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Disegno criminoso e ludopatia: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata che chiedeva il riconoscimento del cosiddetto disegno criminoso per quattro diverse condanne. La Corte ha stabilito che la vicinanza temporale dei reati e la presenza di una ludopatia non sono sufficienti a provare un piano unitario, potendo invece indicare un’abitualità a delinquere. La valutazione del giudice di merito, se logicamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Ludopatia: Quando l’Abitualità Esclude la Continuazione

L’istituto della continuazione nel reato, che permette di unificare più condotte criminose sotto un unico disegno criminoso ai fini di un trattamento sanzionatorio più mite, è spesso al centro di complesse valutazioni giudiziarie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il delicato confine tra un piano delinquenziale preordinato e una semplice abitualità a commettere reati, anche in presenza di una dipendenza come la ludopatia. Analizziamo la decisione per comprendere i criteri utilizzati dai giudici.

I Fatti del Caso

Il caso nasce dal ricorso presentato dalla difesa di una donna contro un’ordinanza del Tribunale di Taranto, in funzione di giudice dell’esecuzione. L’istanza originale mirava a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione a quattro sentenze di condanna divenute irrevocabili. La difesa sosteneva che i reati fossero legati da un filo comune, evidenziando la loro natura simile, la vicinanza temporale e, soprattutto, la condizione di ludopatia della ricorrente, vista come fattore unificante delle singole condotte. Il Tribunale, tuttavia, aveva rigettato la richiesta.

L’Abitualità Criminale e il Ruolo del Disegno Criminoso

Di fronte alla Corte di Cassazione, la difesa ha insistito sugli stessi punti, lamentando che il giudice dell’esecuzione non avesse adeguatamente valorizzato gli elementi che, a suo dire, provavano l’esistenza di un unico disegno criminoso. Il ricorso, in sostanza, chiedeva ai giudici di legittimità una nuova valutazione dei fatti, diversa da quella operata dal Tribunale.

La Corte Suprema, tuttavia, ha chiarito un principio fondamentale: l’accertamento del requisito dell’unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al giudice di merito. In sede di Cassazione, tale valutazione può essere censurata solo se la motivazione appare manifestamente illogica o contraddittoria, non per una diversa interpretazione degli elementi probatori.

Le Motivazioni della Corte

Nel respingere il ricorso, la Cassazione ha ritenuto la motivazione del Tribunale di Taranto adeguata e priva di vizi logici. Il giudice dell’esecuzione aveva correttamente esaminato tutti i parametri indicati dalla difesa (vicinanza temporale, indole dei reati, ludopatia), ma li aveva interpretati in modo differente. Anziché vederli come prova di un piano unitario, li ha considerati sintomi di un “sistema di vita caratterizzato dall’abitualità di comportamenti penalmente rilevanti”.

In questa prospettiva, neanche la ludopatia è stata ritenuta un elemento sufficiente a dimostrare un disegno criminoso preordinato. La Corte ha sottolineato, inoltre, che tale condizione era stata attestata per un periodo successivo alla commissione di tre dei quattro reati in questione, indebolendone ulteriormente il valore di fattore unificante. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile perché si limitava a sollecitare una rilettura dei fatti non consentita in sede di legittimità.

Conclusioni

La decisione riafferma un principio cruciale: la ripetizione di reati, anche se ravvicinati nel tempo e legati da una condizione personale come una dipendenza, non si traduce automaticamente nel riconoscimento della continuazione. Per ottenere tale beneficio è necessario dimostrare una programmazione iniziale, un piano unitario che precede e guida le singole condotte. In assenza di ciò, i giudici possono legittimamente ritenere che ci si trovi di fronte a un’abitualità criminale, un modus vivendi che esclude l’applicazione dell’istituto del reato continuato. La valutazione del giudice di merito resta sovrana, a patto che sia sorretta da una motivazione logica e coerente.

La vicinanza temporale tra più reati è sufficiente per dimostrare un unico disegno criminoso?
No, secondo la Corte, la vicinanza temporale e la medesima indole delle violazioni possono essere sintomatiche non di un disegno unitario, ma di un sistema di vita caratterizzato dall’abitualità a commettere reati.

Una dipendenza, come la ludopatia, può essere considerata il fattore unificante di un disegno criminoso?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la ludopatia non fosse un elemento decisivo, anche perché era stata attestata in un periodo successivo alla commissione di tre dei quattro reati, e non era sufficiente a trasformare un’abitualità criminale in una preordinazione.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare i fatti per riconoscere la continuazione tra reati?
No, l’accertamento dell’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto rimessa al giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della decisione impugnata è manifestamente illogica o contraddittoria, non per offrire una diversa lettura dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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