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Disegno criminoso: la Cassazione nega la continuazione

Un individuo, condannato per due distinti reati di riciclaggio di veicoli, ha richiesto il riconoscimento del reato continuato basandosi su un presunto unico disegno criminoso motivato dal suo stato di indigenza. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la condizione di bisogno economico o una generica tendenza a delinquere non sono sufficienti a dimostrare un disegno criminoso. Per l’applicazione del reato continuato, è necessario provare che i diversi reati fossero stati programmati, almeno nelle linee generali, fin dall’inizio come parte di un unico piano.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato continuato: la povertà non dimostra un unico disegno criminoso

Quando più reati possono essere considerati come un unico crimine ai fini della pena? La risposta risiede nel concetto di disegno criminoso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 30175/2025) ha fornito importanti chiarimenti, specificando che né la condizione di indigenza né la semplice ripetizione di reati simili sono sufficienti, da sole, a provare l’esistenza di un piano unitario. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo condannato per due episodi distinti di riciclaggio di veicoli, commessi a distanza di circa un anno l’uno dall’altro. Il primo reato si è verificato ad Aosta nel marzo 2016, il secondo a Brescia nell’aprile 2017. L’uomo aveva chiesto ai giudici dell’esecuzione di riconoscere la “continuazione” tra i due reati. L’obiettivo era ottenere l’applicazione del regime del reato continuato, che prevede una pena più mite (la pena per il reato più grave, aumentata).

A sostegno della sua tesi, l’imputato ha evidenziato due elementi principali:
1. La contiguità temporale, che a suo dire non andava valutata sulla data di accertamento dei fatti, ma sul momento delle operazioni preparatorie.
2. La sua condizione di grave difficoltà economica, che lo avrebbe spinto a commettere entrambi i reati per sopperire a uno stato di bisogno perdurante.

La Corte d’appello ha rigettato la richiesta, e l’uomo ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sul disegno criminoso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione dei giudici di merito. Secondo la Suprema Corte, gli elementi portati dall’imputato non erano idonei a dimostrare l’esistenza di un disegno criminoso unitario e preordinato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni del ricorrente, basando la sua decisione su principi consolidati in giurisprudenza.

1. Stato di indigenza vs. Disegno Criminoso: I giudici hanno chiarito che la condizione di bisogno economico, sebbene possa essere il movente che spinge a delinquere, non si identifica con il disegno criminoso. Quest’ultimo richiede qualcosa di più: una programmazione iniziale che abbracci una pluralità di condotte illecite. Una generica “tendenza a delinquere” o un “costume di vita deviante” per far fronte a difficoltà economiche non configura automaticamente un piano unitario, ma può semplicemente indicare una scelta di vita criminale.

2. Mancanza di un Programma Unitario: Nel caso specifico, mancavano prove concrete di un piano preordinato. I due episodi di riciclaggio erano stati commissionati da soggetti diversi (cittadini albanesi nel primo caso, altri soggetti non identificati nel secondo) e i veicoli erano stati rubati a un anno di distanza l’uno dall’altro. Questi elementi indicavano deliberazioni criminose occasionali e contingenti, non l’attuazione di un unico progetto.

3. L’Onere della Prova: La Corte ha ribadito che spetta al condannato che invoca il reato continuato fornire elementi specifici e concreti a sostegno della sua richiesta. Non è sufficiente fare riferimento alla vicinanza temporale o all’identità del tipo di reato, poiché questi indici possono essere sintomatici di una semplice “abitualità” nel commettere illeciti, piuttosto che dell’esecuzione di un piano unitario.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per aversi reato continuato, non basta che i reati siano simili o motivati dalla stessa necessità economica. È indispensabile dimostrare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, come parte di un unico progetto finalizzato a un preciso scopo. In assenza di una tale programmazione iniziale, ogni reato resta autonomo, espressione di una determinazione estemporanea e non di un unico disegno criminoso.

Lo stato di povertà di una persona è sufficiente per dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso tra più reati?
No. Secondo la sentenza, lo stato di indigenza rappresenta un motivo a delinquere, ma non si identifica con il disegno criminoso. Quest’ultimo richiede una programmazione iniziale di più reati, non una generica tendenza a commettere illeciti per necessità economiche.

Per ottenere il riconoscimento del reato continuato, basta che i reati siano dello stesso tipo e commessi a breve distanza di tempo?
No. La vicinanza temporale e l’identità del tipo di reato non sono sufficienti. Se non supportati da altri elementi concreti, questi indici possono indicare un’abitualità a delinquere piuttosto che l’attuazione di un piano unitario e preordinato.

Chi ha l’onere di provare l’esistenza del disegno criminoso?
L’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno dell’esistenza di un unico disegno criminoso grava sul condannato che invoca l’applicazione della disciplina del reato continuato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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