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Disegno Criminoso: No, se c’è Distanza Temporale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva di unificare, sotto un unico disegno criminoso, due sentenze per reati commessi a grande distanza di tempo. La prima sentenza riguardava reati di mafia commessi fino al 2010, la seconda il narcotraffico nel 2016-2017. La Corte ha ritenuto che l’ampio lasso temporale e la mancanza di prove di un legame programmatico tra le due attività criminali escludessero la sussistenza di un disegno criminoso unitario.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Quando il Tempo Spezza il Legame tra Reati

Il concetto di disegno criminoso rappresenta una pietra angolare del nostro sistema penale, permettendo di unificare sotto un’unica egida più violazioni della legge, con importanti riflessi sul calcolo della pena. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione di specifici indicatori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i criteri, in particolare quello temporale, che i giudici utilizzano per accertare o escludere l’esistenza di un progetto criminale unitario.

I Fatti del Caso

Un individuo, già condannato con due distinte sentenze, presentava un’istanza al Giudice dell’Esecuzione (G.E.) per ottenere il riconoscimento della cosiddetta “continuazione” tra i reati giudicati. La prima condanna riguardava gravi delitti, tra cui l’associazione di stampo mafioso, commessi fino al dicembre 2010. La seconda, invece, si riferiva ad attività di narcotraffico realizzate tra il 2016 e il 2017. L’obiettivo era far rientrare tutti i reati sotto un unico disegno criminoso, ottenendo così un trattamento sanzionatorio più mite. Il Giudice dell’Esecuzione, però, rigettava la richiesta, non ravvisando elementi sufficienti a dimostrare un’identità di progetto criminale tra le due serie di condotte, così distanti nel tempo e nella natura.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Applicazione del Disegno Criminoso

L’imputato proponeva ricorso in Cassazione contro la decisione del G.E. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato” e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza del ragionamento del giudice di merito, ribadendo i principi consolidati dalla giurisprudenza in materia. La Corte ha sottolineato che le censure mosse dal ricorrente erano di natura prettamente fattuale, tendenti a ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità, dove il giudice può solo verificare la corretta applicazione della legge.

Le Motivazioni: Il Criterio Temporale e la Mancanza di un Progetto Unitario

Il cuore della motivazione risiede nell’analisi dei criteri per l’individuazione di una “volizione unitaria”. La Corte, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite, ha evidenziato come il criterio temporale sia uno degli indici principali. Un lasso di tempo così ampio – oltre sei anni tra la fine dei primi reati e l’inizio dei secondi – rende difficile, se non impossibile, presumere l’esistenza di un unico piano deliberato fin dall’inizio.

Inoltre, il G.E. aveva basato la sua decisione anche sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il quale aveva specificato che l’attività di spaccio del ricorrente non era collegata al clan mafioso per cui era stato condannato in precedenza. Questo elemento fattuale, non sindacabile in Cassazione, ha spezzato ogni possibile legame programmatico tra le due vicende criminali, rendendo di fatto impossibile riconoscere un medesimo disegno criminoso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non è sufficiente affermare l’esistenza di un piano unitario, ma è necessario provarla attraverso elementi concreti. La vicinanza temporale tra i reati, l’omogeneità delle condotte e il contesto in cui si inseriscono sono tutti indicatori che il giudice deve ponderare. Quando, come nel caso di specie, un notevole intervallo di tempo separa i fatti e mancano prove di un collegamento strategico, la tesi del disegno criminoso unitario è destinata a fallire. La decisione conferma inoltre la netta distinzione tra il giudizio di merito, dove si valutano le prove, e quello di legittimità, che si limita al controllo sulla corretta applicazione delle norme.

Che cos’è il ‘disegno criminoso’ nel diritto penale?
È un piano unitario, concepito fin dall’inizio, per la commissione di più reati. La sua esistenza permette di applicare l’istituto della ‘continuazione’, che considera i vari illeciti come un unico reato ai fini della pena.

Perché in questo caso è stato escluso il disegno criminoso?
La Corte lo ha escluso principalmente per due motivi: il considerevole lasso temporale (oltre sei anni) tra i reati della prima e della seconda sentenza e l’assenza di prove di un collegamento tra le attività di narcotraffico e la precedente appartenenza a un clan mafioso, come confermato anche da un collaboratore di giustizia.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove del processo?
No. Come specificato nella decisione, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità. Il suo compito non è rivalutare i fatti o le prove (come le dichiarazioni di un testimone), ma solo controllare che i giudici dei precedenti gradi di giudizio abbiano applicato correttamente la legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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