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Disegno criminoso: i criteri per la continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso volto al riconoscimento della continuazione tra reati, ribadendo i criteri per la prova del medesimo disegno criminoso. La Corte ha sottolineato che l’accertamento di indicatori quali la vicinanza temporale, l’omogeneità dei reati e il modus operandi è un giudizio di merito, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e coerente. La decisione distingue nettamente tra un piano criminale unitario e una generica propensione a delinquere.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: la Cassazione definisce i confini della continuazione

L’applicazione della continuazione nel diritto penale, disciplinata dall’art. 81 del codice penale, è un tema cruciale che può influenzare significativamente la pena finale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta i criteri per riconoscere un disegno criminoso unitario, distinguendolo da una semplice inclinazione a delinquere. Comprendere questa distinzione è fondamentale per capire come i giudici valutano la sequenza di reati commessi da una persona.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso un’ordinanza del Tribunale. L’imputato chiedeva il riconoscimento del vincolo della continuazione tra diversi reati a lui attribuiti, sostenendo che fossero tutti parte di un unico disegno criminoso. Il Tribunale di merito, tuttavia, aveva respinto la sua richiesta, non ravvisando gli elementi necessari per configurare tale istituto. Di conseguenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sul principio consolidato secondo cui la valutazione circa l’esistenza di un medesimo disegno criminoso è un accertamento di fatto che spetta al giudice di merito. Questo giudizio non può essere riesaminato in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica, contraddittoria o basata su un travisamento dei fatti. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente applicato i principi giuridici e motivato in modo adeguato la propria decisione, senza incorrere in vizi sindacabili.

Le Motivazioni sul Disegno Criminoso

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla corretta interpretazione del concetto di disegno criminoso. La Suprema Corte ha ribadito che, per aversi continuazione, non è sufficiente una generica propensione al crimine, che si manifesta in base alle occasioni. È necessario, invece, che l’agente si sia rappresentato e abbia deliberato fin dall’inizio una serie specifica di condotte illecite.

Per provare l’esistenza di tale piano unitario, i giudici devono basarsi su indicatori concreti, tra cui:
* Omogeneità delle violazioni: i reati sono dello stesso tipo o ledono lo stesso bene giuridico.
* Contiguità spazio-temporale: i reati sono stati commessi in luoghi vicini e in un breve arco di tempo.
* Modalità della condotta (modus operandi): i reati sono stati eseguiti con tecniche simili.
* Sistematicità e abitudini programmate: le azioni rivelano una pianificazione e non una decisione estemporanea.

La Corte ha specificato che non è necessaria la presenza di tutti questi indicatori contemporaneamente. È sufficiente che alcuni di essi, purché significativi, convincano il giudice dell’esistenza di un piano originario. Nel caso specifico, il giudice di merito ha valutato questi elementi e ha concluso che i reati non erano stati programmati nelle loro linee essenziali sin dal primo, ma erano piuttosto il frutto di determinazioni estemporanee.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale stabile e rigoroso. La distinzione tra un disegno criminoso e una generale tendenza a delinquere è netta: il primo richiede una programmazione iniziale dei reati futuri, almeno nelle loro linee essenziali, mentre la seconda è una mera inclinazione che si concretizza in modo occasionale. L’accertamento di questa programmazione è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il cui verdetto, se supportato da una motivazione logica e congrua, è insindacabile in Cassazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del ricorso.

Qual è la differenza tra un singolo disegno criminoso e una generale propensione a delinquere?
Il disegno criminoso implica che l’agente abbia pianificato e deliberato fin dall’inizio una serie di reati specifici. La propensione a delinquere, invece, è una tendenza generica a commettere reati non predeterminati, che si manifesta in base alle occasioni che si presentano.

Quali sono gli indicatori principali per provare un disegno criminoso?
Gli indicatori principali sono l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spaziale e temporale tra i reati, l’identità del bene protetto, le singole causali, le modalità della condotta (modus operandi), la sistematicità e le abitudini di vita. Non è necessario che siano presenti tutti, ma bastano alcuni elementi purché significativi.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove relative all’esistenza di un disegno criminoso?
No, l’accertamento dell’esistenza di un disegno criminoso è una valutazione di merito che spetta al giudice del Tribunale o della Corte d’Appello. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della decisione è illogica, contraddittoria o basata su un errore evidente nell’interpretazione dei fatti, ma non può riesaminare le prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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