Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34287 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1   Num. 34287  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Platì il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 10/05/2025 del Tribunale di Torino. Letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME formulava al giudice dell’esecuzione istanza ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., chiedendo riconoscersi il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le seguenti sentenze:
sentenza della Corte di appello di Torino del 4 luglio 1996, irrevocabile il 18 giugno 1997; sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino del 23 maggio 2012, irrevocabile il 18 settembre 2021; sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino del 16 marzo 2021, irrevocabile il 30 luglio 2021; le prime due sentenze sono relative ai reati di cui agli articoli 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 commessi in Torino e altrove tra il 1987 ed il 1992, ed al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. commesso in Volpiano a far data dal 1994, e, a seguito del riconoscimento della continuazione avvenuto già in sede di cognizione, hanno condannato l’COGNOME alla pena complessiva di anni 23 e mesi 8 di reclusione; la terza sentenza Ł relativa al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. commesso in Volpiano a far data dal maggio 2012, che il giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 9 novembre 2021, ha unificato ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. ai reati oggetto delle due sentenze innanzi indicate, rideterminando la pena complessiva in anni 25 e mesi 8 di reclusione;
sentenza della Corte di appello di Torino del 25 giugno 2020, irrevocabile il 10 novembre 2020, di condanna alla pena di anni 18 e mesi 6 di reclusione per i reati di cui agli articoli 74, 73 e 80 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commessi in Torino e altrove negli anni 2014 e 2015.
Il giudice dell’esecuzione illustrava che il richiamato provvedimento del 9 novembre 2021, nell’accogliere l’istanza del condannato con riferimento ai reati oggetto delle tre
sentenze sopra indicate al punto 1), aveva contestualmente rigettato l’istanza nella parte in cui chiedeva di racchiudere nell’identico disegno criminoso anche il reato oggetto della sentenza sopra indicata al punto 2), con decisione poi confermata da questa Corte (Sez. 1, n. 39095 del 13/07/2022, COGNOME, n.m.); una nuova istanza dal medesimo contenuto era stata rigettata dal giudice dell’esecuzione con ordinanza del 25 ottobre 2023, anch’essa confermata da questa Corte (Sez. 1, n. 21922 del 04/04/2024, NOME, n.m.).
Riteneva gli elementi di novità addotti dal condannato inidonei ad una rivalutazione della vicenda: in particolare, evidenziava che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME erano state rese «nell’ambito di un diverso procedimento penale, procedimento che, per quanto Ł dato sapere, si trova ad oggi nella fase delle indagini preliminari», sicchØ esse risultavano «non valutabili ai fini che qui interessano. Sia perchØ l’attendibilità del collaboratore COGNOME non Ł stata ancora valutata da alcuna sentenza (tanto meno passata in giudicato), sia perchØ non si dispone di quel quadro complessivo di accertamenti e riscontri che normalmente accompagna il giudizio di attendibilità di un collaboratore».
Riteneva, altresì, che, atteso che l’COGNOME aveva commesso i reati legati al narcotraffico nell’interesse del sodalizio mafioso, ed atteso l’intervenuto riconoscimento della continuazione tra i reati di cui all’art. 416 bis cod. pen. oggetto delle due sentenze di condanna sopra indicate, l’invocata identità del disegno criminoso avrebbe potuto essere riconosciuta solo ove fosse stato possibile affermare che fin dal suo ingresso nel sodalizio mafioso l’COGNOME si era rappresentato, sia pure nelle sue linee generali, la creazione dell’associazione oggetto della sentenza di condanna sopra indicata sub 2): tanto doveva, tuttavia, escludersi sulla base delle stesse parole del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, che, nel riferire di un incontro avvenuto nel 2012 nel quale si decise la costituzione del sodalizio, ha puntualizzato «che l’incontro del 2012 fotografava l’inizio di una strada del tutto nuova, mai esplorata nØ dalla famiglia COGNOME nØ dalla famiglia COGNOME. Si trattava di una strada nuova, che prevedeva l’approvvigionamento di narcotico su rotta atlantica dal Brasile. Lo stesso COGNOME ammette che ‘siamo praticamente partiti da zero, nel senso che non avevamo i contatti ma poi piano piano ce li siamo creati in loco mano a mano’. Pertanto Ł impossibile ritenere che una simile iniziativa potesse esser prevista e programmata nelle sue linee essenziali già nel 2007, quando – per quanto giudizialmente accertato – COGNOME entra a far parte della locale di Volpiano».
2. Il difensore di fiducia di NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, ha impugnato l’indicata ordinanza, deducendo un unico articolato motivo con il quale deduce la violazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Si duole della ritenuta necessità del vaglio giurisdizionale delle propalazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, poichØ «non Ł davvero condivisibile l’assunto secondo cui l’elemento di novità che deve essere offerto dovrebbe consistere in un provvedimento passato in giudicato»; rappresenta, altresì, per un verso, che il COGNOME, la cui appartenenza alla locale di Volpiano Ł conclamata da sentenze irrevocabili, ha già ricevuto un importante vaglio di attendibilità, poichØ sulla base delle sue dichiarazioni Ł stata recentemente eseguita un’ordinanza coercitiva in danno di numerosi appartenenti ad un sodalizio dedito al narcotraffico internazionale, confermata dal Tribunale del riesame di Torino, con provvedimento che il difensore ha allegato al ricorso; per altro verso, che questa Corte, nella richiamata sentenza n. 21022 del 2024, ha vagliato – ritenendole insufficienti a dimostrare la sussistenza dell’invocato unico disegno criminoso – le dichiarazioni di altro
collaboratore di giustizia, NOME COGNOME, pur essendo le stesse, al pari di quelle rese da NOME COGNOME, sfornite di un definitivo riscontro giudiziale.
Si duole, altresì, degli esiti della disamina comunque compiuta dal giudice torinese su quelle dichiarazioni: non Ł in discussione che al summit del 2012 descritto da NOME COGNOME – nel quale si deliberò la costituzione del sodalizio poi oggetto della sentenza sopra indicata sub 2) – parteciparono i principali esponenti della locale di Volpiano, nØ Ł in discussione che di quell’associazione mafiosa NOME COGNOME facesse parte da lungo tempo; dalla indiscussa continuità della partecipazione del ricorrente alla locale di Volpiano, e dalla considerazione, evincibile dai provvedimenti giudiziari definitivi, secondo cui quel sodalizio mafioso era «essenzialmente se non esclusivamente declinato al narcotraffico», si sarebbe dovuto inferire che fin da quando NOME COGNOME aveva iniziato a far parte del sodalizio mafioso egli aveva programmato e delineato nelle sue linee essenziali la creazione di stabili gruppi operativi dediti al narcotraffico.
Il AVV_NOTAIO Procuratore generale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile, rilevando che «il GIP ha fornito adeguata risposta, in punto di applicazione della disciplina della continuazione rilevando la genericità e non puntualità dell’istanza e come essa non consenta una adeguata verifica della continuazione».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
Questa Corte ha costantemente affermato che, in tema di reato continuato, l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di piø violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di NOME, Rv. 243632 – 01).
Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596 – 01).
L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti, Rv. 266413 – 01), tenendo presente che la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo che caratterizza il reato continuato, costituito dalla unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862 – 01).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, sicchØ possa affermarsi che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di
determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
La prova dell’unicità del disegno criminoso – ritenuta meritevole di un piø benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzichØ di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve dunque essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere, indici che, tuttavia, hanno un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo: l’accertamento, pur offìcioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni; esso Ł rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed Ł insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti (Sez. 1, n. 5043 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, n.m.).
Ancora di recente, questa Corte ha ribadito che l’unicità del disegno criminoso non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati, e che, al contempo, neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacchØ siffatta definizione di dettaglio non sarebbe conforme al dettato normativo, che parla soltanto di «disegno», e porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro possibile prevedibilità solo in via approssimativa: occorre, dunque, che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, una programmazione che può essere anche di massima, purchØ i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di adattamento alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo, prefissato e sufficientemente specifico (Sez. 1, n. 24202 del 23/02/2022, Cartanese, n.m.).
Con specifico riferimento alla configurabilità del vincolo della continuazione tra reati associativi quali quelli in relazione ai quali l’COGNOME ha riportato condanna, questa Corte ha ripetutamente affermato che non Ł sufficiente il riferimento alla tipologia del reato ed all’omogeneità delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni, comunque denominate, ovvero ad una medesima organizzazione (Sez. 5, n. 20900 del 26/04/2021, COGNOME, Rv. 281375 01; Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271569 – 01), e che, qualora sia riconosciuta l’appartenenza di un soggetto a diversi sodalizi criminosi, il vincolo della continuazione tra i reati associativi può essere riconosciuto solo a seguito di una specifica indagine sulla loro natura, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi perseguiti e del tipo di compagine che concorre alla loro formazione, non essendo a tal fine sufficiente la valutazione della natura permanente del reato associativo e dell’omogeneità del titolo di reato e delle condotte criminose (Sez. 5, n. 20900 del 26/04/2021, COGNOME, Rv. 281375 – 01; Sez. 4, n. 3337 del 22/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268786 – 01; Sez. 6, n. 6851 del 09/02/2016, COGNOME, Rv. 266106 – 01).
Si Ł, infine, statuito che l’unicità del disegno criminoso tra il reato associativo ed i diversi reati fine Ł configurabile solo quando questi ultimi – oltre a rientrare nell’ambito dell’attività
del sodalizio criminoso e oltre ad essere finalizzati al suo rafforzamento – siano stati programmati, almeno a grandi linee, al momento dell’ingresso nell’associazione stessa (Sez. 1, Sentenza n. 1534 del 09/11/2017, COGNOME, Rv. 271984 – 01).
3. Ciò posto, si deve rilevare che il primo motivo di ricorso non Ł fondato: nel ritenere che le propalazioni di NOME COGNOME non potessero essere utilmente valutate, trattandosi di soggetto che ha da poco intrapreso il percorso di collaborazione con la giustizia, la cui attendibilità non Ł, dunque, stata positivamente vagliata in sentenze irrevocabili, il giudice dell’esecuzione ha ineccepibilmente prestato ossequio all’orientamento ancora di recente ribadito da questa Corte, in base al quale «la possibilità di unificazione in executivis postula la presenza di reati già giudicati con sentenze passate in giudicato. L’art. 671 cod. proc. pen., infatti, attribuisce al giudice il potere di applicare, in sede esecutiva, l’istituto della continuazione solo mediante sentenze ormai assistite dalla irrevocabilità: restano esclusi da tale alveo previsionale, quindi, i provvedimenti cautelari sopravvenuti, che a tal fine non hanno alcun rilievo» (così, in motivazione, Sez. 1, n. 19390 del 23/05/2025, Presta, Rv. 288110 – 01, dalla quale Ł stato ricavato il seguente principio di diritto: «Il riconoscimento del vincolo della continuazione da parte del giudice dell’esecuzione deve fondarsi sulla valutazione dei soli elementi accertati nelle sentenze irrevocabili, sicchØ non può riconoscersi alcun rilievo al contenuto ed alla motivazione di provvedimenti cautelari alle stesse sopravvenuti»).
Parimenti infondato Ł il secondo motivo di ricorso: la «specifica indagine» sulla natura dei diversi sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, richiesta, come si Ł innanzi illustrato, dalla univoca giurisprudenza di legittimità, non consente di riconoscere il vincolo della continuazione tra un sodalizio mafioso ed un sodalizio dedito al narcotraffico solo perchØ il core business del primo Ł costituito dagli affari relativi al traffico degli stupefacenti (elemento che, peraltro, nel caso di specie non Ł stato adeguatamente documentato).
Occorre, inoltre, rilevare che, nel caso di specie, la imprescindibile unicità del momento deliberativo Ł platealmente smentita non solo dalla enorme distanza temporale tra le condotte (le sentenze della Corte di appello di Torino del 4 luglio 1996 e del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino del 16 marzo 2021, oggetto del richiamato provvedimento adottato ex art. 671 cod. proc. pen. il 9 novembre 2021 dal giudice dell’esecuzione, hanno attestato che l’COGNOME Ł partecipe del sodalizio mafioso a far data dal 1994; l’associazione dedita al narcotraffico Ł stata costituita circa venti anni dopo, essendosi giudizialmente accertato che essa ha operato tra il 2014 e il 2015), ma anche dalla incontestata circostanza secondo cui la creazione dell’associazione per delinquere oggetto della sentenza sopra riportata sub 2) Ł stata deliberata all’esito di una apposita riunione nel corso della quale ne furono individuati ex novo organigrammi e modalità operative.
In assenza di concreti ed attendibili elementi di novità, non può che darsi continuità a quanto già statuito da questa Corte con la richiamata sentenza n. 39095 del 2022, allorquando si sono ritenute ostativi al riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso: « a) il lasso temporale di circa 15 anni intercorso tra l’associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti di cui alla sentenza sub 1), operativa negli anni dal 1987 al 1990, e l’associazione avente il medesimo oggetto giudicata con la sentenza Pinocchio sub 3) che ha operato tra il 2014 e il 2015; b) le diverse caratteristiche delle due consorterie criminose in quanto la prima era relativa ad un traffico di eroina e cocaina, aveva una dimensione fortemente radicata sul territorio, operando nella zona di Volpiano e Corsico/Buccinasco, i
suoi appartenenti erano legali da vincoli di parentela e utilizzavano sistemi di comunicazione tradizionale; la seconda associazione, invece, aveva ad oggetto ingenti quantitativi di cocaina provenienti dal Sudamerica, ove l’acquisto dello stupefacente era curato da membri della famiglia COGNOME; lo stupefacente era destinato a clienti in Piemonte, Lombardia e Calabria; le comunicazioni avvenivano mediante l’utilizzo di tecnologia cifrata. In sostanza, l’associazione di cui al procedimento Pinocchio , essendo legata a circostanze ed eventi contingenti, quali i rapporti con la famiglia COGNOME e l’utilizzo di nuove tecnologie, non era programmabile fin dagli anni ’80. Tali elementi hanno del tutto ragionevolmente indotto il giudice di merito a ritenere che non emergano indici positivi che evidenzino l’unicità del momento deliberativo concernente la partecipazione ai due distinti sodalizi criminosi, e dunque l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della continuazione. Infatti, l’unicità del disegno criminoso non può desumersi dalla circostanza che entrambe le associazioni fossero finalizzate al traffico di stupefacenti, trattandosi di un indice affatto generico, e neppure dalla circostanza che durante tutto tale lasso di tempo l’COGNOME abbia continuato a fare parte di un’associazione di stampo mafioso, dovendo piuttosto il giudice verificare le concrete modalità operative e i programmi perseguiti dalle compagini criminose al fine di accertare la sussistenza di una preordinazione unitaria che lega le varie condotte illecite».
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 17/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME