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Disegno criminoso: no alla continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra due reati associativi legati al narcotraffico. La Corte ha stabilito che la partecipazione a due distinti sodalizi criminali non è sufficiente a provare un unico disegno criminoso, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione che aveva negato l’unificazione delle pene per assenza di una programmazione unitaria iniziale.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Quando la Partecipazione a Due Clan Non Integra la Continuazione

L’applicazione dell’istituto della continuazione tra reati è una questione centrale nel diritto penale, poiché incide direttamente sulla quantificazione della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del concetto di disegno criminoso, stabilendo che la semplice partecipazione a due diverse associazioni criminali, anche se operanti nello stesso settore e periodo, non è sufficiente per ottenere il beneficio. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato in due procedimenti penali separati. La prima condanna lo vedeva come promotore di un’associazione dedita al narcotraffico, operante in un’area specifica dal 2011 al 2018. La seconda condanna, invece, lo qualificava come partecipe di un’altra e distinta organizzazione criminale, capeggiata da un altro soggetto, dalla quale il primo gruppo si riforniva di stupefacenti fino al 2015.

L’interessato si è rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo il riconoscimento della continuazione tra le due condotte, sostenendo che la sua partecipazione al secondo sodalizio fosse funzionale e programmata sin dall’inizio per sostenere l’attività del gruppo da lui promosso. La Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza, ritenendo assente la prova di un unico disegno criminoso iniziale. Di qui, il ricorso in Cassazione.

La Valutazione del Medesimo Disegno Criminoso

Il ricorrente ha sostenuto che, sebbene i ruoli e le strutture delle due associazioni fossero diverse, la sua adesione alla seconda fosse complementare alla prima, realizzando una comune deliberazione criminosa. La sovrapposizione temporale e geografica, a suo dire, avrebbe dovuto essere considerata un indice decisivo dell’unicità del piano.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, riaffermando i principi consolidati in materia. Il riconoscimento della continuazione richiede una verifica rigorosa per accertare se, al momento della commissione del primo reato, i reati successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. Elementi come l’omogeneità dei reati o la vicinanza temporale e spaziale sono solo indizi, ma non sono sufficienti da soli a dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte di appello, giudicandola ben motivata e priva di vizi logici. L’apprezzamento sull’unicità o pluralità delle determinazioni criminali spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da un’argomentazione congrua.

Le Motivazioni

I giudici hanno evidenziato che l’ordinanza impugnata si basava su elementi significativi che deponevano per l’assenza di un legame finalistico unitario. In particolare, è emerso che il rapporto con il capo del secondo clan era preesistente alla costituzione del primo gruppo. Inoltre, il clan del ricorrente disponeva di plurime fonti di approvvigionamento, dimostrando una propria distinta capacità operativa non interamente dipendente dal secondo sodalizio.
Questi fattori, secondo la Corte, diversificano in modo netto i due fenomeni di criminalità associativa e orientano verso l’esclusione di una programmazione unitaria. Le censure del ricorrente sono state quindi qualificate come contestazioni di mero fatto, inidonee a scalfire la logicità del giudizio di merito e pertanto estranee all’ambito del controllo di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il beneficio della continuazione, non basta dimostrare una connessione logica o funzionale tra i reati, ma è necessario provare che essi discendono da un’unica deliberazione iniziale. L’onere della prova grava su chi richiede il beneficio e la valutazione del giudice di merito, se adeguatamente motivata, è difficilmente superabile in Cassazione. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di un’analisi fattuale approfondita per distinguere tra una sequenza di reati autonomi e una serie di condotte avvinte dal vincolo del medesimo disegno criminoso.

Quando si può applicare la continuazione tra reati?
La continuazione si applica quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando i reati successivi erano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo.

La partecipazione a due diverse associazioni a delinquere è sufficiente per dimostrare un unico disegno criminoso?
No. Secondo la sentenza, l’inserimento in compagini associative differenti, anche se finalizzate a commettere reati simili, non costituisce di per sé un elemento sufficiente per ritenere l’identità del disegno criminoso, in assenza di altri elementi probatori più significativi.

Quali elementi valuta il giudice per escludere il disegno criminoso in questo caso?
Il giudice ha considerato la preesistenza del rapporto con il capo della seconda associazione, la pluralità delle fonti di approvvigionamento del primo clan e la sua distinta e separata capacità operativa. Questi fattori indicavano due fenomeni criminali distinti e non una programmazione unitaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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