Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4638 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4638 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SEMINARA il 07/10/1967
avverso l’ordinanza del 02/08/2024 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letti i motivi del ricorso; rilevato che:
in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., «postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420);
«il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
rilevano, ai fini della prova dell’esistenza del medesimo disegno criminoso l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, non essendo necessaria la contemporanea ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098; Sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, COGNOME, Rv. 284652);
l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti;
ritenuto che:
nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione ha escluso la riconducibilità medesimo disegno criminoso dei reati per cui NOME COGNOME è stato condannato con cinque sentenze sul rilievo della parziale inammissibilità a caus della violazione del bis in idem (essendo stato il vincolo parzialmente riconosciuto con altra ordinanza della Corte di appello di Reggio Calabria) e de lungo intervallo di tempo intercorso tra i fatti oggetto dei separati giudizi;
a fronte di tali lineari considerazioni, il ricorrente articola censure d essenzialmente confutativo, lamentando in termini estremamente generici il travisamento degli elementi sottoposti alla sua cognizione, la motivazion apparente e assertiva che, invece, è effettiva con e, infine, l’omessa valutaz delle dichiarazioni del condannato alle quali fa cenno senza spiegare la decisivi a fronte del dato temporale particolarmente significativo e della mancat indicazione specifica della situazione nella quale si trovava COGNOME al moment della commissione del primo reato;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità de ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa ne determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 5/12/2024