Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5211 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5211  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a POZZUOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/07/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza, intesa al ric:onoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso l’uniforme giurisprudenza di legittimità, richiamata nel ricorso, in materia di criteri identificativi dell’unicità di diseg criminoso, sicuramente ravvisabile, poste l’omogeneità delle condotte, la comune matrice mafiosa – com’ è reso evidente dall’aggravante di cui all’art. 7 di. n. 152 del 1991 – infine dell’erroneità della considerazione della o istanza temporale tra i fatti, non essendosi considerato che il reato di estorsione giudicato con la sentenza sub 1) indicata nell’istanza «è stato commesso in Pozzuoli fino a marzo 2017, senza alcuna indicazione della data di inizio; sicché (…)non potrebbe escludersi che abbia avuto inizio proprio in concomitanza della condotta di cui al delitto sub 2)», commesso nell’ottobre del 2012;
ribadito il principio secondo cui, il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro iinee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni voli risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01);
ricordato ancora che il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine di stabilire l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni in rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unicit pluralità delle originarie determinazioni – è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, Livieri, Rv. 187740-01);
ritenuto che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli anzidetti principi e ha dato articolato conto della loro applicazione
e ha evidenziato in maniera esente da illogicità e incongruenze, quale elemento decisivo per escludere l’unicità di disegno criminoso la distanza temporale (di ben cinque anni) tra i fatti;
ritenuto che tale motivazione si appalesa perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte secondo cui «caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen juris, non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la suss,stenza della continuazione» (Cass. Sez. 4, n. 34756 del 17/052012, Madonia, Rv. 253664; Sez. 1, 3747 del 16/01/2009, Gargiulo Rv. 242537);
ricordato, inoltre, quanto alla dedotta comune matrice mafiosa, che il riconoscimento dell’aggravante di cui all’ari:. 7 d.l. n. 152 del 1991 non determina alcun automatismo in punto di unitaria preventiva deliberazione, come ben motivato dal giudice dell’esecuzione che ha spiegato come, alla lettura delle sentenze di merito, risulta evidente la estemporaneità delle diverse condotte (commesse l’una ai danni di un ristoratore, l’altra ai danni di una posteggiatrice abusiva, moglie di un vertice del clan Longobardi);
rilevato che il ricorrente, nel censurare la motivazione dell’ordinanza impugnata, confonde l’unicità del movente con il vincolo della continuazione e oblitera il principio secondo cui, per l’accertamento della continuazione, non bisogna avere riguardo agli intenti perseguiti dall’autore delle diverse azioni delittuose, giacché l’identità del movente è insufficiente a rivelare la medesimezza del disegno criminoso, il quale non va poi confuso con il generico proposito di commettere reati o con la scelta di una condotta di vita fondata sul delitto, essendo invece necessario che le singole violazioni di legge siano tutte rapportabili a un atto psichico unico, ossia siano state previste e deliberate come momenti di attuazione di un programma preventivamente ideato ed elaborato nelle sue linee generali ed essenziali (Sez. 1, n. 785 del 06/02/1996, COGNOME Santis, Rv. 203987).
rilevato che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023