Disegno Criminoso: i Criteri della Cassazione per Escluderlo
Il concetto di disegno criminoso rappresenta una figura chiave nel diritto penale, consentendo di unificare sotto un’unica pena reati diversi commessi in esecuzione di un medesimo proposito. Ma quali sono i criteri per stabilirne l’esistenza? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo istituto, sottolineando come la semplice somiglianza tra i reati non sia sufficiente a dimostrare una pianificazione unitaria. Analizziamo il caso e la decisione dei giudici.
I Fatti del Caso: Due Reati, un’Unica Volontà?
Il ricorrente si era rivolto alla Corte Suprema per contestare la decisione del Tribunale che aveva negato l’applicazione della continuazione tra due diverse sentenze di condanna. Entrambe le condanne riguardavano la detenzione di armi clandestine, ma le circostanze erano notevolmente diverse:
1. Primo reato: Il porto di una pistola in un luogo pubblico, commesso con la complicità di un’altra persona e con una chiara finalità offensiva.
2. Secondo reato: La detenzione di un’arma diversa, un fucile con relative munizioni, all’interno della propria abitazione, giustificata dall’imputato come finalizzata all’autodifesa.
Un elemento cruciale che separava i due episodi era il tempo: tra un fatto e l’altro era trascorso più di un anno. Nonostante ciò, il condannato sosteneva che entrambi i reati fossero parte di un unico disegno criminoso.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile e i Limiti del Disegno Criminoso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni del ricorrente “manifestamente infondate”. La decisione si allinea con la giurisprudenza consolidata, in particolare con i principi espressi dalle Sezioni Unite, secondo cui per riconoscere l’esistenza di una “volizione unitaria” sono necessari elementi concreti e non mere supposizioni.
I giudici hanno confermato la correttezza dell’analisi del Tribunale, che aveva evidenziato come le profonde differenze tra i due reati impedissero di ricondurli a un progetto criminale unitario e preordinato.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi fondamentali.
Assenza di un Progetto Unitario
La motivazione principale del rigetto risiede nell’assenza di elementi sintomatici di un medesimo disegno criminoso. La Corte ha sottolineato che i seguenti fattori, considerati nel loro insieme, deponevano in senso contrario:
– Distanza temporale: Un intervallo di un anno e due mesi tra i fatti è considerato significativo.
– Diversità delle modalità: Un reato commesso in pubblico con un complice è strutturalmente diverso da una detenzione solitaria in casa.
– Differenza delle armi: L’uso di una pistola e successivamente di un fucile indica contesti e necessità differenti.
– Finalità contrastanti: Lo scopo offensivo del primo episodio si contrappone a quello asseritamente difensivo del secondo.
Questi elementi, secondo la Corte, dimostrano l’esistenza di due determinazioni criminali distinte e autonome, piuttosto che l’attuazione di un singolo piano.
L’Onere della Prova a Carico del Richiedente
La Corte ha ribadito un principio procedurale cruciale: spetta a chi chiede il riconoscimento della continuazione fornire la prova della sussistenza di un disegno criminoso. L’istante ha l'”onere di allegazione”, cioè deve presentare al giudice elementi concreti che dimostrino l’esistenza di un piano iniziale. Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito tali elementi, limitandosi a contestare la valutazione del Tribunale.
I Limiti del Giudizio di Legittimità
Infine, i giudici supremi hanno ricordato che il loro ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge. Le censure del ricorrente, volte a ottenere una “nuova valutazione in fatto”, sono state considerate inammissibili in sede di legittimità, poiché il provvedimento impugnato era motivato in modo logico, completo e coerente con i principi di diritto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: per ottenere il beneficio della continuazione, non è sufficiente che i reati siano della stessa specie. È indispensabile dimostrare, con elementi fattuali concreti, che essi sono stati concepiti come parte di un unico programma criminoso fin dall’inizio. La distanza temporale, la diversità delle modalità esecutive e delle finalità perseguite sono indicatori potenti che possono portare a escludere l’esistenza di un disegno criminoso, con conseguente applicazione di pene distinte per ciascun reato.
Quando si può parlare di “medesimo disegno criminoso”?
Secondo la Corte, il medesimo disegno criminoso richiede la prova di una volizione unitaria, ovvero un piano iniziale che preveda la commissione di più reati. La semplice omogeneità dei titoli di reato non è sufficiente per configurarlo.
Perché la Corte ha respinto il ricorso in questo caso specifico?
Il ricorso è stato respinto perché i reati erano temporalmente distanziati (un anno e due mesi), commessi con modalità diverse (porto in luogo pubblico contro detenzione in casa), con armi diverse (pistola contro fucile) e con finalità differenti (offesa contro autodifesa), elementi che escludono un’unica pianificazione criminale.
Chi deve provare l’esistenza di un unico disegno criminoso?
L’onere di allegare e dimostrare gli elementi sintomatici dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso spetta all’istante, ovvero alla persona che ne chiede il riconoscimento in sede giudiziaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20954 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20954 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CARIATI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/01/2024 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto ,
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione.
Ritenuto che gli argomenti dedotti nel ricorso, sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
Osservato che l’ordinanza impugnata, con argomentazioni puntuali e chiaramente espresse, ha correttamente rilevato e giustificato, con compiutezza e logicità argomentativa, la ritenuta insussistenza del medesimo disegno criminoso, accomunante i reati indicati nell’istanza del ricorrente; ha rilevato in particolare che i reati di cui alle due sentenze o di istanza, a parte la omogeneità dei titoli di reato costituiti dalla detenzione di armi clande attenessero a condotte temporalmente distanziate tra loro da un anno e due mesi, commesse con diverse modalità: in un caso il porto avveniva in luogo pubblico con la complicità di alt soggetto e con l’impiego dell’arma, una pistola, con finalità di offesa; nell’altro c condanNOME deteneva un’arma diversa, un fucile, con le munizioni, presso la propria abitazione per asserite finalità di autodifesa.
Osservato che il G.E., del tutto correttamente, ha riportato un principio affermato d questa Corte, attinente l’onere di allegazione degli elementi sintomatici della medesimezza del disegno criminoso, da parte dell’istante, affrontando poi la tematica circa la sussistenza deg elementi sintomatici, mediante la attenta e compiuta analisi delle sentenze di merito oggetto dell’istanza; le ulteriori censure, oltre a denunciare un asserito difetto di motivazione emergente dalla lettura del provvedimento impugNOME, attengono tutte al merito e invocano, sostanzialmente, una nuova valutazione in fatto, non consentita in sede di legittimità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2024