Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27789 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27789 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PESCARA il 20/02/1985
avverso l’ordinanza del 20/03/2025 del TRIBUNALE di PESCARA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letto il motivo del ricorso;
rilevato che:
in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., «postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, m rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420);
«il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
rilevano, ai fini della prova dell’esistenza del medesimo disegno criminoso l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, non essendo necessaria la contemporanea ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante, Sez 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098; Sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, COGNOME, Rv. 284652);
l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia
sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti;
considerato che:
nel caso in esame, il Giudice dell’esecuzione ha escluso la riconducibilità al i t
medesimo disegno criminoso dei reati di cessione illecita di sostanze stupefacenti per cui COGNOME è stata condannata con tre sentenze, di cui due già riconosciute in
continuazione, sul rilievo che l’apprezzabile distanza temporale che separa le condotte, oltre che l’assenza di ulteriori illeciti nel tempo intercorrente, rend
difficilmente ipotizzabile che al momento di realizzazione del primo illecito (2007
e mesi successivi) la condannata avesse ideato l’ulteriore illecito, commesso a distanza di oltre un anno;
che, invero, la ricorrente articola una censura di tipo essenzialmente confutativo, oltre che assolutamente generica, incentrata su elementi, ritenuti
sintomatici della unitarietà del disegno criminoso (modalità operative, ossia piccolo spaccio, e finalità, ossia bisogni economici personali e familiari) che il giudice
dell’esecuzione ha preso in considerazione, chiarendo, nell’esercizio del discrezionale apprezzamento delle vicende sottoposte al suo vaglio e senza incorrere in contraddizioni o in affermazioni manifestamente illogiche, per quale ragione debba escludersi l’esistenza, nella fattispecie, di un riconoscibile, originario disegno criminoso;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/07/2025