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Disegno criminoso: no con reati a distanza temporale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46630/2024, ha respinto il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra più reati di spaccio. La Corte ha stabilito che un considerevole lasso temporale tra le condotte, pur se omogenee, fa presumere l’assenza di un unico disegno criminoso, configurando piuttosto una generica tendenza a delinquere o una scelta di vita, a meno che non venga fornita una prova contraria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Il Tempo Che Spezza il Filo della Continuazione

Il concetto di disegno criminoso è un pilastro del nostro sistema penale, fondamentale per determinare il trattamento sanzionatorio di chi commette più reati. Ma cosa succede quando questi reati, seppur simili, sono commessi a mesi o addirittura anni di distanza l’uno dall’altro? Possono ancora essere considerati parte di un unico piano? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 46630 del 2024, offre un’importante precisazione, sottolineando come il fattore temporale possa trasformare un potenziale piano unitario in una semplice e reiterata scelta di vita criminale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto, condannato per diversi episodi di spaccio di sostanze stupefacenti, giudicati in procedimenti separati. L’interessato si è rivolto al Giudice dell’esecuzione per chiedere il riconoscimento della ‘continuazione’ tra i vari reati, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale. L’obiettivo era unificare le pene in un’unica sanzione più mite, sostenendo che tutte le condotte fossero espressione di un medesimo disegno criminoso.

Il Tribunale di Palermo, tuttavia, ha respinto l’istanza. Pur riconoscendo l’omogeneità dei reati, ha evidenziato il considerevole lasso di tempo intercorso tra gli episodi criminosi, che si estendevano dal 2018 al 2020 con intervalli da cinque mesi a oltre un anno. Per il giudice, tale distanza temporale indicava non un piano unitario, ma piuttosto una generica attività delittuosa, frutto di una scelta di vita.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di disegno criminoso

La Suprema Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, rigettando il ricorso. La sentenza ribadisce e chiarisce i criteri per identificare l’unicità del disegno criminoso, distinguendola nettamente da una generica tendenza a delinquere.

La Distinzione tra Disegno Criminoso e Scelta di Vita

I giudici di legittimità hanno specificato che l’unicità del piano criminale non può coincidere con una ‘scelta di vita’ che porta a ripetere determinate condotte illecite. Occorre, invece, una programmazione iniziale, anche solo di massima, di una pluralità di reati, finalizzata al raggiungimento di un unico scopo. L’omogeneità delle violazioni e la somiglianza delle modalità esecutive (nel caso di specie, la cessione al minuto di stupefacenti) sono solo indizi, non prove conclusive. Essi, da soli, non bastano a dimostrare che i reati successivi fossero già stati deliberati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo.

L’Importanza del Fattore Temporale nel disegno criminoso

Il punto cruciale della decisione risiede nel peso attribuito al fattore tempo. La Corte ha affermato un principio giurisprudenziale consolidato: in presenza di reati commessi a notevole distanza temporale l’uno dall’altro, si presume, salvo prova contraria, che la commissione dei fatti successivi non fosse stata specificamente programmata all’inizio. Questa presunzione fa sì che i nuovi reati vengano considerati frutto di autonome e successive risoluzioni criminose, interrompendo così il nesso della continuazione.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa dei requisiti del disegno criminoso. I giudici hanno ritenuto che la motivazione del provvedimento impugnato fosse logica e adeguata. Il Tribunale aveva correttamente valorizzato non solo l’omogeneità delle condotte, ma soprattutto il notevole arco temporale tra gli episodi (dal 2018 al 2020) e gli intervalli significativi tra una cessione e l’altra (fino a un anno e quattro mesi).

In assenza di elementi specifici forniti dalla difesa che potessero dimostrare un’unica programmazione iniziale, la Corte ha concluso che la spiegazione più plausibile fosse una generica tendenza del ricorrente a commettere reati di quel tipo. La sentenza richiama precedenti pronunce secondo cui una significativa distanza temporale crea una presunzione di interruzione del piano originario, spostando sull’imputato l’onere di provare il contrario. Pertanto, la decisione di negare la continuazione è stata ritenuta corretta e conforme al diritto vivente.

Conclusioni

La sentenza n. 46630/2024 della Corte di Cassazione consolida un principio di fondamentale importanza pratica: il tempo è un fattore determinante per distinguere un disegno criminoso da una carriera criminale. Per ottenere il beneficio della continuazione non è sufficiente dimostrare di aver commesso reati simili; è necessario provare che essi erano parte di un piano unitario concepito sin dall’inizio. Un lungo intervallo tra i reati indebolisce fortemente questa tesi, facendo presumere che ogni episodio sia il risultato di una nuova e autonoma decisione di delinquere, con conseguenze significative sul calcolo finale della pena.

Quando più reati possono essere considerati parte di un unico disegno criminoso?
Quando esiste una programmazione e deliberazione iniziale di commettere una pluralità di condotte in vista di un unico fine specifico. Non è necessario che ogni dettaglio sia pianificato, ma i reati successivi devono essere stati previsti, almeno in linea generale, al momento della commissione del primo.

Una lunga distanza di tempo tra un reato e l’altro esclude automaticamente la continuazione?
Non la esclude automaticamente, ma crea una forte presunzione contraria. Secondo la Corte, un considerevole lasso temporale fa presumere, salvo prova contraria fornita dalla difesa, che i reati successivi siano frutto di nuove e autonome decisioni criminose, e non parte del piano originario.

Commettere sempre lo stesso tipo di reato è sufficiente per dimostrare l’esistenza di un disegno criminoso?
No. L’omogeneità delle violazioni e delle modalità esecutive è solo un indizio. Da solo, non è sufficiente a provare l’unicità del disegno criminoso, specialmente se i reati sono separati da un lungo periodo, poiché potrebbe semplicemente indicare una generica ‘scelta di vita’ criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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