Disegno Criminoso: Prova e Requisiti per l’Unificazione delle Pene
Il concetto di disegno criminoso, o ‘reato continuato’, rappresenta un principio fondamentale nel diritto penale, capace di incidere significativamente sulla determinazione della pena. Esso permette di unificare più condotte illecite sotto un’unica matrice psicologica, evitando la somma aritmetica delle singole pene. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che il riconoscimento di tale beneficio non è automatico e richiede una prova rigorosa da parte di chi lo invoca. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dai giudici.
Il Caso in Esame: La Richiesta di Unificazione delle Pene
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato per diversi reati contro il patrimonio. L’interessato aveva chiesto al Tribunale di unificare le varie sentenze, sostenendo che tutti i reati fossero stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. 
Il Tribunale, però, aveva respinto la richiesta. In primo luogo, aveva dichiarato inammissibile la domanda per alcune sentenze, in quanto già oggetto di una precedente decisione negativa. Per le altre, aveva escluso l’esistenza di un piano unitario, ritenendo che i reati, sebbene simili per natura, fossero frutto di decisioni estemporanee e non di una programmazione originaria. La distanza di mesi tra una violazione e l’altra e la specificità delle singole condotte non permettevano di ravvisare un progetto criminoso comune.
I Principi sul Disegno Criminoso Ribaditi dalla Cassazione
Investita della questione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea del Tribunale. I giudici supremi hanno colto l’occasione per ribadire i criteri consolidati per l’individuazione di un disegno criminoso.
Il punto centrale è che l’onere della prova grava interamente sull’istante. Non è sufficiente invocare elementi generici come:
*   La contiguità cronologica dei reati.
*   L’identità o l’analogia della natura dei reati commessi (ad esempio, tutti reati contro il patrimonio).
Questi indici, ha sottolineato la Corte, possono essere sintomatici non di un progetto unitario, ma piuttosto di un’abitualità criminosa o di uno stile di vita orientato alla commissione di illeciti. Ciò che distingue il disegno criminoso è la presenza di una programmazione iniziale, che deve essere concepita prima della commissione del primo reato e deve delineare, almeno nelle sue linee essenziali, la serie di azioni illecite da compiere.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato perché il ricorrente non ha fornito alcun elemento specifico e concreto a sostegno della sua tesi. L’appello si limitava a contestare la valutazione del giudice di merito, chiedendo di fatto una nuova analisi dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. 
La motivazione del provvedimento impugnato è stata giudicata puntuale e chiara: l’analisi delle sentenze evidenziava l’insussistenza di un progetto unitario. Le condotte apparivano come decisioni prese sul momento, spinte da contingenze, piuttosto che tappe di un piano preordinato. Il tempo trascorso tra i fatti e la loro specificità rafforzavano la conclusione che non vi fosse una programmazione originaria. Mancava, in sintesi, la prova di quella ‘volizione unitaria’ che costituisce il cuore del disegno criminoso.
Conclusioni: Cosa Implica questa Ordinanza
Questa ordinanza consolida un principio di rigore fondamentale: chi intende beneficiare dell’unificazione delle pene per continuazione deve fare di più che indicare la somiglianza dei reati commessi. È necessario allegare e dimostrare, con elementi concreti, l’esistenza di un piano deliberato in anticipo. In assenza di tale prova, i giudici tenderanno a considerare i reati come episodi distinti, espressione di una generica tendenza a delinquere o di scelte estemporanee, con conseguenze ben più severe sul piano sanzionatorio. La decisione, pertanto, serve da monito sulla necessità di argomentare in modo specifico e circostanziato le istanze di riconoscimento del reato continuato.
 
Cosa è necessario per dimostrare l’esistenza di un disegno criminoso?
Per dimostrare un disegno criminoso, è necessario fornire elementi specifici e concreti che provino l’esistenza di un piano unitario per la commissione di più reati, programmato prima dell’esecuzione del primo. La sola somiglianza dei reati o la loro vicinanza temporale non sono sufficienti.
La commissione di reati simili in un breve arco di tempo è sufficiente a provare un disegno criminoso?
No. Secondo la Corte, la contiguità cronologica e l’analogia dei reati non sono di per sé sufficienti. Anzi, questi elementi possono indicare un’abitualità criminosa o scelte di vita contingenti, piuttosto che l’attuazione di un progetto unitario predeterminato.
Su chi ricade l’onere di provare il disegno criminoso?
L’onere della prova ricade interamente sull’istante, ovvero sul condannato che chiede l’unificazione delle pene. È lui che deve allegare e dimostrare con elementi concreti la fondatezza della sua richiesta, senza potersi limitare a riferimenti generici.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10715 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 10715  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/06/2024 del TRIBUNALE di RAVENNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione.
Ritenuto che gli argomenti dedotti nel ricorso, sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr. Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
Osservato che l’ordinanza impugnata, con argomentazioni puntuali e chiaramente espresse, ha correttamente rilevato l’inammissibilità dell’istanza con riferimento alla prime tre sentenze, in quanto oggetto di precedente richiesta già decisa; ha quindi analizzato l’istanza di unificazione delle sentenze sub 3 e 4 tra loro e con le precedenti sub 1, 2 e 3, pervenendo ad una decisione reiettiva, per la ritenuta insussistenza del medesimo disegno criminoso accomunante i reati giudicati con le predette sentenze; ha in particolare evidenziato come, pur trattandosi di reati contro il patrimonio, la specificità delle condotte ed il tempo decorso tra i fatti portassero ad escludere che il condanNOME avesse programmato in origine la commissione degli stessi, che apparivano invece frutto di decisioni estemporanee;
Considerato che è radicato nella giurisprudenza di legittimità il principio per cui all’istante incombe un onere di allegazione di elementi specifici e concreti da cui desumere la fondatezza dell’assunto, irrilevante essendo, in difetto di tali dati sintomatici, il s riferimento alla relativa contiguità cronologica degli addebiti od all’identità od analogia de titoli di reato, indici, per lo più, di abitualità criminosa e di scelte di vita ispir sistematica e contingente consumazione di illeciti piuttosto che di attuazione di un progetto criminoso unitario.
Preso atto che le censure, oltre a denunciare asserito difetto di motivazione non emergente dalla lettura del provvedimento impugNOME, attengono tutte al merito e invocano, sostanzialmente, una nuova valutazione in fatto, non consentita in sede di legittimità.
Rilevato, in particolare, che il ricorrente non ha indicato alcun concreto elemento a sostegno della pretesa identità di disegno criminoso tra le diverse violazioni, intervenute ad una distanza di mesi l’una dall’altra, eludendo il nucleo centrale dei principi fin qui enunciati la necessità di una preventiva programmazione unitaria dei reati – quindi precedente al primo dei reati per i quali si chiede il riconoscimento del vincolo – almeno nella loro linea essenziale.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025