Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46630 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46630 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 01/06/1959
avverso l’ordinanza del 15/04/2024 del TRIBUNALE di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATI -0
Con l’ordinanza in preambolo, il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza formulata nell’interesse di NOME COGNOME intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione.
A ragione della decisione – pur dando atto che si trattava di condotte omogenee, riguardanti reiterate violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 osservava come l’istante avesse posto in essere le condotte a distanza temporale considerevole e ha ritenuto che i reati giudicati fossero espressione di una scelta di vita e, comunque, il frutto di un generico programma di attività delittuosa.
Ricorre per cassazione COGNOME a mezzo del suo difensore, e – con un unico motivo – lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento del vincolo della continuazione.
Deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso l’uniforme giurisprudenza di legittimità in materia di criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso, certamente sussistente, nel caso di specie, attesa l’omogeneità delle violazioni e l’analogia delle modalità di realizzazione (cessione al minuto di stupefacenti, nello spazio antistante l’abitazione del ricorrente).
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 22 luglio 2024, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deduce censure prive di pregio e dev’essere respinto.
Com’è noto, l’unicità di disegno criminoso, richiesta dall’art. 81, comma 2, cod. pen. GLYPH non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a realizzare determinati reati.
D’altro canto, la nozione di continuazione neppure può ricondursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacché siffatta definizione di dettaglio oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di «disegno», non è coerente con la ratio dell’istituto, ovverosia l’attenuazione del trattamento sanzionatorio.
Quello che occorre, invece, è che si abbia una programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine. La programmazione può essere perciò ab origine anche di massima, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo al conseguimento di un unico scopo o intento, prefissato e sufficientemente specifico. Ed è in relazione alla unitarietà del fine che la coerenza modale degli episodi e la loro contiguità temporale degli episodi fungono da indizio dell’assenza di interruzioni o soluzioni di continuità della deliberazione originaria, dell’impossibilità di affermare cioè che gli episodi successivi siano frutto dell’insorgenza di autonome risoluzioni antidoverose.
Soccorre, in materia, il diritto vivente secondo cui il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Si è poi chiarito che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità gpazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094).
3. Venendo, dunque, al provvedimento in esame, il Giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli esposti principi di diritto e – con motivazione sintetica, ma adeguata – non ha per nulla trascurato l’omogeneità degli episodi e, tuttavia, ha valorizzato, a ragione del provvedimento reiettivo, il considerevole lasso temporale tra le varie cessioni (da cinque mesi ad un anno e quattro mesi) e il notevole arco temporale tra tutti gli episodi (dal 2018 al 2020), osservando che, in assenza di specifiche allegazioni della difesa, gli stessi dovevano essere ascritti a una generica tendenza del ricorrente a porre in essere reati.
Si tratta di motivazione non manifestamente illogica e, anzi, è perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte secondo cui «nel caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen juris, non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza della continuazione» (Cass. Sez. 4, n. 34756 del 17/052012, COGNOME, Rv. 253664; Sez. 1, 3747 del 16/01/2009, COGNOME Rv. 242537).
4. Al rigetto del consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26 settembre 2024
COGNOME Il Presidente
Il Consigliere estensore