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Disegno criminoso: no continuità tra reati distanti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5211/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento del vincolo della continuazione tra due reati. La Corte ha stabilito che un’eccessiva distanza temporale tra i fatti (in questo caso, cinque anni) è un elemento decisivo per escludere l’esistenza di un unico disegno criminoso, anche in presenza di condotte omogenee e di una comune matrice mafiosa.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Distanza Temporale: Quando la Continuità tra Reati Viene Meno

L’istituto della continuazione, disciplinato dall’articolo 671 del codice di procedura penale, permette di unificare sotto il profilo sanzionatorio più reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma cosa succede quando tra un reato e l’altro intercorre un lungo periodo di tempo? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5211 del 2024, offre chiarimenti cruciali, sottolineando come la distanza temporale possa essere un fattore decisivo per escludere tale vincolo.

I Fatti del Caso

Il ricorrente si era rivolto al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra due reati per i quali era stato condannato con sentenze separate. Il primo reato, un’estorsione, era stato commesso nell’ottobre del 2012; il secondo, un’altra estorsione, si era protratto fino a marzo 2017. A sostegno della sua tesi, il condannato evidenziava l’omogeneità delle condotte e la comune matrice mafiosa, resa palese dalla contestazione dell’aggravante di cui all’art. 7 del D.L. 152/1991. Tuttavia, il Tribunale di Napoli aveva respinto l’istanza, ritenendo la distanza temporale di circa cinque anni un ostacolo insormontabile al riconoscimento di un’unica programmazione delittuosa.

La Decisione e il Principio di Diritto sul Disegno Criminoso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del giudice dell’esecuzione. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: per accertare un unico disegno criminoso, è necessaria una verifica rigorosa che dimostri come, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. Elementi come l’omogeneità delle violazioni o la contiguità spaziale sono meri indici, non prove decisive. In particolare, quando i reati sono commessi a notevole distanza temporale l’uno dall’altro, si presume che non facciano parte di un piano originario, salvo che l’interessato fornisca una solida prova contraria.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha articolato la sua decisione sulla base di due argomenti principali.

La Distanza Temporale come Elemento Decisivo

Il cuore della motivazione risiede nell’importanza attribuita all’intervallo di cinque anni tra i fatti. Secondo la giurisprudenza citata, un lasso di tempo così ampio rende improbabile che il secondo reato fosse stato specificamente progettato al momento della commissione del primo. Il ricorrente non ha fornito elementi concreti per superare questa presunzione, limitandosi a generiche affermazioni. La Corte ha quindi ritenuto logica e corretta la valutazione del giudice di merito, che aveva identificato nella distanza temporale l’elemento decisivo per escludere l’unicità del piano criminoso.

La Matrice Mafiosa non implica un Unico Disegno Criminoso

La Cassazione ha inoltre smontato l’argomento secondo cui la comune matrice mafiosa implicherebbe automaticamente un unico disegno criminoso. Il riconoscimento dell’aggravante mafiosa non porta in automatico a ritenere esistente un’unitaria e preventiva deliberazione. Anzi, nel caso di specie, la diversità delle vittime (un ristoratore e una parcheggiatrice abusiva, moglie di un esponente di un clan) e la natura delle condotte suggerivano piuttosto l’estemporaneità delle azioni, nate da contingenze specifiche piuttosto che da un programma unitario. La Corte ha chiarito la distinzione fondamentale tra l’identità del movente (ad esempio, l’arricchimento) e la medesimezza del disegno criminoso, che richiede un atto psichico unico e preventivo di programmazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce che il riconoscimento della continuazione non è un automatismo, ma l’esito di un’attenta valutazione fattuale. Per chi intende richiederla in fase esecutiva, specialmente in presenza di reati temporalmente distanti, è fondamentale fornire prove concrete e specifiche che dimostrino l’esistenza di un piano unitario fin dall’inizio. La sola somiglianza dei reati o il contesto criminale in cui sono maturati non sono sufficienti a superare la presunzione di occasionalità e pluralità delle decisioni criminali. La decisione del giudice di merito, se logicamente motivata, diventa quindi difficilmente sindacabile in sede di legittimità.

Una grande distanza di tempo tra due reati esclude automaticamente l’unicità del disegno criminoso?
No, non la esclude automaticamente, ma crea una forte presunzione che i reati non derivino da un unico piano. In questi casi, si presume, salvo prova contraria, che la commissione di ulteriori fatti non potesse essere stata progettata specificamente al momento del primo reato.

La presenza dell’aggravante mafiosa è sufficiente a dimostrare un unico disegno criminoso?
No. La Corte ha specificato che il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 non determina alcun automatismo nel riconoscere un’unitaria deliberazione preventiva, essendo necessario provare che i reati fossero parte di un piano specifico e non semplici manifestazioni estemporanee.

Qual è la differenza tra ‘identità del movente’ e ‘medesimezza del disegno criminoso’?
L’identità del movente (ad esempio, il desiderio di profitto) è insufficiente a dimostrare la medesimezza del disegno criminoso. Quest’ultimo richiede un ‘atto psichico unico’, ovvero la prova che le singole violazioni di legge siano state tutte previste e deliberate come momenti di attuazione di un programma ideato ed elaborato in anticipo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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