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Disegno criminoso: la Cassazione nega la continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per bancarotta fraudolenta e truffa. L’imputato chiedeva di unificare le pene sostenendo un unico disegno criminoso. La Corte ha negato tale beneficio, evidenziando che la notevole distanza temporale tra i reati, l’eterogeneità degli stessi e la parziale coincidenza dei complici indicavano un’abitualità a delinquere piuttosto che un piano preordinato.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: La Cassazione Nega la Continuazione tra Reati Distanti nel Tempo

Nel diritto penale, il concetto di disegno criminoso è fondamentale per l’applicazione dell’istituto della continuazione, un meccanismo che consente di mitigare la pena per chi ha commesso più reati legati da un unico piano. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5836/2024) offre un’importante lezione su quali siano i limiti di questo beneficio, distinguendo nettamente un piano preordinato da una semplice inclinazione a delinquere. Il caso riguarda un imprenditore condannato per bancarotta fraudolenta e truffa, che si è visto negare l’unificazione delle pene a causa della distanza temporale e della natura eterogenea dei suoi illeciti.

I Fatti del Caso: Un Appello per Unificare le Pene

L’imputato era stato condannato con tre sentenze separate, emesse da diversi tribunali, per reati di truffa in concorso e bancarotta fraudolenta legati alla gestione fallimentare di tre distinte società. Ritenendo che tutte queste azioni facessero parte di un unico progetto criminale, ha presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra i reati, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale. L’obiettivo era ottenere una pena complessiva più favorevole.

La Corte d’Appello di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. Secondo i giudici, diversi elementi ostacolavano il riconoscimento di un unico piano: la notevole distanza temporale tra i fatti, la diversità dei luoghi in cui erano stati commessi e la coincidenza solo parziale dei complici. La Corte aveva concluso che lo schema operativo dell’imputato – rilevare società in crisi per poi svuotarle – non dimostrava un piano unitario, ma piuttosto un’abitualità nel delinquere.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di disegno criminoso

Investita del caso, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando il ricorso inammissibile. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi cardine per la valutazione del disegno criminoso, sottolineando che non è sufficiente una generica somiglianza nel modus operandi per ottenere il beneficio della continuazione.

Le Motivazioni: Perché non si tratta di un unico disegno criminoso?

La Cassazione ha smontato le argomentazioni della difesa, basando il proprio rigetto su indicatori concreti che escludevano l’esistenza di un programma criminoso unitario.

1. Distinzione tra Abitualità e Programmazione Unitaria
Il punto centrale della sentenza è la distinzione tra un “programma di vita delinquenziale” e un “medesimo disegno criminoso”. Il primo indica una propensione generale a commettere reati dello stesso tipo ogni volta che se ne presenta l’occasione. Il secondo, invece, richiede una programmazione specifica e anticipata di una serie di illeciti, decisa almeno nelle sue linee essenziali prima di commettere il primo reato. Nel caso di specie, il comportamento dell’imputato è stato qualificato come espressione di abitualità criminale, frutto di determinazioni estemporanee e opportunistiche, non di un piano concepito a monte.

2. Il Peso Decisivo della Distanza Temporale
La difesa aveva sostenuto che i giudici di merito avessero erroneamente considerato le date delle sentenze di fallimento invece che quelle delle condotte, che si sarebbero concentrate in un arco di quattro anni. La Cassazione ha ritenuto questa argomentazione irrilevante. Anche considerando il periodo delle condotte, il lasso di tempo tra i diversi episodi criminali (circa un anno tra il primo e il secondo, e tre anni tra il primo e il terzo) era troppo ampio per far presumere l’esistenza di un piano unitario. Un intervallo temporale così significativo, in assenza di altri elementi forti, rende improbabile che i reati successivi fossero stati programmati fin dall’inizio.

3. Eterogeneità dei Reati e dei Complici
Un altro fattore determinante è stata la natura diversa dei reati contestati (bancarotta fraudolenta e truffa) e il fatto che i complici non fossero sempre gli stessi. Questi elementi, secondo la Corte, frammentano ulteriormente il quadro e rafforzano l’idea di episodi criminali distinti e autonomi, piuttosto che tappe di un unico percorso deliberato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il beneficio della continuazione non basta dimostrare di aver commesso reati simili con uno schema ripetitivo. È onere dell’imputato provare che, al momento della commissione del primo reato, aveva già programmato i successivi, almeno nelle loro linee guida. In questo contesto, il fattore tempo assume un ruolo cruciale: un ampio intervallo tra i reati è un indicatore potente, e spesso decisivo, contro l’esistenza di un disegno criminoso unitario. La decisione insegna che un modus operandi consolidato, se non supportato da prove di una programmazione iniziale, viene interpretato dalla giurisprudenza non come un piano unico, ma come una più grave e radicata abitudine a delinquere.

Quando si può chiedere la “continuazione” tra reati diversi?
La continuazione può essere chiesta quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando sono stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, prima della commissione del primo reato.

La distanza di tempo tra un reato e l’altro impedisce il riconoscimento del disegno criminoso?
Sì, un ampio lasso di tempo tra le violazioni è considerato un elemento decisivo che rende improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria e predeterminata, specialmente in assenza di altri indicatori forti che provino il contrario.

Qual è la differenza tra un “disegno criminoso” e una semplice “abitualità a delinquere”?
Il “disegno criminoso” implica una programmazione unitaria e anticipata di una serie specifica di reati. L'”abitualità a delinquere”, invece, descrive una generica propensione a commettere reati dello stesso tipo quando si presentano occasioni favorevoli, senza una pianificazione iniziale che li leghi tutti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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