Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 815 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 815 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME SalvatoreCOGNOME nato a Napoli il 25/04/1966
avverso l’ordinanza del 20/09/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di NOME COGNOME intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a condotte di reato, separatamente giudicate, integranti violazione degli artt. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U. stup.).
COGNOME risulta infatti condannato:
con sentenza 4 novembre 2022 della Corte di appello di Napoli,, irrevocabile dal 10 novembre 2023, quale promotore di un sodalizio, dedito al narcotraffico, operante all’interno del parco INDIRIZZO di Somma Vesuviana nel periodo dal 2011 sino al 2018, e quale autore di una singola condotta di spaccio;
con sentenza 20 dicembre 2021 della medesima Corte, irrevocabile dal 18 gennaio 2023, quale partecipe, sino al 2015, al distinto sodalizio di narcotraffico capeggiato da NOME COGNOME dal quale il primo clan si approvvigionava in via concorrente.
Il giudice dell’esecuzione escludeva che l’inserimento dell’istante in compagini associative differenti, finalizzate alla perpetrazione dei medesimi reati, costituisse elemento sufficiente per ritenere l’identità del disegno criminoso, ir assenza di elementi rappresentativi dotati di maggiore pregnanza. E, sotto tale ultimo profilo, non emergeva affatto che COGNOME, al momento di promuovere la costituzione del primo sodalizio, avesse già programmato, sia pure per linee. generali, la sua adesione al secondo.
Il condannato ricorre per cassazione, con il ministero del suo difensore di fiducia.
Nei due motivi di ricorso, tra loro connessi e passibili di illustrazione congiunta, nei limiti indicati dall’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
L’esclusione dell’identità di disegno criminoso, ad opera dell’ordinanza impugnata, non sarebbe conforme al paradigma legale, né sarebbe sorretta da argomentazioni congrue e convincenti.
Scontata essendo la diversità strutturale delle due compagini, e il diverso ruolo che il ricorrente assumeva in ciascuna di esse, sarebbe evidente contrariamente a quanto ritenuto dal giudice dell’esecuzione – come COGNOME avesse concepito l’instaurazione di un rapporto stabile e duraturo con COGNOME e il suo gruppo, che già in precedenza lo rifornivano di droga, sin dal promovimento del sodalizio avente nel parco Fiordaliso la sua piazza di spaccio. Da tale momento COGNOME avrebbe preso ad acquistare regolarmente, e a
finanziare, il sodalizio COGNOME, finendo per diventare, per ciò solo, partecipe della relativa associazione. Ecco che i ruoli ricoperti nelle due compagini, quantunque diversi, sarebbero immediatamente divenuti complementari, nonché funzionali alla realizzazione di una comune deliberazione criminosa.
Quest’ultima sarebbe avallata dalla perfetta sovrapponibilità temporale e geografica dei due fenomeni di delinquenza associativa, indice rivelatore principale dell’unicità di disegno criminoso, e non sarebbe viceversa smentita non trattandosi di fattore realmente incompatibile – dall’esistenza di canali di approvvigionamento ulteriori a disposizione del clan da COGNOME stesso promosso.
L’indagine specifica sulla natura dei sodalizi interessati, sulla loro concreta operatività e continuità, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale e dei programmi perseguiti, rafforzerebbe definitivamente la conclusione dal ricorrente propug nata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, nelle connesse prospettazioni oggetto dei motivi, congiuntamente esaminabili, non è fondato.
Secondo quanto questa Corte ha costantemente affermato, anche nella sua più autorevole composizione (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074-01), il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali.
L’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione dì fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01).
Da quest’ultima non si può infatti prescindere, giacché la ratio della disciplina va ravvisata, con riferimento all’aspetto intellettivo, nella iniziale previsione della ricorrenza di più azioni criminose rispondenti a determinate finalità dell’agente e, in relazione al profilo della volontà, nell’elaborazione di un programma di massima, ancorché richiedente, di volta in volta, in sede
attuativa, ulteriori specifiche volizioni (Sez. 1, n. 34502 del 02/07/2015, COGNOME, Rv. 264294-01).
Il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine di stabilire l’unicità d disegno criminoso – serie altresì includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni in rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unicità o pluralità delle originarie determinazioni – è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, COGNOME Rv. 187740-01).
L’ordinanza impugnata costituisce esercizio bilanciato e ragionevole della menzionata discrezionalità giudiziale, avendo essa plausibilmente rilevato l’assenza di un chiaro legame finalistico tra le condotte associative di causa, pur contigue dal lato spaziale e temporale.
La valutazione giudiziale è sostenuta da significativi elementi, uno dei quali la risalenza del rapporto di cointeressenza criminale con NOME COGNOME a data antecedente il promovimento, ad opera del ricorrente, del proprio autonomo clan – emergente dallo stesso ricorso.
Tale elemento si associa all’obiettiva pluralità delle fonti di approvvigionamento a disposizione del clan stesso e alla separata e distinta capacità operativa di cui quest’ultimo era dotato.
Si tratta di fattori, che l’ordinanza impugnata ineccepibilmente rimarca e che diversificano ampiamente i due fenomeni di criminalità associativa, orientando altresì per l’esclusione di una programmazione unitaria.
A fronte di ciò, le censure del ricorrente si risolvono in contestazioni di mero fatto, inidonee ad infirmare il giudizio di merito logicamente argomentato e comunque estranee all’ambito del sindacato che la legge processuale riserva alla Corte di legittimità.
Seguono la reiezione del ricorso e la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 05/12/2024