Disegno Criminoso: La Cassazione Sottolinea l’Importanza dell’Arco Temporale
L’istituto del disegno criminoso rappresenta un cardine del diritto penale, consentendo di unificare più condotte illecite sotto un’unica visione strategica, con importanti conseguenze sul trattamento sanzionatorio. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 15015/2024) chiarisce come l’ampio arco temporale tra i reati possa essere un elemento decisivo per escluderlo, delineando il confine tra un piano preordinato e una semplice propensione a delinquere.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dal ricorso di un individuo condannato per diversi reati legati alla violazione della normativa sugli stupefacenti, commessi in un periodo che va dal 2011 al 2015. L’interessato si era rivolto al Giudice dell’esecuzione chiedendo di unificare le pene relative a tre diverse sentenze sotto il vincolo della continuazione, sostenendo che tutti i reati fossero espressione di un unico disegno criminoso.
Il Tribunale di Avezzano, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. La motivazione del rigetto si basava su una constatazione fondamentale: i fatti apparivano tra loro del tutto slegati, espressione di volizioni separate e sintomo di una generale propensione alla delinquenza, piuttosto che tappe di un piano concepito unitariamente sin dall’inizio. L’ampio lasso di tempo tra i diversi episodi criminosi rendeva, secondo il giudice, “impensabile” una preventiva ideazione unitaria.
La Decisione sul disegno criminoso in Cassazione
Di fronte al rigetto, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale e una motivazione illogica da parte del giudice dell’esecuzione riguardo agli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso.
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno stabilito che le censure del ricorrente non sollevavano questioni di legittimità (cioè errori di diritto), ma si traducevano in mere critiche di fatto. Questo tipo di valutazione è precluso in sede di Cassazione, il cui compito non è riesaminare le prove, ma verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.
Le Motivazioni: Arco Temporale Ampio e Assenza di un Piano Unitario
La Corte ha ritenuto la motivazione dell’ordinanza impugnata logica, coerente e priva di contraddizioni. Il punto centrale dell’argomentazione risiede nella valorizzazione di due elementi chiave:
1. Natura Slegata dei Fatti: I crimini, sebbene della stessa natura, non mostravano un collegamento intrinseco che potesse farli risalire a un progetto unitario iniziale. Apparivano come episodi distinti, frutto di decisioni autonome maturate nel tempo.
2. Ampiezza dell’Arco Temporale: Un periodo di quattro anni tra il primo e l’ultimo reato è stato considerato eccessivamente lungo per poter sostenere la tesi di un piano criminoso concepito in origine. Secondo la Corte, un lasso di tempo così esteso rende “viepiù impensabile la preventiva ideazione unitaria”, suggerendo piuttosto una tendenza a commettere reati ogni volta che se ne presenta l’occasione.
In sostanza, la Cassazione ha avallato la tesi del giudice di merito secondo cui i fatti non erano altro che manifestazioni di una “generale propensione alla delinquenza” e non l’attuazione di un singolo proposito criminale.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un importante spunto di riflessione sui limiti dell’istituto della continuazione. Per ottenere il beneficio, non è sufficiente dimostrare che i reati appartengano alla stessa categoria o siano stati commessi dalla stessa persona. È necessario provare l’esistenza di un’ideazione originaria, un programma che leghi tutte le condotte come sue fasi esecutive.
L’elemento temporale assume un ruolo cruciale: maggiore è la distanza tra i reati, più difficile diventa dimostrare l’esistenza di un disegno criminoso unitario. La decisione conferma che i giudici devono distinguere attentamente tra un piano criminale preordinato, che merita un trattamento sanzionatorio più mite, e una carriera criminale frammentata in episodi distinti, che invece non può beneficiare dell’unificazione delle pene.
Quando più reati possono essere considerati parte di un unico disegno criminoso?
Secondo l’ordinanza, i reati possono essere considerati parte di un unico disegno criminoso quando non sono tra loro slegati e non si dipanano in un arco temporale eccessivamente ampio, ma risultano piuttosto come l’espressione di una preventiva e unitaria ideazione.
Un ampio arco temporale tra un reato e l’altro esclude sempre la continuazione?
La decisione evidenzia che un arco temporale “davvero ampio” rende “viepiù impensabile” l’esistenza di un piano unitario iniziale. Sebbene non sia una regola assoluta, è un fattore determinante che gioca fortemente a sfavore del riconoscimento della continuazione.
Cosa significa che un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile per critiche di fatto?
Significa che il ricorso non viene esaminato nel merito perché le argomentazioni presentate non riguardano errori nell’applicazione della legge (l’unico ambito di competenza della Cassazione), ma tentano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa che è riservata ai giudici dei gradi di merito precedenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15015 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15015 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/12/2023 del GIP TRIBUNALE di AVEZZANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Avezzano – nella veste di Giud dell’esecuzione – provvedendo in ordine alla richiesta di unificazione sotto il vincolo continuazione, presentata nell’interesse di NOME COGNOME, ha dichiarato l’inammissibilità d stessa, in merito ai fatti di cui alle sentenze nn. 9/14 reg. sent. e 117/14 reg. sent., essen stato riconosciuto tale vincolo dal giudice della cognizione; il Tribunale ha poi rigettato l’ di applicazione della disciplina di cui all’art. 671 cod. proc. pen., con riferimento agli ille dalle due condanne sopradette ed ai reati puniti con la sentenza n. 128/2018 reg. sent., conteg questi sì tutti inerenti alla violazione del d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, ma commessi entr arco temporale che si snoda dal 2011 al 2015.
Ricorre per cassazione NOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo erronea applicazione della legge penale, nonché mancata, apparente e illogica motivazione, con riferimento agli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso.
Le doglianze poste a fondamento dell’impugnazione risultano inammissibili, in quanto costituite da mere critiche versate in punto di fatto, lamentando esse come l’ordinanza avversa abbia trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso, asseritamente emer dall’esame delle condotte delittuose realizzate.
Dette censure, altresì, appaiono aspecifiche nonché prive di ragioni di diritto e di che sorreggano le richieste. Nel provvedimento impugnato, invero, si evidenzia come i fatti relazione ai quali si invoca la riunione in continuazione siano, tra loro, del tutto slegati, ap quindi frutto di separate volizioni ed espressione di una generale propensione alla delinquen trattasi peraltro, secondo il Giudice dell’esecuzione, di episodi criminosi che si dipanano ent arco temporale davvero ampio, così divenendo viepiù impensabile la preventiva ideazione unitaria.
La motivazione posta a fondamento dell’impugnata ordinanza, infine, è logica e coerente, oltre che priva di spunti di contraddittorietà; in quanto tale, essa merita di rimanere al ri qualsivoglia stigma in sede di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiara inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 7 marzo 2024.