Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10236 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10236 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PARTINICO il 16/07/1978
avverso la sentenza del 18/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
letta la memoria del difensore;
rilevato, preliminarmente, che la giurisprudenza di legittimità, con riferimento al vincolo della continuazione in sede di esecuzione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria, da parte del singolo agente, di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai fi dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenzial (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, NOME, Rv. 255156);
rilevato, altresì, che:
l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’ar 81, secondo comma, cod. pen., «postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, COGNOME, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420);
«il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
non è necessaria la concomitante ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra l
tante, Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098);
l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti;
ritenuto che:
il giudice dell’esecuzione ha escluso la riconducibilità al medesimo disegno criminoso dei reati per cui NOME COGNOME è stato condannato evidenziando come i reati di tentata estorsione (non aggravata ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del 1991), porto e detenzione di arma comune da sparo e danneggiamento (per i quali è stata riportata la condanna irrevocabile nel 2010) non siano inquadrabili in un contesto di criminalità organizzata nel quale si collocano, invece, altri reati (fra i quali omicidio e tentato omicidio) già unificati in continuazione con ordinanza della Corte di appello di Catanzaro del 15 novembre 2017;
a fronte di tali considerazioni, il ricorrente articola censure di tip essenzialmente confutativo e, comunque, generiche, nonché e prive di decisività con particolare riguardo al riferimento all’errore meramente descrittivo nel quale è incorso il giudice dell’esecuzione nel definire le precedenti sentenze come aventi ad oggetto plurime vicende onnicidiari;
particolarmente significativa la valorizzazione della mancata applicazione dell’aggravante di cui al citato art. 7 legge n. 203 del 1991;
a fronte di tale motivazione, il ricorso finisce con il proporre questioni di fatto e generiche incentrate su circostanze che non valgono in alcun modo a comprovare l’illegittimità delle argomentazioni svolte dal giudice dell’esecuzione, sostanziandosi in considerazioni prive di collegamento con le ragioni della decisione impugnata che esprime, nell’esercizio del discrezionale apprezzamento delle vicende sottoposte al vaglio del giudice dell’esecuzione e senza incorrere in contraddizioni o in affermazioni manifestamente illogiche, per quale ragione debba escludersi l’esistenza, nella fattispecie, di un riconoscibile, originario disegno criminoso;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/01/2025