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Disegno criminoso: quando i reati non sono collegati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso che chiedeva il riconoscimento del disegno criminoso tra reati di diversa natura (stupefacenti, contro la P.A. e favoreggiamento dell’immigrazione) commessi a notevole distanza di tempo. Secondo la Corte, una generica propensione a delinquere non basta a configurare l’unicità del disegno criminoso, confermando la decisione del Giudice dell’esecuzione.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Limiti e Condizioni secondo la Cassazione

L’istituto del disegno criminoso rappresenta un concetto fondamentale nel diritto penale, consentendo di unificare sotto un’unica pena più reati commessi in esecuzione di un medesimo progetto. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione dei fatti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7, Num. 31731/2024) chiarisce i confini di questo istituto, negandone l’esistenza in un caso caratterizzato da reati eterogenei e distanti nel tempo.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto contro un’ordinanza del Tribunale di Palermo. Quest’ultimo, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta di applicare la disciplina della continuazione tra diversi reati per i quali il ricorrente era stato condannato. La difesa sosteneva che il giudice avesse trascurato gli indici che provavano l’esistenza di un unico disegno criminoso alla base di tutte le condotte illecite.

Il ricorso in Cassazione si basava sulla presunta violazione di legge e sul vizio di motivazione, chiedendo di fatto una nuova valutazione degli elementi a sostegno della tesi difensiva. I reati in questione, tuttavia, presentavano nature molto diverse: spaccio di stupefacenti, delitti contro la Pubblica Amministrazione e reati associativi finalizzati al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La Decisione della Corte sul Disegno Criminoso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le censure sollevate non fossero altro che “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero tentativi di ottenere una rilettura delle prove, operazione non consentita in sede di Cassazione. Il ruolo della Corte, infatti, non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della decisione impugnata.

La Corte ha inoltre sottolineato che le argomentazioni della difesa erano riproduttive di critiche già adeguatamente esaminate e respinte dal Giudice dell’esecuzione, la cui decisione era stata fondata su un corretto percorso argomentativo.

Le Motivazioni della Sentenza

La parte centrale della motivazione risiede nella distinzione tra un disegno criminoso unitario e una generica propensione a delinquere. Secondo la Cassazione, i reati contestati non potevano essere considerati il frutto di una “preventiva ideazione unitaria”.

I fattori decisivi che hanno portato a questa conclusione sono stati due:

1. Il considerevole lasso di tempo: Un lungo intervallo temporale tra la commissione dei diversi reati rende meno probabile che essi siano riconducibili a un unico e preordinato progetto criminale. L’ideazione originaria tende a svanire con il passare del tempo, lasciando spazio a nuove e autonome decisioni delinquenziali.
2. La natura eterogenea dei reati: I delitti erano di tipologie completamente diverse (droga, reati contro la P.A., immigrazione clandestina). Questa eterogeneità, secondo la Corte, è un forte indicatore dell’assenza di un progetto unitario. È difficile sostenere che reati così differenti possano derivare da un unico programma criminoso, essendo più probabile che siano espressione di una generica tendenza a infrangere la legge in vari settori.

In sostanza, la Corte ha stabilito che la commissione di più reati, anche da parte della stessa persona, non implica automaticamente l’esistenza di un disegno criminoso. È necessario dimostrare un legame finalistico e psicologico che unisca le varie condotte in un unico piano, cosa che in questo caso mancava del tutto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non basta affermare l’esistenza di un disegno criminoso, ma occorre provarla attraverso elementi concreti. Il notevole distacco temporale tra i fatti e la diversità della loro natura sono indici forti che giocano a sfavore di tale riconoscimento. Questa pronuncia serve da monito: la richiesta di applicazione dell’art. 671 c.p.p. deve essere supportata da argomentazioni solide che vadano oltre la semplice successione di condotte illecite, dimostrando in modo inequivocabile l’esistenza di un’unica matrice ideativa.

Cosa si intende per ‘disegno criminoso’ ai fini della continuazione del reato?
Per disegno criminoso si intende un’unica ideazione preventiva che abbraccia la commissione di più reati. Non è sufficiente una generica propensione a delinquere, ma è necessario un piano unitario che leghi le diverse condotte illecite.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le lamentele sollevate erano considerate “mere doglianze in punto di fatto”, finalizzate a una nuova valutazione delle prove, operazione non consentita alla Corte di Cassazione. Inoltre, le argomentazioni erano ripetitive di quelle già correttamente respinte dal giudice precedente.

È possibile che reati di natura molto diversa rientrino in un unico disegno criminoso?
Sebbene non sia impossibile in astratto, l’ordinanza evidenzia che la natura eterogenea dei reati (nel caso specifico: stupefacenti, delitti contro la P.A. e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina), unita a un considerevole lasso di tempo tra le condotte, è un forte indicatore contrario all’esistenza di un unico disegno criminoso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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