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Disegno criminoso: i limiti secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento del cosiddetto disegno criminoso tra più reati. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando come la notevole distanza temporale tra i fatti e la mancanza di prove di un piano unitario iniziale impediscano l’applicazione della continuazione, un istituto che consente una pena più mite.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: La Cassazione Fissa i Paletti sulla Distanza Temporale

L’applicazione della continuazione tra reati, basata sull’esistenza di un disegno criminoso unitario, è uno degli istituti più discussi nel diritto penale, poiché consente un trattamento sanzionatorio più favorevole. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire i criteri che i giudici devono seguire per riconoscerlo, ponendo particolare attenzione al fattore temporale e alla concretezza del piano iniziale.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un condannato avverso la decisione di un giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo aveva negato la riconducibilità di due diverse condanne a un unico disegno criminoso. La difesa del ricorrente sosteneva che i reati, pur commessi in momenti diversi, fossero parte di un unico piano deliberato sin dall’inizio. Tuttavia, il giudice aveva respinto tale tesi, evidenziando la notevole distanza temporale tra i fatti e l’assenza di elementi concreti che potessero dimostrare l’esistenza di un programma criminoso unitario e preordinato.

I Criteri per il Riconoscimento del Disegno Criminoso

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, coglie l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. Il disegno criminoso, previsto dall’art. 81 del codice penale, non va confuso con una generica inclinazione a delinquere. Esso richiede che l’agente si sia rappresentato e abbia deliberato, prima di commettere il primo reato, una serie di condotte criminose nelle loro linee essenziali.

Per accertarne l’esistenza, i giudici devono valutare una serie di indicatori, tra cui:

* L’omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto.
* La contiguità spazio-temporale tra i fatti.
* L’identità del modus operandi.
* La sistematicità e le abitudini di vita.

È importante sottolineare che non è necessaria la compresenza di tutti questi elementi. Tuttavia, quelli presenti devono essere sufficientemente significativi da dimostrare che i reati successivi non sono frutto di una determinazione estemporanea, ma l’attuazione di un piano concepito in origine.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto la decisione del giudice dell’esecuzione corretta e ben motivata. Il ricorso è stato giudicato meramente rivalutativo, poiché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte, senza evidenziare vizi logici o travisamenti dei fatti.

I giudici hanno dato particolare peso a due elementi. In primo luogo, la significativa distanza temporale tra i fatti è stata considerata un elemento ostativo, totalmente incompatibile con la nozione di continuazione. In secondo luogo, il ricorrente non è riuscito a indicare alcun elemento fattuale concreto, omesso dal giudice precedente, che potesse dimostrare come, fin dalla commissione del primo reato, fosse già stata pianificata la serie di crimini successivi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento rigoroso della giurisprudenza. Per ottenere il riconoscimento del disegno criminoso, non basta affermare genericamente l’esistenza di un piano. È necessario fornire alla corte elementi di prova concreti e specifici che dimostrino una programmazione iniziale dei reati. Una notevole distanza temporale tra le condotte, in assenza di altri indicatori forti, rende molto difficile, se non impossibile, sostenere l’esistenza di un piano unitario. La decisione finale spetta all’apprezzamento del giudice di merito, e la sua valutazione, se logicamente motivata, è difficilmente censurabile in sede di legittimità.

Quando si può parlare di ‘disegno criminoso’ tra più reati?
Si può parlare di disegno criminoso quando l’agente, prima di commettere il primo reato, ha programmato una serie di condotte criminose nelle loro linee essenziali. Non è sufficiente una generica propensione a delinquere, ma è necessaria una deliberazione unitaria iniziale.

Una grande distanza di tempo tra due reati esclude sempre il disegno criminoso?
Sebbene non sia l’unico criterio, una notevole distanza temporale tra i fatti è considerata un elemento fortemente ostativo e, come nel caso di specie, può essere ritenuta totalmente incompatibile con la continuazione, specialmente in assenza di altri indicatori significativi di un piano unitario.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ridiscutere i fatti già valutati dal giudice?
Un ricorso con tali caratteristiche viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma un giudice di legittimità. Pertanto, un ricorso meramente rivalutativo degli aspetti già esaminati dal giudice precedente, senza evidenziare vizi logici o giuridici, non può essere accolto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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