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Disegno criminoso: quando è esclusa la continuazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento del reato continuato per un illecito commesso a quasi dieci anni di distanza da altri. La Corte ha confermato che un significativo lasso temporale può interrompere l’unicità del disegno criminoso, e la valutazione del giudice di merito, se ben motivata, è insindacabile. La decisione sottolinea la differenza tra un piano criminoso unitario e una generica propensione a delinquere.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Reato Continuato: La Cassazione sui Limiti Temporali

L’istituto del reato continuato, disciplinato dall’art. 81 del codice penale, rappresenta un pilastro per la determinazione di una pena equa quando un soggetto commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, cosa accade quando tra i reati intercorre un notevole lasso di tempo? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza in esame, torna a definire i contorni di questo concetto, stabilendo che una distanza temporale significativa può essere un indice decisivo per escludere l’unicità del piano delittuoso.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un condannato avverso un’ordinanza del Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo aveva riconosciuto solo parzialmente il vincolo della continuazione tra due reati commessi nel 2016 e nel 2017, escludendo però un reato precedente, commesso fino al giugno 2007. La ragione di tale esclusione risiedeva proprio nella notevole distanza temporale tra i fatti, considerata un fattore assorbente e tale da interrompere la presunta unicità del disegno criminoso.

L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero meramente confutative e non idonee a dimostrare una reale illegittimità nel ragionamento del giudice dell’esecuzione. La Corte ha ribadito che la valutazione sull’esistenza di un disegno criminoso è un apprezzamento di merito che, se sorretto da una motivazione logica, congrua e priva di vizi, non può essere riesaminato in sede di legittimità.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: L’Importanza di un Unico Disegno Criminoso

La Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi fondamentali che governano la materia. Un disegno criminoso unico postula che l’agente si sia rappresentato e abbia deliberato, prima di commettere il primo reato, una serie di condotte criminose future, almeno nelle loro linee essenziali. Questo concetto si distingue nettamente da un generico ‘programma di vita delinquenziale’, che esprime solo una propensione alla devianza che si concretizza in base alle occasioni, senza una pianificazione unitaria ab origine.

Per accertare tale unicità, il giudice deve valutare una serie di indicatori concreti:
* L’omogeneità delle violazioni e del bene protetto.
* La contiguità spazio-temporale.
* Le modalità della condotta (il ‘modus operandi’).
* La sistematicità e le abitudini di vita.

Nel caso specifico, il giudice dell’esecuzione aveva correttamente valorizzato il profilo del tempus commissi delicti, ovvero il lungo intervallo di quasi un decennio tra il primo reato e i successivi. Questo elemento è stato ritenuto sufficiente a far escludere che i reati più recenti fossero parte di un piano originario concepito anni prima, apparendo piuttosto come frutto di una determinazione estemporanea.

La Cassazione ha inoltre sottolineato come il ricorso fosse generico, non avendo indicato quale fosse lo ‘scopo unitario’ che avrebbe dovuto legare tutte le condotte e che il giudice di merito avrebbe omesso di considerare.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in commento offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce che la prova di un disegno criminoso unitario diventa estremamente difficile in presenza di un notevole divario temporale tra i reati. Sebbene il tempo non sia l’unico criterio, il suo peso è determinante e può, da solo, giustificare l’esclusione della continuazione. In secondo luogo, la decisione evidenzia l’importanza di redigere ricorsi specifici e tecnicamente fondati. Non è sufficiente contestare genericamente la valutazione del giudice; è necessario individuare e argomentare precisi vizi logici o giuridici nel suo ragionamento. In assenza di tali elementi, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con le relative conseguenze economiche per il ricorrente.

Quando si può escludere il vincolo della continuazione tra più reati?
Si può escludere quando un notevole intervallo di tempo tra le condotte criminose rende inverosimile che esse siano state programmate unitariamente fin dall’inizio. Questo fattore, definito ‘tempus commissi delicti’, può essere considerato decisivo dal giudice per negare l’esistenza di un unico disegno criminoso.

La sola distanza temporale è sufficiente a negare il disegno criminoso?
Sì, secondo l’ordinanza, la natura ‘assorbente’ del profilo temporale può essere da sola sufficiente a far ritenere che i reati successivi siano frutto di una determinazione estemporanea e non di un piano originario, giustificando così l’esclusione della continuazione.

Cosa rende un ricorso in Cassazione inammissibile in questi casi?
Un ricorso è inammissibile se si limita a contestare la valutazione dei fatti operata dal giudice di merito senza evidenziare specifici vizi di motivazione (come contraddizioni o manifesta illogicità) o violazioni di legge. È necessario dimostrare un errore nel ragionamento giuridico del giudice, non semplicemente esprimere un disaccordo con la sua conclusione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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