Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47694 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47694 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TRENTO il 18/01/1990
avverso l’ordinanza del 20/08/2024 del Tribunale di Trento visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha
chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trento – in funzione di giudice dell’esecuzione – ha disatteso l’istanza presentata nell’interesse di NOME Raidich, volta alla unificazione sotto il vincolo della continuazione di plurimi delitti contro il patrimonio, tra loro gi unificati in tre distinti gruppi, comprendenti rispettivamente:
reati commessi il 13/07/2011 e il 08/09/2011 (nell’ordinanza suddetta indicati sub A e D, oggetto di sentenze emesse dal Tribunale di Trento, rispettivamente, il 28/01/2013 e il 25/09/2013);
reati commessi dal 10/01/2014 al 05/02/2014 (nell’ordinanza suddetta indicati sub B, C ed E, oggetto di sentenze emesse, rispettivamente, dal Tribunale di Rovereto il 07/02/2014 e dal Tribunale di Trento il 04/01/2016);
reati commessi dal 20/08/2016 al 07/01/2017 (nell’ordinanza suddetta indicati sub G ed I, oggetto di sentenze emesse dal Tribunale di Trento, rispettivamente, il 14/10/2019 ed il 18/05/2017).
Con la precedente ordinanza datata 28/07/2023, erano stati esclusi dal novero dei reati unificati in continuazione quelli ivi indicati sub F, .3 ed H (sentenze del Tribunale di Trento, per fatti rispettivamente risalenti al 19/08/2017, al 12/10/2017 e al 05/03/2018); la medesima decisione ha rigettato anche l’istanza finalizzata alla unificazione in continuazione di tutti i reati dei quali si è re protagonista il Raidich (fatti indicati nell’ordinanza dalla lettera A alla lettera J)
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo un motivo unico, mediante il quale vengono cumulativamente denunciati i vizi ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 81 cod. pen., deducendosi, conseguentemente, la sussistenza di una motivazione illogica e illegittima. In ipotesi difensiva, l’errore commesso dal Giudice dell’esecuzione si anniderebbe nel fatto di non aver reputato evocative del medesimo disegno criminoso due sentenze, che sono state pronunciate in epoca posteriore, rispetto all’ordinanza del luglio 2023, a mezzo della quale era stata come sopra accennato – disattesa la richiesta di unificazione in continuazione. Nonostante tali sentenze abbiano portato a un esito di improcedibilità dell’azione penale (l’una ex art. 162-ter cod. pen. e l’altra in conseguenza della intervenuta remissione di querela) esse comunque attestano la sussistenza dei reati commessi, e, quindi, sono elementi da valutare in punto di unicità del disegno criminoso.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
La tesi del ricorrente non può essere condivisa, risultando coerente e lineare l’apparato motivazionale adottato dal provvedimento impugnato; anche a voler valorizzare, peraltro, le condotte delittuose relative ai procedimenti dichiarati improcedibili, esse appaiono espressione di un programma di vita improntato al crimine, piuttosto che della sussistenza dell’istituto in esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Integrando brevemente quanto già sintetizzato in parte narrativa, può dirsi che – a carico del Raidich – sono state pronunciate plurime condanne, derivanti dalla commissione di reati contro il patrimonio. I reati che hanno costituito la scaturigine di tali condanne sono stati – in forza di precedenti provvedimenti – già unificati sotto il vincolo della continuazione; sono stati però individuati tre distinti gruppi di episodi, mentre si è esclusa la sussistenza di una preventiva ideazione unitaria, con riferimento a tre fatti delittuosi. Con ordinanza del luglio 2023, è stata disattesa la auspicata unificazione totale dei suddetti tre gruppi di reati.
2.1. L’istanza rigettata mediante l’avversato provvedimento, dunque, aveva reiterato la richiesta di unificazione di tutti gli episodi, ponendo fondamento della domanda l’esistenza di due reati ulteriori, i cui procedimenti si sono conclusi con sentenze posteriori rispetto al luglio 2023 (uno dei procedimenti è culminato nell’estinzione del reato per remissione di querela; l’altro reato è stato dichiarato estinto per esistenza di condotte riparatorie, ai sensi dell’art. 162-te cod. pen.). In ipotesi difensiva, sostanzialmente, l’esistenza di tali due reati costituirebbe l’anello di congiunzione prima restato carente, non solo fra i tre gruppi di reati tra loro già riuniti in continuazione, bensì anche fra tutta la fil di fatti posti in essere dal condannato.
2.2. La tesi esposta dalla difesa è del tutto insostenibile.
E infatti, gli indici sintomatici dell’unitarietà progettuale, che si pone qual base concettuale dei reati oggetto dell’istanza di applicazione dell’istituto della continuazione, devono essere ricercati nell’esame delle sentenze accertative dei reati stessi. Gli elementi fondanti l’istituto della continuazione, in executivis, possono emergere esclusivamente, pertanto, dagli accertamenti sussunti in sentenze passate in giudicato. Solo tale tipologia di decisione, configurando le connotazioni concrete dell’elemento oggettivo e dell’elemento soggettivo di ogni singolo reato oggetto dell’istanza, ne espone i connotati idonei a corroborare – o a smentire – l’ipotizzata medesimezza del disegno criminoso. Le sentenze
accertative di altri fatti, afferenti a reati di cui sia stata dichiarata l’estinzio art. 162-ter cod. pen. – o a fatti in relazione ai quali sia stato dichiarato non doversi procedere per mancanza di querela – possono essere introdotte se e laddove contengano elementi idonei a riflettersi sulla prova del disegno criminoso, inerente ai reati oggetto dell’istanza.
Nella concreta fattispecie, le due vicende non esitate in condanne vengono prospettate quali elementi rilevanti, al fine di rendere meno evidente lo iato temporale esistente, fra i reati appartenenti a ciascun gruppo di reati unificati. Il giudice dell’esecuzione, confrontandosi adeguatamente con l’argomentazione difensiva, ha però ritenuto il dato in sé non decisivo e, comunque, privo di effettiva attitudine scardinante, rispetto al quadro complessivo, già negativamente valutato in precedenza. Chiaro è che – non venendo in rilievo reati acclarati nella loro compiuta essenza – i fatti diversi da quelli oggetto delle sentenze di condanna risultano, già sulla base di tale ragione, radicalmente inidonei a influire decisivamente sull’accertamento della preventiva ideazione unitaria, afferente ad altre fattispecie antigiuridiche.
In corrispondenza di ciò, l’elemento finalistico comune deve essere oggetto di accertamento secondo il parametro valutativo costituito dai reati oggetto di sentenze di condanna e che siano specificamente richiamate nell’istanza di applicazione dell’istituto della continuazione; la ricerca dei rispettivi elementi costitutivi, nonché dei relativi indici sintomatici, va allora tratta, essenzialmente dai titoli giudiziari che, in sede cognitiva, li hanno accertati (proprio per questa ragione, infatti, l’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. – in tema di applicazione sede esecutiva della disciplina del concorso formale e del reato continuato prevede come indispensabile l’acquisizione delle sentenze e dei decreti di condanna).
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese -/kocessuali.
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t v. GLYPH Così deciso in Roma, 22 novembre 2024.