Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33675 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33675 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a GELA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/10/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la decisione del Tribunale di Gela che, nel giudizio abbreviato, ha dichiarato NOME COGNOME colpevole dei reati di furto aggravato e furto in abitazione, ed esclusa la recidiva, riconosc la continuazione, con la diminuente per il rito, lo ha condannato alla pena ritenuta di giustizi
Ricorre per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia e procuratore specia avvocato NOME AVV_NOTAIO, che svolge due motivi.
2.1. Con il primo, denuncia la erronea determinazione della Corte di appello, che ha ritenuto sussistente la querela, necessaria per il delitto di furto aggravato di cui al capo 1, in segui mutato regime di procedibilità, di cui al decreto legislativo n. 150/2022, nonostante la person offesa avesse sporto semplicemente una denuncia, non qualificabile come istanza di punizione.
2.2. Con il secondo motivo, si duole del mancato riconoscimento del vincolo della continuazione c.d. esterna con i fatti di cui alle sentenze nn. 416/2022 e 647/2022.
Il difensore dell’imputato ha depositato conclusioni scritte, con le quali insiste l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.11 primo motivo, con il quale si lamenta la violazione dell’art. 606 lett. B) cod. proc. pen., è manifestamente infondato, oltre che reiterativo di doglianza già decisa, correttamente, da giudice di appello.
1.1. Il fatto di cui al capo 1) è qualificato come furto aggravato ai sensi degli artt. 61 n. 2 624, 625 n. 2 cod. pen., 625 co. 1 n. 7 cod. pen., ed è pacifica circostanza che, oggi, il reato furto, per come ritenuto nella sentenza impugnata, è procedibile a querela di parte, stante l modifica introdotta, dall’art. 2 co. 1 lett. I), del D. Lgs. n. 150/2022, all’art. 624 u.c. che oggi, testualmente, recita: “Il delitto è punibile a querela. Si procede tuttavia di ufficio se persona offesa è incapace, per età o infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di c all’art. 625 numeri 7 – salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede – e 7 bis”. Nel caso di specie, infatti, la fattispecie concreta non risulta costruita in relazione alle i che l’intervento normativo – di modifica del terzo comma dell’art. 624 cod. pen. – ha ritenu meritevoli di tutela penale con procedibilità d’ufficio (vale a dire le fattispecie di cui al primo comma dell’art. 625, salvo quella dell’esposizione a pubblica fede – in relazione alla qual dunque, si procede a querela di parte – e di cui al n. 7-bis dello stesso art. 625). Il reato as all’imputato sub 1), pertanto, rientra nel novero di quelli procedibili a querela di parte.
1.2. Il controllo degli atti processuali – a cui il Giudice di legittimità accede in ragione del dedotto ( Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001 Cc. (dep. 28/11/2001 ), Policastro, Rv. 220092) ha consentito di accertare l’esistenza di una denuncia orale sporta dalla persona offesa il 1 luglio 2020, avente riguardo sia alla effrazione dell’auto ( capo 1) che alla sottrazione dei dall’appartamento ( capo 2), nella quale la persona offesa dichiara espressamente di sporgere “formale denuncia/querela nei confronti dei responsabili dei reati che si dovessero ravvisare nei
fatti esposti e ne chiedo la punizione”. Discende dal contenuto dell’atto che la persona offeso ha formulato un’istanza di punizione, che è elemento espressivo della volontà di perseguire il responsabile del reato ( Sez. 2 n. 39673 del 08/09/2023, Rv. 285311).
1.3. Correttamente, dunque, la Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza dell’anzidet condizione di procedibilità, in applicazione del condiviso orientamento della giurisprudenza d legittimità, secondo il quale la sussistenza della volontà di punizione da parte della perso offesa non richiede formule sacramentali e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretato alla luce del favor querelae (ex multis, sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 2022, Baia, Rv. 282648-01). Per altro verso, la manifestazione della volontà di proporre querela può essere ritenuta sussistente dal giudice del merito, con accertamento sottratto al sindacato di legittimità se rispondente alle regole della logica e diritto, indipendentemente dalla qualifica assegnata alla dichiarazione orale dalla poliz giudiziaria che l’ha ricevuta, sempre che l’intenzione di volere perseguire l’autore dei f denunciati emerga chiaramente dalla dichiarazione stessa o da altri fatti dimostrativi de medesimo intento.
1.4. Di tali coordinate ermeneutiche ha fatto corretta applicazione la Corte territoriale, che esplicitato le ragioni per le quali deve ritenersi avvenuta la proposizione di una querela da pa di NOME, facendo, appunto, specifico riferimento al contenuto della denuncia orale, i specie alla chiara e univoca manifestazione della volontà di richiedere la persecuzione e la punizione dell’autore del reato (ex multis, Sez. 6, n. 40770 del 09/11/2006, Rv. 23544201).
2. Il secondo motivo è inammissibile per genericità della deduzione, che omette di confrontarsi con le specifiche argomentazioni con le quali la Corte di appello ha rigettato la richiesta riconoscimento del vincolo della continuazione tra il reato di cui al capo 2) e i fatti defini sentenze irrevocabili emesse dalla medesima Corte d’appello, sul rilievo della non ravvisabilità di elementi sintomatici dell’identità del disegno criminoso. In specie, la sentenza impugnata ha ritenuto che la realizzazione di una serie di reati ontologicamente omogenei in un arco temporale di otto mesi non sia di per sé sintomatica dell’esistenza di un sotteso identico disegno criminos (presupposto di applicabilità dell’art. 81 cod. pen.), quanto, piuttosto, frutto di diver estemporanee determinazioni delittuose, e, quindi, sintomatiche di una mera inclinazione a delinquere, che, pur astrattamente riconducibile a un programma di attività delittuosa da sviluppare nel tempo, resta, tuttavia, affidato al disvelamento di contingenti opportunità.
