Unico Disegno Criminoso? Non Basta il Dubbio: La Cassazione Fa Chiarezza
L’istituto del disegno criminoso, previsto dall’articolo 81 del codice penale, è uno strumento fondamentale nel diritto penale che consente di unificare più reati sotto un’unica pena, mitigando il trattamento sanzionatorio. Tuttavia, i suoi confini non sono sempre netti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui rigidi criteri necessari per il suo riconoscimento, specialmente quando i reati contestati sono di natura profondamente diversa. La decisione sottolinea come la prova di un piano unitario debba essere rigorosa, escludendo che il semplice dubbio possa bastare.
Il Caso in Analisi: Droga e Documenti Falsi
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo che aveva richiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere la continuazione tra due distinti gruppi di reati per i quali era stato condannato con sentenze separate. I reati in questione erano:
1. Gravi delitti legati al narcotraffico.
2. Il possesso di documenti di identificazione falsi (carta d’identità e patente), un reato previsto dall’art. 497-bis c.p., accertato durante un fermo a Roma.
La richiesta mirava a ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole, unificando le pene sotto il vincolo di un unico disegno criminoso. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto l’istanza, ritenendo che mancassero i presupposti per considerare i due illeciti come parte di un unico progetto iniziale.
La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione
La Corte d’Appello di Catanzaro aveva negato la continuazione evidenziando diversi elementi ostativi:
* Eterogeneità delle condotte: il narcotraffico e il possesso di documenti falsi sono reati molto diversi.
* Distanza temporale: un lasso di tempo significativo separava i due fatti.
* Assenza di pianificazione unitaria: non vi era prova che il possesso dei documenti falsi fosse stato programmato sin dall’inizio, insieme alle attività di spaccio.
Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, il giudice di merito non avrebbe valutato correttamente gli elementi a favore di una lettura unitaria dei fatti.
Le Motivazioni della Cassazione sul Disegno Criminoso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in pieno la decisione della Corte d’Appello e fornendo importanti chiarimenti sui requisiti del disegno criminoso.
Eterogeneità e Mancanza di un Programma Unitario
Il punto centrale della motivazione risiede nell’assenza di prova di un’originaria e unitaria progettazione criminale. La Corte ha ribadito che, per aversi continuazione, non è sufficiente che un reato sia commesso dopo un altro, ma è indispensabile dimostrare che entrambi fossero parte di un programma deliberato ab origine. Nel caso specifico, il possesso dei documenti falsi, scoperto in un contesto (un fermo a Roma) e in un momento successivo, non appariva collegato in modo programmatico alle precedenti attività di narcotraffico, svoltesi in luoghi e tempi diversi. L’eterogeneità delle condotte è stata considerata un forte indicatore dell’assenza di un piano unitario.
L’Onere della Prova e il Ruolo del Principio del “Favor Rei”
Un passaggio cruciale dell’ordinanza riguarda l’onere della prova e l’applicabilità del principio del “favor rei” (il principio del dubbio a favore dell’imputato). La Cassazione, citando una propria precedente pronuncia (Sez. 1, n. 30977/2019), ha affermato che l’accertamento dell’identità del disegno criminoso in fase esecutiva non può essere suffragato dal semplice dubbio sulla sua esistenza. Il riconoscimento della continuazione incide sulla certezza di una sentenza già passata in giudicato, e pertanto richiede una prova concreta e positiva. Il principio del “favor rei” non può essere invocato per creare una sorta di “presunzione” di continuazione in assenza di elementi di prova certi.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per beneficiare della continuazione, non basta affermare l’esistenza di un disegno criminoso, ma occorre provarlo con elementi concreti. La difesa deve dimostrare che tutti i reati, anche quelli di natura diversa e commessi a distanza di tempo, erano stati previsti e deliberati in un unico momento programmatico iniziale. In assenza di tale prova rigorosa, i reati rimangono distinti e le pene vengono cumulate materialmente. Questa decisione rafforza la necessità di un’analisi fattuale approfondita da parte dei giudici dell’esecuzione, escludendo automatismi e interpretazioni estensive che potrebbero minare la certezza del giudicato.
È possibile ottenere la continuazione tra reati di natura molto diversa, come lo spaccio di droga e il possesso di documenti falsi?
No, non automaticamente. La Cassazione ha chiarito che l’eterogeneità delle condotte è un forte indicatore contro l’esistenza di un unico disegno criminoso. È necessario dimostrare con prove concrete che anche il secondo reato era stato programmato fin dall’inizio come parte di un unico piano complessivo.
Cosa si intende per ‘unico disegno criminoso’ ai fini della continuazione del reato?
Si intende un piano iniziale e unitario che prevede la commissione di una serie di reati. Non è sufficiente una generica inclinazione a commettere illeciti, ma serve una programmazione specifica deliberata in un’unica occasione, anche se i reati vengono poi attuati in momenti diversi.
Se c’è un dubbio sull’esistenza del disegno criminoso, il giudice deve applicare il principio del ‘favor rei’ e concedere la continuazione?
No. In fase di esecuzione della pena, la Cassazione ha stabilito che l’accertamento dell’identità del disegno criminoso non può basarsi sul dubbio. Poiché la continuazione incide sulla certezza di una sentenza già definitiva, la sua esistenza deve essere provata e non semplicemente presunta o ipotizzata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17403 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17403 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il 20/02/1977
avverso l’ordinanza del 09/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 9 marzo 2023, con la quale la Corte di appello di Catanzaro ha respinto l’istanza avanzata da NOME COGNOME volta ad ottenere il riconoscimento della continuazione tra i fatti oggetto delle sentenze sub 1) e 2) del provvedimento impugnato;
Letta la memoria difensiva del 07/04/2025, con la quale il ricorrente ha insistito nei motivi di ricorso, ulteriormente ribadendo gli argomenti già proposti;
Ritenuto che, con unico articolato motivo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., si lamenta erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen. e dell’art. 671 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione;
che in realtà il ricorrente propone un’alternativa lettura degli elementi già valutati dal giudice dell’esecuzione con adeguata motivazione, immune da fratture logiche e rispettosa delle risultanze;
che il giudice a quo ha specificamente motivato con riguardo a tutti gli indicatori dell’unicità del disegno criminoso, quali l’eterogeneità delle condotte, la distanza temporale tra le stesse e l’assenza di una pianificazione unitaria, sottolineando i profili incompatibili con la previa programmazione degli illeciti e quelli privi di significato univoco rispetto al prospettato unico disegno criminoso;
che la condotta di cui all’art. 497-bis cod. pen. con il rinvenimento di carta di identità e patente di guida falsi nella disponibilità di COGNOME a Roma il 24/01/2017, in occasione dell’esecuzione di un fermo a suo carico, non è stata ritenuta collegata a quelle di narcotraffico, iniziate in epoca antecedente e svoltesi in diversi luoghi che doveva quindi ritenersi indimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi anche della condotta di cui alla sentenza sub 2), in base ai principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01), poiché non sono stati considerati elementi dimostrativi del fatto che la condotta di cui all’art. 497-bis cod. pen. sia stata programmata prima di quelle oggetto della sentenza sub 1) l’occasionale intersecazione dei tempi e dei luoghi di commissione degli stessi;
che l’accertamento dell’identità del disegno criminoso non può essere suffragato dal dubbio sulla sua esistenza, in ossequio al principio del “favor rei”, in quanto il riconoscimento della continuazione tra reati incide sulla certezza del giudicato in relazione al profilo della irrogazione della pena (Sez. 1,n. 30977de1 26/06/2019);
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 17 aprile 2025
Il Co igliere estensore
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