Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27776 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27776 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAN PIETRO VERNOTICO il 28/06/1979
avverso l’ordinanza del 09/04/2025 del TRIBUNALE di LECCE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato che:
in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., «postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, m rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420);
«il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
rilevano, ai fini della prova dell’esistenza del medesimo disegno criminoso l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, non essendo necessaria la contemporanea ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante, Sez 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098; Sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, COGNOME, Rv. 284652);
l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia
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sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti;
considerato che:
nel caso in esame, il Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra due delle quattro sentenze per le quali si richiedeva l’applicazione della disciplina, ritenendo i fatti accertati con ess come commessi nell’ambito del medesimo sodalizio dedito al traffico di sostanze stupefacenti, riconoscendo l’identica indole dei reati, la medesimezza delle condotte e la finalizzazione all’attuazione del programma criminoso dell’associazione mafiosa e di quella dedita al traffico di stupefacenti;
non è stata riconosciuta la continuazione, invece, con riferimento alle ulteriori due sentenze, poiché una (n. 66/18) avente ad oggetto fatti che, seppur omogenei rispetto agli altri (detenzione e traffico di sostanze stupefacenti), non possono ricondursi al disegno criminoso suddetto in virtù della distanza temporale che li separa dai precedenti, l’altra (n. 617/18) perché avente ad oggetto una condotta eterogenea (false dichiarazioni nell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio) finalizzata al conseguimento del beneficio economico richiesto, dunque ad altro fine rispetto al predetto disegno criminoso;
a fronte di tali lineari considerazioni, il ricorrente articola censure di ti essenzialmente confutativo, incentrate su circostanze che non valgono in alcun modo a comprovare l’illegittimità ‘delle argomentazioni svolte dal giudice dell’esecuzione, il quale ha chiarito, nell’esercizio del discrezionale apprezzamento delle vicende sottoposte al suo vaglio e senza incorrere in contraddizioni o in affermazioni manifestamente illogiche, per quale ragione debba escludersi l’esistenza, relativamente alla sentenza n. 66/18, di un riconoscibile, originario disegno criminoso;
invero il ricorrente, nel richiedere l’annullamento parziale dell’ordinanza limitatamente alla mancato riconoscimento della continuazione con i reati di cui alla predetta sentenza, ripropone una diversa lettura degli elementi (l’identità della tipologia dei reati, delle modalità esecutive e della finalità) che il Tribunale h correttamente considerato, giungendo ad una decisione nella quale non possono ravvisarsi le violazioni di legge e i difetti motivazionali eccepiti;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 10/07/2025