Disegno Criminoso: Quando il Tempo Spezza il Legame tra Reati
Il concetto di disegno criminoso rappresenta una pietra angolare del nostro sistema penale, permettendo di unificare sotto un’unica egida più violazioni della legge, con importanti riflessi sul calcolo della pena. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione di specifici indicatori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i criteri, in particolare quello temporale, che i giudici utilizzano per accertare o escludere l’esistenza di un progetto criminale unitario.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato con due distinte sentenze, presentava un’istanza al Giudice dell’Esecuzione (G.E.) per ottenere il riconoscimento della cosiddetta “continuazione” tra i reati giudicati. La prima condanna riguardava gravi delitti, tra cui l’associazione di stampo mafioso, commessi fino al dicembre 2010. La seconda, invece, si riferiva ad attività di narcotraffico realizzate tra il 2016 e il 2017. L’obiettivo era far rientrare tutti i reati sotto un unico disegno criminoso, ottenendo così un trattamento sanzionatorio più mite. Il Giudice dell’Esecuzione, però, rigettava la richiesta, non ravvisando elementi sufficienti a dimostrare un’identità di progetto criminale tra le due serie di condotte, così distanti nel tempo e nella natura.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’Applicazione del Disegno Criminoso
L’imputato proponeva ricorso in Cassazione contro la decisione del G.E. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato” e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza del ragionamento del giudice di merito, ribadendo i principi consolidati dalla giurisprudenza in materia. La Corte ha sottolineato che le censure mosse dal ricorrente erano di natura prettamente fattuale, tendenti a ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità, dove il giudice può solo verificare la corretta applicazione della legge.
Le Motivazioni: Il Criterio Temporale e la Mancanza di un Progetto Unitario
Il cuore della motivazione risiede nell’analisi dei criteri per l’individuazione di una “volizione unitaria”. La Corte, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite, ha evidenziato come il criterio temporale sia uno degli indici principali. Un lasso di tempo così ampio – oltre sei anni tra la fine dei primi reati e l’inizio dei secondi – rende difficile, se non impossibile, presumere l’esistenza di un unico piano deliberato fin dall’inizio.
Inoltre, il G.E. aveva basato la sua decisione anche sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il quale aveva specificato che l’attività di spaccio del ricorrente non era collegata al clan mafioso per cui era stato condannato in precedenza. Questo elemento fattuale, non sindacabile in Cassazione, ha spezzato ogni possibile legame programmatico tra le due vicende criminali, rendendo di fatto impossibile riconoscere un medesimo disegno criminoso.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non è sufficiente affermare l’esistenza di un piano unitario, ma è necessario provarla attraverso elementi concreti. La vicinanza temporale tra i reati, l’omogeneità delle condotte e il contesto in cui si inseriscono sono tutti indicatori che il giudice deve ponderare. Quando, come nel caso di specie, un notevole intervallo di tempo separa i fatti e mancano prove di un collegamento strategico, la tesi del disegno criminoso unitario è destinata a fallire. La decisione conferma inoltre la netta distinzione tra il giudizio di merito, dove si valutano le prove, e quello di legittimità, che si limita al controllo sulla corretta applicazione delle norme.
Che cos’è il ‘disegno criminoso’ nel diritto penale?
È un piano unitario, concepito fin dall’inizio, per la commissione di più reati. La sua esistenza permette di applicare l’istituto della ‘continuazione’, che considera i vari illeciti come un unico reato ai fini della pena.
Perché in questo caso è stato escluso il disegno criminoso?
La Corte lo ha escluso principalmente per due motivi: il considerevole lasso temporale (oltre sei anni) tra i reati della prima e della seconda sentenza e l’assenza di prove di un collegamento tra le attività di narcotraffico e la precedente appartenenza a un clan mafioso, come confermato anche da un collaboratore di giustizia.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove del processo?
No. Come specificato nella decisione, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità. Il suo compito non è rivalutare i fatti o le prove (come le dichiarazioni di un testimone), ma solo controllare che i giudici dei precedenti gradi di giudizio abbiano applicato correttamente la legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10705 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10705 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MASSA COGNOME il 08/07/1989
avverso l’ordinanza del 17/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
/’
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Vista l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata rigettata l’istanza di applicazione della continuazione proposta ex art. 671 cod. proc. pen. nell’interesse di NOME COGNOME per la ritenuta carenza di elementi indicativi dell’invocata identità del disegno criminoso tra i reati giudicati con le due sentenze in istanza indicate;
considerato che in particolare il G.E. ha osservato come non vi fossero elementi per ritenere che le attività legate al narcotraffico di cui alla sentenza sub. 1, commesse negli anni 2016 e 2017, fossero avvinte da un medesimo disegno criminoso rispetto ai reati giudicati con la seconda sentenza, di cui agli artt. 416 bis, 629, 628, 416 bis.1 cod., pen., commessi sino al 06/12/2010;
osservato che il G.E., per escludere l’unitarietà del disegno criminoso, ha richiamato le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME per il quale l’attività di spaccio di stupefacenti posta in essere da Cuorvo non era legata al clan mafioso COGNOME;
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr. Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074), atteso che il criterio temporale è uno degli indici di valutazione della esistenza o meno di una volizione unitaria e che le ulteriori censure mosse, di natura sostanzialmente confutativa, attengono tutte al merito e invocano una nuova valutazione in fatto, non consentita in sede di legittimità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025