Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6349 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6349 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 20/11/1951
avverso l’ordinanza del 18/09/2024 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
t
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato che:
in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., «postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, m rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420);
«il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto d determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
rilevano, ai fini della prova dell’esistenza del medesimo disegno criminoso l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, non essendo necessaria la contemporanea ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tant Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098; Sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, COGNOME, Rv. 284652);
l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti;
considerato che:
nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione ha riconosciuto parzialmente il vincolo della continuazione per due reati commessi il 14 marzo2016 e il 19 maggio 2017, negandola per quello commesso fino al giugno 2007 in ragione della natura assorbente del profilo del tempus commissi delicti;
a fronte di tali congrue e lineari considerazioni, l’unico motivo di ricorso lamenta vizi di motivazione e violazione di legge in termini essenzialmente confutativi, incentrati su circostanze che non valgono, in alcun modo, a comprovare l’illegittimità delle argomentazioni svolte dal giudice dell’esecuzione, il quale ha chiarito, nell’esercizio del discrezionale apprezzamento delle vicende sottoposte al suo vaglio e senza incorrere in contraddizioni o in affermazioni manifestamente illogiche, per quale ragione debba escludersi l’esistenza, nella fattispecie, di un riconoscibile, originario disegno criminoso, con riguardo al reato escluso dal vincolo;
inoltre, la critica ha omesso l’indicazione di quale sia stato lo scopo unitario delle condotte devianti del ricorrente che il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di prendere in esame;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/12/2024