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Disegno criminoso: la Cassazione annulla la sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che negava la continuazione tra maltrattamenti in famiglia e successivi atti persecutori. La Corte ha ritenuto insufficiente la motivazione basata solo sul fattore tempo, ribadendo che per accertare il medesimo disegno criminoso è necessaria una valutazione complessiva di tutti gli indici rilevanti, come il contesto, la natura dei reati e il modus operandi.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: La Cassazione detta le regole per la valutazione della continuazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29839/2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: il riconoscimento del medesimo disegno criminoso tra reati diversi. La pronuncia chiarisce che una valutazione superficiale, basata solo sul tempo trascorso tra i fatti, non è sufficiente a escludere la continuazione, annullando con rinvio la decisione di una Corte d’Appello.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un imputato condannato in primo e secondo grado per i reati di atti persecutori e violazione del divieto di avvicinamento. Questi delitti erano stati commessi tra giugno 2022 e ottobre 2023, dopo la fine della convivenza con la persona offesa. I giudici di merito avevano riconosciuto la continuazione tra questi due reati.

Tuttavia, la difesa aveva richiesto che la continuazione venisse estesa anche a un precedente reato di maltrattamenti in famiglia, commesso tra il 2017 e il marzo 2023 e già oggetto di una sentenza definitiva. La Corte d’Appello di Firenze aveva respinto tale richiesta, sostenendo che non vi fossero elementi per ritenere che l’imputato, nel momento in cui commetteva i maltrattamenti, avesse già pianificato di commettere i successivi reati.

L’analisi del medesimo disegno criminoso

Il difensore ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e una motivazione contraddittoria da parte della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, criticando aspramente la “scarna motivazione” dei giudici di secondo grado.

Secondo la Cassazione, la Corte territoriale ha errato nel basare la sua decisione unicamente sull’assenza di prove di una programmazione dettagliata fin dall’inizio. Questo approccio contrasta con l’orientamento consolidato della giurisprudenza, secondo cui l’esistenza di un medesimo disegno criminoso non richiede una pianificazione minuziosa di tutti i reati futuri, ma una programmazione di massima, finalizzata al raggiungimento di un unico scopo.

I Criteri di Valutazione del Disegno Criminoso

La sentenza ribadisce che per accertare l’unicità del disegno criminoso è necessaria una valutazione complessiva di una serie di indicatori, quali:

* L’unitarietà del contesto: Se i reati si inseriscono in una medesima vicenda umana e relazionale.
* La spinta a delinquere: Se i crimini sono originati da un’unica motivazione di fondo.
* La contiguità temporale: La vicinanza nel tempo tra i diversi episodi, pur non essendo l’unico fattore decisivo.
* La natura dei reati: L’omogeneità o l’affinità delle condotte illecite.
* Il modus operandi: L’analogia nelle modalità di esecuzione dei reati.
* La costante compartecipazione dei soggetti: L’identità delle persone coinvolte.

La Corte d’Appello, ignorando questi elementi, ha fornito una motivazione insufficiente che non ha considerato la possibilità che gli atti persecutori rappresentassero la prosecuzione della stessa condotta vessatoria già manifestata con i maltrattamenti, seppur con modalità diverse dopo la cessazione della convivenza.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che il giudice non può limitarsi a una constatazione formale, ma deve condurre un’analisi sostanziale di tutti gli indizi. Anche se considerati singolarmente, questi indizi potrebbero non essere decisivi, ma visti nel loro insieme possono fornire una prova logica dell’esistenza di un’unica programmazione criminosa. La nozione di disegno criminoso non si identifica con una generica tendenza a delinquere, ma non può nemmeno essere ristretta alla sola ipotesi di una progettazione dettagliata di ogni singolo passo. È sufficiente che i reati appaiano come il mezzo per conseguire uno scopo unitario, prefissato anche solo a grandi linee. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha completamente omesso questa valutazione complessiva, rendendo la sua sentenza viziata e meritevole di annullamento.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 29839/2025 rappresenta un importante monito per i giudici di merito. Per negare o riconoscere la continuazione tra reati, non basta un’analisi superficiale. È necessario un esame approfondito di tutti gli elementi fattuali e contestuali che possono rivelare un’unica radice programmatica. La decisione è stata quindi annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Firenze, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, garantendo una valutazione completa e non parziale del medesimo disegno criminoso.

Quando si può riconoscere la continuazione tra reati diversi come maltrattamenti e stalking?
Si può riconoscere quando, da una valutazione complessiva di vari indici (contesto, movente, natura dei reati, modus operandi), emerge che i diversi episodi criminosi sono parte di un’unica programmazione iniziale, anche se non dettagliata, finalizzata a un unico scopo.

È sufficiente il solo fattore temporale per escludere un medesimo disegno criminoso?
No, la sola valutazione del fattore tempo è insufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che limitarsi a questo aspetto, senza considerare tutti gli altri indici rivelatori di una programmazione di fondo, costituisce una motivazione scarna e viziata.

Cosa deve valutare un giudice per accertare l’esistenza di un unico disegno criminoso?
Un giudice deve valutare l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti. La valutazione di questi elementi nel loro complesso permette di accertare se i reati siano frutto di un’unica deliberazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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