2.1. L’ordinanza impugnata è corredata da una motivazione coerente con la natura dell’istituto della continuazione, e conforme a consolidati canoni ermeneutici, secondo i quali, in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, che caratterizza l’isti disciplinato dall’art. 81, comma secondo, cod. pen., postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose; essa non coincide con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, la sua opzione a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, i quali, seppure
dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma riveli generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione a varie occasioni e opportunità esistenziali (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Rv. 266615). 2.2. Si vuole dire che non può la mera inclinazione a reiterare violazioni della stessa speci quand’anche dovuta ad una determinata scelta di vita, o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità, integrare di per sè l’unitari e anticipata ideazione di più condotte costituenti illecito penale, che, per caratterizzare l’i disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., debbono risultare già insieme presenti all mente del reo ( Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, Rv. 260896). Insomma, non vanno confuse la ricaduta nel reato o l’abitualità a delinquere con gli elementi distintivi dell’istit continuazione, ovvero con il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione abbraccia i diversi reati commessi) necessario alla riduzione ad unità quoad poenam, dei vari episodi delittuosi compiuti (Sez. 2, n. 2932 del 24/09/1982 (dep. 1983 ) Rv. 158309). Ed è per questo, per l’autonomia di tali piani valutativi, giacchè l’art. 81 cod. pen. non pone limiti temp all’applicazione dell’istituto della continuazione, che si afferma come, in astratto, la continuaz nel reato non sia esclusa dal fatto che un notevole lasso di tempo separi la commissione di un episodio delittuoso dagli altri, purchè emerga da dati positivi, sia pure in via indiretta e l l’appartenenza dei fatti delittuosi ad un’unica matrice ideativa (Sez. 4, n. 6386 del 05/11/198 (dep. 1982 ) Rv. 154388). Mentre, al contrario, non è riconoscibile l’unicità del diseg criminoso, ai fini della affermazione della sussistenza del vincolo della continuazione, sulla s base del non eccessivo intervallo di tempo intercorso tra i vari episodi criminosi e della iden delle norme violate, non essendo tali elementi di per sè idonei a dimostrare che tutti gli episo anzidetti siano stati frutto di una originaria determinazione volitiva, e non invece di un gener programma di attività delinquenziale il quale ben può realizzarsi nella commissione, anche a distanza ravvicinata, di identiche violazioni di legge ciascuna delle quali, però, occasionata impulsi contingenti. (Sez. 1, n. 2059 del 11/05/1992 Cc. (dep. 05/06/1992 ) Rv. 190530). Né rileva che tra altri analoghi fatti di reato precedenti la continuazione sia stata invece riconosc essendo ovvio che l’ennesima reiterazione delle stesse condotte criminali possa determinare, alla luce di nuovi elementi di valutazione fondati su fatti diversi, una diversa considerazione profilo criminale dell’imputato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Rv. 24886201). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
2.3.Posto, quindi, che in tema di applicazione della disciplina del reato continuato l’unic del disegno criminoso costituente l’indispensabile condizione per la configurabilità dell continuazione non può identificarsi con la generale inclinazione a commettere reati sotto la spinta di fatti e circostanze occasionali più o meno collegati tra loro, ovvero di bisog necessità di ordine contingente, e neanche con la tendenza a porre in essere reati della stessa indole o specie, determinata o accentuata da talune condizioni psico-fisiche (come la tossicodipendenza), ciò che rileva, invece, è che le singole violazioni costituiscano par integrante di un unico programma criminoso deliberato fin dall’inizio nelle linee essenziali p conseguire un determinato fine, a cui di volta in volta si aggiungerà l’elemento voliti
necessario per l’attuazione del programma medesimo. Ed è tale programma criminoso a dovere essere positivamente e rigorosamente provato, gravando il relativo onere sulla parte che invochi la continuazione, non giovando a tale fine la mera indicazione dell’identità del norme di legge violate, la loro prossimità temporale, la medesimezza delle modalità operative delle varie azioni criminose, tutte circostanze costituenti indici sintomatici non di attuazion un progetto criminoso unitario quanto di unlabitualità criminosa e di scelte di vita ispirate sistematica e contingente consumazione degli illeciti concernenti i singoli reati (Sez. 1, n. 358 del 20/04/2016 -dep. 30/08/2016, Rv. 267580), e non probanti della preventiva deliberazione a delinquere che ne avrebbe unificato l’ideazione anteriormente alla loro singola commissione.»(Sez. 1, n. 5618 del 21/12/1993, dep. 1994, Rv. 19654501).
2.4. Di tali coordinate ermeneutiche l’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione, avendo operato una valutazione congrua e logica, che regge al generico richiamo, da parte della Difesa, a elementi astratti senza individuazione di indici sintomatici della preliminare determinazione d parte del reo..
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugn 2000), al versamento, in favore della cassa delle·ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, addì 21 maggio 2024
Il Consigliere estensore