Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30175 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30175 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Commessaggio il 5/08/1941
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 della Corte d’appello di Brescia udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale , A. NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa, avv. NOME COGNOME con p.e.c. del 27/05/2025, ha fatto pervenire memoria di replica con la quale, ulteriormente argomentando il ricorso, ha chiesto l’accoglimento de l motivo.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Brescia ha rigettato la richiesta proposta da NOME COGNOME di riconoscimento della continuazione tra reati giudicati con due sentenze di condanna, divenute definitive, relative al delitto di cui all’art. 648 -bis cod. pen. uno commesso in Aosta il 3 marzo 2016, l’altro in Brescia il 14 aprile 2017.
Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, affidando il ricorso ad un unico motivo con il quale si deduce manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui afferma l’assenza di contiguità temporale tra le condotte nonché mancanza di motivazione con riferimento alla condizione di indigenza del condannato.
Il Giudice dell’esecuzione ha analizzato le sentenze ritenendo che i due episodi delittuosi sono stati realizzati in luoghi e circostanze diverse nonché da
soggetti diversi e che i fatti sono avvenuti a circa un anno di distanza l’uno dall’altro. L’ordinanza reputa, quindi, le deliberazioni criminose occasionali e contingenti, espressione della disponibilità dell’imputato di accettare incarichi di trasporto di vetture rubate o oggetto di riciclaggio per conto di bande criminali diverse tra loro senza collegamento.
Il ricorrente sostiene che la distanza temporale tra i fatti si riferisce alla data di accertamento dei reati, quando l’imputato è stato sorpreso alla guida dei veicoli in uscita dallo stato italiano. Tuttavia, il delitto di riciclaggio è reato a consumazione anticipata la cui commissione non coincide con l’accertamento del delitto ma con il compimento delle operazioni volte a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene.
Dunque, per il ricorrente, il Giudice avrebbe dovuto soffermarsi sul momento in cui erano state compiute le condotte di carattere commissivo sfociate nel delitto di riciclaggio onde accertare l’indice della contiguità temporale.
Le date riportate dal ricorrente, quanto al rilascio di una falsa carta di circolazione, di una procura autenticata nonché di un falso contratto di assicurazione, risalente, la prima, alla data del 14 febbraio 2016, consentirebbero di sovrapporre dal punto di vista temporale il fatto accertato con la sentenza sub b) a quello di cui alla sentenza sub a) (accertato il 3 marzo 2016).
Il ricorrente, in secondo luogo, aveva devoluto un tema – quello della condizione di indigenza dell’imputato al momento della commissione dei reati da esaminare in combinato disposto rispetto all’accettazione di incarichi di trasporto di vetture rubate oggetto di riciclaggio per conto di terzi.
Questi versava in una condizione di bisogno o, comunque, in cattive condizioni economiche, situazione soggettiva tale da integrare la finalità di reperire danaro per far fronte a uno stato perdurante nel tempo idoneo a integrare l’identità del disegno criminoso. La condizione di estrema difficoltà economica è stata tuttavia del tutto trascurata dal Giudice dell’esecuzione tenuto conto che COGNOME all’epoca viveva con una pensione minima al limite della soglia di sopravvivenza ed era in stato di grave bisogno economico, oltre ad essere in età avanzata tale da non consentirgli di svolgere attività lavorativa.
Si tratta, quindi, per il ricorrente, di reati che sono stati commessi allo scopo di sopperire alle condizioni economiche disagiate in cui versava il condannato.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa ha fatto pervenire memoria di replica con la quale ulteriormente specificando il ricorso, ne ha chiesto l ‘ accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. La condizione economica di indigenza, pur puntualmente dedotta con l’istanza ( cfr. richiesta di continuazione allegata al ricorso) sembra valorizzare, più che un indice significativo della sussistenza del medesimo disegno criminoso, un vero e proprio motivo a delinquere anche se, effettivamente, su tale deduzione il provvedimento impugnato non si diffonde.
Tuttavia, il ricorrente non illustra, nella presente sede, circostanze specifiche, quanto al momento di preordinazione dei delitti, a fronte di una motivazione di rigetto che segnala, in ordine alle modalità esecutive delle condotte, significative diversità di queste, esponendo che i reati sono stati attuati su mandato di soggetti diversi e rimarcando i tempi diversi relativi alla raggiunta disponibilità dei veicoli poi riciclati.
L’impostazione seguita dal Giudice dell’esecuzione appare conforme alla giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 5, n. 5101 del 30/03/1999, COGNOME, Rv. 213197 -01) secondo la quale, in tema di reato continuato, la semplice tendenza a delinquere del soggetto, ovvero la presenza di un programma generico di attività criminose, espressione di un costume di vita deviante, correlato al bisogno economico, non sono, di per sé, elementi indicativi dell ‘ esistenza della identità di un disegno criminoso, indispensabile per la riduzione ad unità delle diverse violazioni; è viceversa necessario che, sin dall’inizio, i singoli reati siano previsti e preordinati quali episodi attuativi di un unico programma delinquenziale (nella fattispecie esaminata, la Corte di cassazione ha definito insindacabile la valutazione del giudice di merito che aveva ritenuto che la condotta dell’imputato, cui era addebitata la emissione in ampio arco temporale di numerosissimi assegni “a vuoto”, fosse indice di una continuità nel delitto, espressione di una radicata abitudine di vita e non fosse, in quanto tale, riconducibile ad un’unica, precisa rappresentazione e determinazione criminosa).
La stessa istanza, invero, rende conto che COGNOME era stato incaricato da soggetti diversi (in una occasione, da cittadini albanesi, quanto alla Land Rover condotta in Albania, nell’altra, quanto alla vettura Land Rover con targa inglese, da portare in Francia, in tale ultimo caso senza indicare specificamente i mandanti ma comunque non attribuendo il mandato a soggetti di nazionalità albanese).
Inoltre, si deve rilevare che le date dei documenti che riporta analiticamente il ricorrente, essendo relative ad atti risultati falsi, non sono significative ai fini che interessano. Anzi, se si fa riferimento al furto delle vetture denunciato dai legittimi proprietari, questi distano tra loro un anno (la Land Rover con targa
inglese è denunciata come rubata il 10 febbraio 2016, quella condotta in Albania il 10 febbraio 2017).
1.2. Dunque, la motivazione, nel suo complesso, appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
Invero, l’unicità del disegno criminoso non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o, comunque, con una generale tendenza a delinquere e che neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacché siffatta definizione di dettaglio non sarebbe conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno”, e porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro possibile prevedibilità solo in via approssimativa. Necessita, invece, una programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, programmazione che può essere anche di massima, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di adattamento alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo, prefissato e sufficientemente specifico, gravando, peraltro, sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto indici in sé sintomatici, non di attuazione di un progetto criminoso unitario, quanto di un’abitualità criminoso e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 4 giugno 2025