Disegno Criminoso vs. Abitualità: La Cassazione Traccia il Confine
Il concetto di disegno criminoso rappresenta un punto cardine nel diritto penale, capace di modificare significativamente l’entità della pena per chi commette una serie di reati. Tuttavia, non sempre la ripetizione di illeciti configura automaticamente un’unica programmazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questa distinzione, chiarendo quando una serie di furti debba essere considerata espressione di un’abitudine a delinquere piuttosto che di un piano unitario.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato riguarda una persona condannata con sei sentenze definitive per una serie di furti. La difesa aveva presentato ricorso chiedendo l’applicazione della continuazione tra i reati, sostenendo che fossero tutti parte di un unico disegno criminoso. A supporto di questa tesi, veniva evidenziata l’unicità del modus operandi e l’area geografica circoscritta (tra Toscana e Calabria) in cui i reati erano stati commessi. Secondo la difesa, questi elementi sarebbero stati indici rivelatori di un’unica programmazione criminale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile e manifestamente infondato. I giudici hanno confermato la decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria, la quale aveva già negato la sussistenza di un collegamento ideativo tra i vari episodi delittuosi. Per la Cassazione, le censure sollevate erano semplici riproposizioni di argomenti già correttamente vagliati e disattesi nel precedente grado di giudizio.
Le Motivazioni: Assenza di un vero disegno criminoso
Il cuore della decisione risiede nell’analisi delle motivazioni. La Corte ha spiegato in modo dettagliato perché gli elementi portati dalla difesa non fossero sufficienti a provare un disegno criminoso.
Anzi, secondo i giudici, quegli stessi elementi muovevano in direzione contraria. Vediamo i punti chiave:
1. Natura Occasionale e Contingente: Le condotte illecite, di tipo predatorio, erano prive di un qualsiasi collegamento programmatico. Si trattava di una “impudente reiterazione di azioni criminose” dettata da fattori contingenti e occasionali, legati più a una spiccata “proclività a delinquere” che a una pianificazione unitaria.
2. Varietà dei Beni Sottratti: La tipologia di beni rubati di volta in volta (prodotti alimentari, detersivi, articoli per l’igiene personale, utensili, abbigliamento) confortava la conclusione dei giudici. Questa varietà dimostrava l’occasionalità e la contingenza della condotta, non l’esecuzione di un piano mirato a ottenere uno specifico tipo di refurtiva.
3. Modus Operandi e Territorio: Lungi dal provare un piano unitario, la ripetizione delle modalità operative in un territorio ampio palesava, al contrario, una “inusuale pervicacia nel delinquere”. Era l’indice di un’indole criminale e di un’abitudine a commettere reati, non di un progetto specifico e preordinato.
In sostanza, la Corte ha distinto nettamente tra una seriazione di reati frutto di una progettazione unitaria e una serie di reati che sono piuttosto il risultato di un’inclinazione criminale che si manifesta ogni qualvolta se ne presenti l’occasione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per il riconoscimento del disegno criminoso non è sufficiente la semplice ripetizione di reati simili. È necessario dimostrare l’esistenza di un piano iniziale, unico e deliberato, che abbracci tutte le violazioni di legge. L’onere della prova ricade su chi invoca l’istituto della continuazione. In assenza di tale prova, i reati vengono considerati autonomi e puniti singolarmente, con un conseguente inasprimento della pena complessiva. La decisione sottolinea come l’analisi debba andare oltre le apparenze, scrutando la reale natura delle condotte per distinguere una scelta di vita criminale da uno specifico progetto delittuoso.
Commettere più furti con le stesse modalità significa agire secondo un unico disegno criminoso?
No. Secondo la Corte, la ripetizione di un medesimo modus operandi può, al contrario, indicare una semplice abitudine e pervicacia nel delinquere, piuttosto che l’esecuzione di un piano unitario e preordinato.
Cosa distingue un disegno criminoso da una semplice abitudine a delinquere?
Il disegno criminoso richiede un’unica programmazione iniziale che colleghi ideativamente tutti i reati. L’abitudine a delinquere, invece, si manifesta in una serie di reati occasionali e contingenti, non legati da un piano preventivo ma derivanti da una generale proclività a commettere illeciti.
Perché la varietà dei beni rubati è stata considerata importante dalla Corte?
La varietà dei beni (cibo, detersivi, vestiti) è stata vista come una prova dell’occasionalità e della contingenza dei furti. Dimostrava che l’imputata agiva in base alle opportunità del momento, anziché seguire un piano specifico mirato a un determinato tipo di bene, rafforzando così la tesi dell’assenza di un disegno criminoso unitario.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28831 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28831 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 03/07/1983
avverso l’ordinanza del 06/03/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che sono inammissibili le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione e della violazione di legge, lamentando che l’ordinanza emessa nei confronti della suddetta ha trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso a fondamento delle condotte delittuose poste in essere – perché manifestamente infondate.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello di Reggio Calabria nel provvedimento impugnato. In esso, invero, si evidenzia, con riguardo alla richiesta continuazione, relativa ai reati di cui a sei sentenze esecutive, che: – la condannata ha perpetrato reiteratamente condotte illecite di tipo predatorio, prive di un qualsiasi collegamento ideativo fra esse, come pure lascia oggettivamente cogliere il loro rispettivo e specifico contesto; – la disamina delle singole condotte consente, piuttosto, di cogliere un’impudente reiterazione di azioni criminose in ragione di fattori del tutto contingenti, occasionali e connessi più a una spiccata proclività a delinquere che ad una programmazione unitaria; – rispetto a tale conclusione è del tutto distonico il dato sottolineato dalla difesa per cui la Costica avrebbe agito con le medesime modalità operative e in territorio “toscano e calabrese”; – si tratta, invero, di elemento fattuale che, semmai, muove in direzione contraria, palesando un’inusuale pervicacia nel delinquere; – la stessa tipologia di beni di volta in volta sottratta ai vari esercizi commerciali conforta la suddetta conclusione, atteso che da essa si desume l’occasionalità e la contingenza dell’illecita condotta appropriativa (ora di prodotti alimentari, ora di detersivi, ora di prodotti per l’igiene personale, utensili e capi di abbigliamento); – dunque, quale che possa essere stata la conclusione del Tribunale di Palmi in relazione a una delle coimputate per alcuni dei furti commessi, la riprova dell’assenza di qualsiasi ideazione unitaria dei reati di cui sopra si coglie dalle specifiche pieghe delle stesse condotte esaminate e dalle estemporanee e non preventivabili loro causali; – semmai emerge da quanto in atti una seriazione dei reati frutto non certo di una progettazione unitaria quanto piuttosto di un’indole criminale e di una abitualità nel delinquere non incisa neanche dai benefici concessi né dalle condanne nelle more subite. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Osservato, pertanto, che il ricorso, che insiste genericamente sul fatto che comunque si tratterebbe sempre di condotte contraddistinte dal perseguimento di un soddisfacimento patrimoniale personale, connotate da un medesimo modus operandi
e da notevole vicinanza temporale, essendo state commesse tutte nell’arco temporale di tre anni e mezzo, deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in
tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2025.