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Disegno criminoso: no alla continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento del disegno criminoso tra due sentenze per spaccio di stupefacenti. La Corte ha stabilito che la notevole distanza temporale (oltre un anno) e geografica (tra l’Emilia-Romagna e il Lazio) tra i reati esclude la programmazione unitaria, anche se l’intervallo è stato parzialmente trascorso in detenzione. Il generico bisogno di denaro e la somiglianza dei reati non sono sufficienti a dimostrare un unico disegno criminoso.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Distanza e Detenzione Escludono la Continuazione

L’applicazione della disciplina della continuazione tra reati, prevista dall’articolo 81 del codice penale, è uno strumento fondamentale per garantire un trattamento sanzionatorio equo quando più violazioni della legge penale sono frutto di un’unica programmazione. Tuttavia, la sua concessione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti per il riconoscimento di un disegno criminoso unitario, sottolineando come la distanza temporale e geografica, anche in presenza di detenzione intermedia, possano essere elementi decisivi per escluderlo.

I Fatti del Caso

Un soggetto, già condannato con due distinte sentenze, chiedeva al giudice dell’esecuzione di unificare le pene in virtù della continuazione. Le condanne riguardavano:

1. Un reato di spaccio di stupefacenti commesso in Emilia-Romagna fino all’agosto del 2022.
2. Due reati della stessa natura commessi nel Lazio nell’ottobre del 2023.

Il ricorrente sosteneva che i reati fossero legati da un unico disegno criminoso, motivato dalla necessità di procurarsi denaro. A suo dire, la distanza temporale era solo apparente, poiché nell’intervallo tra i due fatti era stato detenuto prima in carcere e poi agli arresti domiciliari. Anche la diversità dei luoghi era, secondo la difesa, puramente casuale, essendo determinata dal luogo in cui era stato posto ai domiciliari.

Il giudice dell’esecuzione aveva respinto l’istanza, ritenendo che la notevole distanza temporale e la diversità dei luoghi indicassero una nuova e autonoma “pulsione delinquenziale”, piuttosto che la prosecuzione di un piano originario.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici hanno ritenuto corretta la valutazione secondo cui non sussistevano gli elementi per riconoscere un’unica programmazione criminosa tra i fatti giudicati.

Le Motivazioni della Corte sul disegno criminoso

La sentenza si basa su tre argomenti principali che hanno portato al rigetto del ricorso.

1. La Distanza Temporale non è Annullata dalla Detenzione: La Corte ha chiarito che il periodo di detenzione trascorso tra un reato e l’altro non azzera la distanza temporale. Questo lasso di tempo rimane un parametro fondamentale per valutare l’esistenza di un piano unitario. Anzi, secondo i giudici, l’arresto e la condanna dovrebbero agire come una “controspinta psicologica a delinquere”, interrompendo eventuali piani preesistenti e rendendo meno probabile che un reato successivo sia parte dello stesso progetto iniziale.

2. La Diversità dei Luoghi come Indice di una Nuova Attività: La Corte ha dato peso anche alla notevole distanza geografica tra i luoghi di commissione dei reati (oltre 300 chilometri). La capacità del condannato di reperire ingenti quantità di stupefacenti in una città completamente diversa, peraltro mentre era agli arresti domiciliari, è stata interpretata come prova della capacità di attivare nuovi canali di fornitura, non immaginabili al tempo dei primi reati. Questo elemento suggerisce una nuova iniziativa criminale piuttosto che l’attuazione di un piano concepito in precedenza.

3. L’Insufficienza del Movente Economico Generico: Infine, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: né la medesima indole dei reati né un generico bisogno economico sono, da soli, sufficienti a dimostrare l’esistenza di un disegno criminoso. La programmazione unitaria richiesta dall’art. 81 c.p. non può essere confusa con una generica tendenza a delinquere per risolvere i propri problemi economici. È necessario provare un fine specifico, un movente-scopo che abbia dato origine a una deliberazione unitaria per la commissione di più reati.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un importante principio: per ottenere il beneficio della continuazione, non basta che i reati siano simili o motivati da bisogni generici. È onere del condannato fornire elementi concreti che dimostrino una programmazione iniziale e unitaria di tutte le condotte criminose. La distanza temporale e geografica, lungi dall’essere irrilevanti, costituiscono forti indizi contrari, che possono essere superati solo con prove specifiche di un piano concepito fin dall’origine e mai interrotto, nemmeno da periodi di detenzione.

La detenzione tra un reato e l’altro annulla la distanza temporale ai fini della continuazione?
No, la detenzione intermedia non azzera la distanza temporale, che resta un parametro di valutazione. Anzi, secondo la Corte, può rappresentare una ‘controspinta psicologica a delinquere’ che interrompe il piano originario.

Commettere reati dello stesso tipo è sufficiente per dimostrare un disegno criminoso?
No, la medesima tipologia di reato è solo uno degli indici da valutare. Da sola non è sufficiente a provare un disegno criminoso se altri elementi, come la significativa distanza di tempo e di luogo, depongono in senso contrario.

Il bisogno di procurarsi denaro può giustificare il riconoscimento del disegno criminoso?
No, una generica spinta a delinquere per motivi economici non si identifica con il ‘disegno criminoso’. Quest’ultimo richiede una programmazione specifica e unitaria dei reati, non una semplice tendenza a risolvere i propri problemi esistenziali commettendo illeciti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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