Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25392 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25392 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME CASA
NOME COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 17/01/2025 del TRIBUNALE di MILANO
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
Con ordinanza in data 17/01/2025, il Tribunale di Milano ha riconosciuto in favore di COGNOME il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con la sentenza n. 461/2021, emessa il 18/02/2021 dal Tribunale di Monza, irrevocabile il 16/10/2022 (per l’illecito di cui all’art. 4 d.lgs.n. 74/2000, commesso in Monza il 21/07/2015) e la sentenza n. 5529/2022, emessa il 09/05/2022 dal Tribunale di Milano, irrevocabile il 30/11/2023 (per l’illecito di cui all’art. 4 d.lgs.n. 74/2000, commesso in Milano il 30/09/2015), ritenuto quest’ultimo il reato piø grave e rideterminata la pena complessiva in anni quattro di reclusione.
Ha riconosciuto il vincolo di continuazione tra la sentenza n. 5154/2017, emessa il 15/12/2017 dal Tribunale di Genova, irrevocabile il 30/01/2018 (per gli illeciti di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen., commessi in Genova il 03/04/2014), la sentenza n. 3896/2016, emessa il 16/06/2016 dal Tribunale di Genova, irrevocabile dall’01/03/2019 (per l’illecito di cui all’art. 474 cod. pen., commesso in Genova il 15/09/2014) e la sentenza n. 1337/2021, emessa il 10/09/2021 dal Tribunale di Alessandria, irrevocabile il 27/11/2021 (per gli illeciti di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen., commessi in Tortona il 31/12/2014); ha ritenuto piø grave il reato di cui all’art. 648 cod. pen. di cui alla sentenza n. 5154/2017, emessa il 15/12/2017 dal Tribunale di Genova, irrevocabile il 30/01/2018 e ha rideterminato la pena complessiva in anni tre, mesi due e giorni quindici di reclusione ed euro 1.950,00 di multa.
Ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena e quello della non menzione concessi a COGNOME con la sentenza n. 3896/2016, emessa il 16/06/2016 dal Tribunale di Genova, irrevocabile dall’01/03/2019.
Il giudice dell’esecuzione ha ravvisato un unico disegno criminoso tra le prime due sentenze relative ad omogenee condotte di violazione degli obblighi di natura fiscale e tributaria, mentre i reati oggetto delle altre sentenze, relativi a condotte di introduzione di prodotti contraffatti e ricettazione temporalmente ravvicinate fra loro, venivano considerati concepiti in altro disegno, perchØ commessi nell’ambito dell’attività aziendale della RAGIONE_SOCIALE
– Relatore –
Sent. n. sez. 1187/2025
di cui la condannata era legale rappresentante legale.
PoichØ le pene complessivamente rideterminate superavano i limiti previsti dalla legge per la concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione, il Tribunale ha revocato quelli concessi in relazione alla pena inflitta con la sentenza n. 3896/2016, emessa il 16/06/2016 dal Tribunale di Genova, irrevocabile dall’01/03/2019.
Il difensore della condannata ha proposto ricorso avverso tale ordinanza, articolando due motivi.
2.1 Con il primo lamenta la violazione di legge, in relazione agli artt. 671 cod. proc. pen. e 81 cod. pen., e la mancata estensione del vincolo della continuazione.
Rappresenta che sia i reati relativi al primo blocco (violazioni tributarie) sia quelli relativi al secondo blocco (introduzione e ricettazione di prodotti contraffatti) erano sorretti dall’unitaria finalità di garantire benefici economici in termini di maggiori profitti e risparmi di spesa alla società di cui la condannata era legale rappresentante.
2.2 Con il secondo motivo lamenta che il giudice dell’esecuzione non aveva adeguatamente motivato gli aumenti di pena, tenendo conto del fatto che, in relazione alle rilevanti dimensioni della società di cui era legale rappresentante e all’impossibilità da parte sua di controllare ogni singola operazione commerciale, la Luo era incorsa in una sorta di responsabilità oggettiva.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso depositando memoria scritta e chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
L’ipotesi di cui all’art. 81, comma 2, cod. pen. ricorre quando i fatti sono riferibili ad un medesimo, originario, disegno criminoso. L’unicità di disegno, egualmente necessario per il riconoscimento della continuazione in fase di cognizione e in fase esecutiva, non si identifica «con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615).
Occorre invece per il riconoscimento della continuazione «una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, í successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea » (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Deve evincersi dagli elementi in atti una iniziale programmazione e deliberazione avente ad oggetto una pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine progettati e organizzati, purchØ risultino almeno in linea generale previsti, in funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico fine, parimenti prefissato e sufficientemente specifico. Deve, invece, escludersi che una tale programmazione possa essere desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui sono maturati, ovvero ancora della spinta a delinquere, tanto piø se
genericamente economica, non potendo confondersi il fine specifico, ovverosia il moventescopo che individua una programmazione e deliberazione unitaria, con la tendenza stabilmente operante in un soggetto a risolvere i propri problemi esistenziali commettendo reati (cfr. Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
Coerentemente con i principi sin qui esposti, il giudice dell’esecuzione ha rilevato l’assenza di indicatori da cui trarre l’esistenza di un unitario disegno criminoso ed ha correttamente affermato l’insufficienza del richiamo all’identità o analogia dei fatti di reato, collegato all’esercizio del ruolo di legale rappresentante di una società che era dedita alla vendita di prodotti contraffatti e a beneficio della quale le violazioni tributarie avevano procurato dei significativi risparmi d’imposta.
Nel distinguere tra due blocchi di illeciti, quello che poteva ricomprendere in unico disegno criminoso i reati tributari e quello che poteva ricomprendere in un altro diverso disegno criminoso i reati di contraffazione e le fattispecie connesse, il giudice dell’esecuzione ha messo in evidenza che la prova della preordinazione di condotte disomogenee per modalità di esecuzione e per bene giuridico tutelato non poteva trarsi dal mero dato del vantaggio perseguito dallo stesso soggetto con la stessa impresa, essendo tale elemento del tutto equivoco e ben piø compatibile con una particolare propensione a delinquere per finalità di lucro.
La doglianza del ricorrente, d’altronde, ripropone questo dato come indice della preordinazione e non si confronta con gli argomenti del giudice dell’esecuzione che evidenzia le ragioni per le quali ben altri dovevano essere gli elementi dimostrativi da porre a fondamento dell’unicità del disegno criminoso e nessuno di essi era stato addotto.
Mette appena conto che con un ulteriore generico motivo il ricorrente denuncia la mancata motivazione sulla quantificazione della pena e ne chiede un’ulteriore riduzione; non indica, tuttavia, nelle due ipotesi di continuazione riconosciute, quale sia quella che presenterebbe tale eccessività della pena o se lo sarebbero entrambe, se l’eccessività della commisurazione riguardi la pena base oppure gli aumenti e, infine, quali norme siano state violate nel procedere ai calcoli di cui ci si lamenta.
Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ravvisandosi ipotesi di esclusione della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n.186 del 07/06/2000 – anche della condanna al pagamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 03/04/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
COGNOME
NOME CASA