare da un unico programma criminoso, essendo più probabile che siano espressione di una generica tendenza a infrangere la legge in vari settori.
In sostanza, la Corte ha stabilito che la commissione di più reati, anche da parte della stessa persona, non implica automaticamente l’esistenza di un disegno criminoso. È necessario dimostrare un legame finalistico e psicologico che unisca le varie condotte in un unico piano, cosa che in questo caso mancava del tutto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non basta affermare l’esistenza di un disegno criminoso, ma occorre provarla attraverso elementi concreti. Il notevole distacco temporale tra i fatti e la diversità della loro natura sono indici forti che giocano a sfavore di tale riconoscimento. Questa pronuncia serve da monito: la richiesta di applicazione dell’art. 671 c.p.p. deve essere supportata da argomentazioni solide che vadano oltre la semplice successione di condotte illecite, dimostrando in modo inequivocabile l’esistenza di un’unica matrice ideativa.
Cosa si intende per ‘disegno criminoso’ ai fini della continuazione del reato?
Per disegno criminoso si intende un’unica ideazione preventiva che abbraccia la commissione di più reati. Non è sufficiente una generica propensione a delinquere, ma è necessario un piano unitario che leghi le diverse condotte illecite.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le lamentele sollevate erano considerate “mere doglianze in punto di fatto”, finalizzate a una nuova valutazione delle prove, operazione non consentita alla Corte di Cassazione. Inoltre, le argomentazioni erano ripetitive di quelle già correttamente respinte dal giudice precedente.
È possibile che reati di natura molto diversa rientrino in un unico disegno criminoso?
Sebbene non sia impossibile in astratto, l’ordinanza evidenzia che la natura eterogenea dei reati (nel caso specifico: stupefacenti, delitti contro la P.A. e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina), unita a un considerevole lasso di tempo tra le condotte, è un forte indicatore contrario all’esistenza di un unico disegno criminoso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31731 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31731 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/03/2024 del GIP TRIBUNALE di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso presentato da NOME COGNOME, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO – impugnazione nella quale il difensore si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., con riferimento all’art. 671 cod. proc. peri., lamentando che l’ordinanza avversata abbia trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso, a fondamento delle condotte delittuose poste in essere – sono inammissibili, in quanto costituite da mere doglianze in punto di fatto e finalizzate ad ottenere una rilettura degli atti, ossia al compimento di una operazione non consentita, in sede di legittimità;
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili critici già adeguatamente vagliati e disattesi – secondo un corretto argomentare giuridico dal Tribunale di Palermo, in funzione di Giudice dell’esecuzione, nel provvedimento impugnato. In esso, invero, si evidenzia come i reati in esame non possano essere considerati frutto di preventiva ideazione unitaria, bensì di una generica propensione alla specifica tipologia delittuosa; ciò soprattutto a causa del considerevole lasso di tempo, che separa tra loro il momento commissivo dei fatti, peraltro tra loro anche di eterogenea natura (si tratta, infatti, di reati inerenti a stupefacenti, di delitti contro la P.A. e di delitti associativi finalizza favoreggiamento dell’immigrazione clandestina);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso vada dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2024.