Disegno Criminoso e Distanza Temporale: Quando non si applica la Continuazione
L’istituto della continuazione nel reato, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, permette di unificare più condotte criminose sotto un unico disegno criminoso, con notevoli benefici sul trattamento sanzionatorio. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione rigorosa da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione su uno degli elementi chiave di questa valutazione: la distanza temporale tra i reati.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso presentato da una donna avverso un’ordinanza del Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Cosenza. Quest’ultimo aveva rigettato la sua richiesta di riconoscere la continuazione tra diversi reati (nello specifico, rapine) per i quali era stata giudicata separatamente. La ricorrente sosteneva che, nonostante la distanza temporale tra i fatti, sussistesse un unico disegno criminoso. A supporto della sua tesi, indicava la medesimezza del modus operandi e, soprattutto, una comune causale: la necessità di soddisfare bisogni primari a causa di precarie condizioni economiche.
La Decisione della Corte e il Ruolo del Disegno Criminoso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si basa su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: una notevole distanza temporale tra i reati crea una presunzione contraria all’esistenza di un unico disegno criminoso. 
Nel caso di specie, i reati erano stati commessi a tre anni e sei mesi di distanza l’uno dall’altro. Secondo gli Ermellini, un intervallo così lungo rende improbabile che il secondo reato fosse stato programmato e deliberato già al momento della commissione del primo. Il giudice dell’esecuzione, pertanto, ha correttamente utilizzato questo fattore come elemento decisivo per escludere la continuazione, pur in presenza di reati omogenei come le rapine.
Le motivazioni
La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della ricorrente. Innanzitutto, ha ribadito che, in presenza di reati commessi a distanza di tempo, si presume, salvo prova contraria, che la commissione di ulteriori fatti non fosse stata progettata specificamente al momento del primo crimine. La prova di un’unitaria e anticipata ideazione spetta a chi invoca il beneficio della continuazione.
In secondo luogo, e con particolare enfasi, la Cassazione ha chiarito la distinzione fondamentale tra il disegno criminoso e il movente del reato. L’affermato stato di bisogno economico, addotto dalla ricorrente come “comune causale”, non configura un disegno criminoso. Esso rappresenta il movente, ovvero la spinta psicologica all’azione, ma non il progetto criminoso unitario. La Corte ha specificato che un generico proposito di commettere reati o la scelta di una condotta di vita basata sul delitto non possono essere confusi con la pianificazione anticipata di una serie specifica di violazioni della legge penale, che è il requisito essenziale per la continuazione.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale per l’applicazione della continuazione: la distanza temporale è un indicatore forte, anche se non assoluto, dell’assenza di un unico disegno criminoso. Chi richiede il beneficio deve fornire prove concrete di un progetto criminoso unitario, deliberato fin dall’inizio. Non è sufficiente invocare la stessa tipologia di reato o un movente comune, come lo stato di bisogno. La decisione distingue nettamente tra la spinta a delinquere, che può essere costante nel tempo, e la programmazione specifica di una serie di reati, che deve essere originaria e comprendere tutte le condotte per cui si chiede l’unificazione.
 
Una grande distanza di tempo tra due reati esclude automaticamente la continuazione?
No, non la esclude automaticamente, ma crea una forte presunzione contraria. Spetta a chi invoca la continuazione fornire la prova che, nonostante il tempo trascorso, i reati erano parte di un unico piano criminoso ideato fin dall’inizio.
Lo stato di bisogno economico può essere considerato prova di un unico disegno criminoso?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che lo stato di bisogno è un movente, ovvero la spinta psicologica al reato, ma non costituisce di per sé un disegno criminoso. Quest’ultimo richiede una programmazione anticipata di specifiche azioni delittuose, non un generico proposito di commettere reati per far fronte a difficoltà economiche.
Cosa si intende per “disegno criminoso” ai fini della continuazione?
Per disegno criminoso si intende un progetto unitario, deliberato in anticipo, che prevede la commissione di una serie specifica di reati. Non va confuso con la generica inclinazione a delinquere o con la scelta di uno stile di vita basato su attività illecite.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34233 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34233  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
NOME nata in Romania il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 07/05/2025 del Gip del Tribunale di Cosenza dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza, intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo deduce che il giudice a quo avrebbe reso una motivazione insoddisfacente in punto di insussistenza dell’unicità di disegno criminoso, trascurando che la distanza temporale tra i fatti oggetto delle sentenze non Ł da sola sufficiente a escludere l’unitaria anticipata ideazione, soprattutto considerata la medesimezza del modus operandi e la comune causale dei fatti (ossia il soddisfacimento del propri bisogni primari a causa delle precarie condizioni economiche);
rilevato che il ricorso Ł manifestamente infondato poichØ deduce enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui nel «caso di reati commessi adistanzatemporalel’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen juris, non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza dellacontinuazione» (Cass. Sez. 4, n. 34756 del 17/052012, Madonia, Rv. 253664; Sez. 1, 3747 del 16/01/2009, Gargiulo Rv. 242537);
rilevato che nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo di tale principio e, pur rilevando che si trattava di reati omogenei (rapine), ha utilizzato, quale elemento decisivo per escludere l’unicità di disegno criminoso, la distanza temporale (di tre anni e sei mesi) tra i fatti oggetto di giudizio;
ricordato che neppure coglie nel segno la dedotta comune causale dell’affermato stato di bisogno dell’imputata, poichØ ai fini dell’accertamento della sussistenza della continuazione non si deve avere riguardo agli intenti perseguiti dall’autore delle diverse azioni delittuose e l’eventuale identità del movente Ł insufficiente a configurare la medesimezza del disegno criminoso, che infatti non va confuso con il generico proposito di commettere reati o con la scelta di una condotta di vita fondata sul delitto;
– Relatore –
Ord. n. sez. 13226/2025
CC – 25/09/2025
R.G.N. 17898/2025
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Così Ł deciso, 25/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME