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Disegno criminoso: i limiti della continuazione

La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto di un’istanza volta a riconoscere un unico disegno criminoso tra reati di associazione mafiosa e narcotraffico commessi a decenni di distanza. La sentenza sottolinea che un notevole lasso temporale, le diverse modalità operative e l’assenza di una programmazione iniziale specifica impediscono di applicare l’istituto della continuazione, anche in presenza di nuove dichiarazioni di un collaboratore di giustizia non ancora verificate in un giudicato.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Reato Continuato: La Cassazione Traccia i Confini

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 34287/2025, offre un’importante lezione sui limiti applicativi dell’istituto del reato continuato, in particolare quando si tratta di reati associativi commessi a grande distanza di tempo. La Corte ha stabilito che per riconoscere un unico disegno criminoso non basta una generica propensione a delinquere, ma è necessaria una programmazione specifica dei reati futuri, almeno nelle loro linee essenziali, fin dal momento della commissione del primo. Approfondiamo l’analisi di questa decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un condannato che chiedeva al giudice dell’esecuzione di unificare, sotto il vincolo della continuazione, le pene inflittegli con diverse sentenze. Le condanne riguardavano reati molto gravi e distanti nel tempo:

1. Una prima serie di reati, tra cui associazione di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.) e narcotraffico, commessi tra il 1987 e il 1994.
2. Un secondo gruppo di reati, relativi a un’altra associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, commessi negli anni 2014 e 2015.

Il ricorrente sosteneva che tutti i reati fossero espressione di un unico disegno criminoso, portando come nuova prova le dichiarazioni di un recente collaboratore di giustizia. Tuttavia, sia il giudice dell’esecuzione sia la Corte di Appello avevano già respinto in passato richieste simili.

La Decisione e i Criteri per il Riconoscimento del disegno criminoso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici hanno chiarito che, per poter applicare l’istituto della continuazione, la prova dell’unicità del piano criminale deve essere rigorosa e basata su indici concreti. Una semplice “scelta di vita” criminale non è sufficiente.

Gli Elementi Valutati dalla Corte

La Corte ha basato la sua decisione su diversi elementi chiave:

* Il Lasso Temporale: Un intervallo di quasi vent’anni tra i due gruppi di reati è stato considerato un fattore ostativo. È altamente improbabile che un piano criminale possa essere programmato con tale anticipo, specialmente considerando l’evoluzione dei contesti e delle modalità operative.
* Le Diverse Modalità Operative: Le due associazioni criminali presentavano caratteristiche molto diverse. La prima era radicata sul territorio, con legami di parentela e metodi di comunicazione tradizionali. La seconda operava su scala internazionale (Sudamerica), con membri diversi, tecnologie cifrate e una struttura organizzativa concepita ex novo.
* L’Insufficienza delle Nuove Prove: Le dichiarazioni del nuovo collaboratore di giustizia sono state ritenute non utilizzabili. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: in fase esecutiva, la valutazione deve basarsi solo su elementi accertati in sentenze passate in giudicato. Le dichiarazioni di un collaboratore la cui attendibilità non è ancora stata vagliata in un processo non costituiscono prova sufficiente.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della sentenza si articola attorno ai consolidati principi giurisprudenziali in materia di reato continuato. La Corte Suprema ha ribadito che l’unicità del disegno criminoso presuppone una “anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale”. Questo significa che, al momento del primo reato, l’agente deve essersi già rappresentato, almeno nelle linee generali, i successivi delitti da compiere come parte di un unico progetto. L’accertamento di tale elemento psicologico non può basarsi su congetture, ma deve derivare da indici esteriori e significativi, quali la contiguità spazio-temporale, l’omogeneità delle condotte, l’identità del bene giuridico leso e l’analogia del modus operandi. Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato come tutti questi indici fossero assenti. La notevole distanza temporale, la diversità strutturale e operativa dei due sodalizi criminali e la circostanza che il secondo gruppo criminale fosse stato creato a seguito di una specifica riunione deliberativa nel 2012, smentivano platealmente l’esistenza di un’unica programmazione iniziale risalente agli anni ’90.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 34287/2025 rafforza un orientamento rigoroso: il beneficio del reato continuato non è un automatismo, ma richiede una prova concreta e specifica di un progetto criminale unitario e preordinato. La semplice appartenenza a un’associazione mafiosa, il cui core business sia il narcotraffico, non implica automaticamente che tutte le attività di traffico di droga svolte nel corso degli anni rientrino in un medesimo disegno criminoso. Ogni nuova iniziativa criminale, specialmente se caratterizzata da nuovi soci, nuove rotte e nuove modalità, deve essere valutata autonomamente. Questa decisione serve da monito sulla necessità di fornire prove solide e giudizialmente accertate per sostenere una richiesta di unificazione delle pene in fase esecutiva.

Cosa si intende per disegno criminoso unico ai fini del reato continuato?
Si intende un’unica ideazione e programmazione di più reati, concepiti fin dall’inizio come parte di un solo piano. La prova di tale disegno deve basarsi su indici concreti come la vicinanza temporale, l’identica natura dei reati e l’analogia del modus operandi, non essendo sufficiente una generica tendenza a delinquere.

Le dichiarazioni di un nuovo collaboratore di giustizia possono essere usate per provare la continuazione in fase esecutiva?
No, la Corte ha stabilito che il riconoscimento del vincolo della continuazione in fase esecutiva deve fondarsi esclusivamente su elementi accertati in sentenze irrevocabili. Pertanto, le dichiarazioni di un collaboratore la cui attendibilità non è stata ancora vagliata e confermata da una sentenza passata in giudicato non hanno rilievo.

Perché nel caso specifico è stata negata la continuazione tra i reati?
La continuazione è stata negata principalmente per tre ragioni: l’enorme distanza temporale (circa 20 anni) tra i fatti; le profonde differenze operative e strutturali tra le due associazioni criminali; la circostanza che la seconda associazione fosse nata da una specifica e nuova deliberazione, dimostrando l’assenza di un piano unitario iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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