Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26608 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26608 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Mugnano di Napoli il DATA_NASCITA, il Tribunale di Napoli Nord che aveva rigettato l’istanza, avanzata ai sensi dell’art.
difesa dall’AVV_NOTAIO del Foro di Napoli avverso l’ordinanza in data 16/01/2024 del Giudice dell’esecuzione del 671 cod. proc. pen.; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, ha chiesto che sia il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in epigrafe, il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Napoli Nord ha rigettato l’istanza, rivolta ai fini del riconoscimento della continuazione ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., tra le sentenze:
1-Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli Nord 24.06.2021 (irrevocabile 28.05.2022) per il reato di cui agli artt. 10, 12, 14 legge n. 497 del 1974, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di tre anni e due mesi di reclusione;
2-Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli Nord 05.10.2021, confermata dalla Corte appello Napoli 20/05/22 (irrevocabile 20.01.2023) per il reato di cui agli artt. 56, 575 cod. pen., artt. 2, 4, 7 legge n. 895 del 1967, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di sette anni e quattro mesi di reclusione.
Il Giudice dell’esecuzione, richiamati i principi giurisprudenziali in tema di continuazione, ha escluso che, nel caso di specie, potesse riconoscersi un legame logico e ontologico tra le condotte giudicate con le due distinte sentenze.
Ha precisato che non era possibile evincere la sussistenza dell’unitario disegno criminoso, esclusivamente desumendolo dalle causali comuni delle condotte, dalla contiguità rispetto al contesto delinquenziale e dalle analoghe condizioni di tempo e di luogo, non ravvisando la sussistenza di elementi per ritenere che, nel momento in cui il condannato aveva commesso i fatti giudicati con la sentenza sub 2) – tentato omicidio avvenuto il 28.10.2020, perpetrato con una pistola TARGA_VEICOLO – il medesimo avesse anche preordinato di procurarsi una seconda arma, la pistola marca Tanfolio, 9×21, matr. F13227, oggetto della sentenza sub 1).
L’ordinanza cautelare per il tentato omicidio di COGNOME – fatti di cui alla sentenza sub 2) – era stata emessa successivamente al rinvenimento della pistola marca Tanfolio, trovata in possesso di COGNOME.
Nel ricostruire gli elementi indiziari a carico di COGNOME in ordine al tentato omicidio, il giudice aveva evidenziato la differenza tra la pistola rinvenuta in possesso del medesimo e l’arma del delitto, circostanza che aveva indotto il giudice della cautela ad osservare che COGNOME, nell’intento di ostacolare le indagini, si fosse sbarazzato della pistola utilizzata per il tentato omicidio.
Nondimeno, ha proseguito l’ordinanza, se già prima dell’aggressione nei confronti di COGNOME, era ipotizzabile che COGNOME avesse in animo di sbarazzarsi dell’arma impiegata, non altrettanto si poteva affermare con riferimento all’essersi procurato una seconda arma, l’arma oggetto della sentenza sub 1).
Sulla base del quadro descritto, ravvisata, in sede di cognizione, la continuazione tra i reati giudicati con la sentenza sub 2), in sede di esecuzione è
stato escluso che egli avesse, fin da principio, maturato anche l’idea di procurarsi una seconda arma.
Non era emerso, né era stato allegato dal condannato alcun elemento per poter ritenere che egli nutrisse il proposito di procurarsi una seconda arma che avrebbe potuto essere necessaria, laddove fosse risultata la sua volontà di portare a termine l’omicidio di NOME, fermatosi alle soglie del tentativo in occasione dell’agguato giudicato con sentenza sub 2).
In conclusione, è stata esclusa la configurabilità di un disegno criminoso unitario, posto che la pluralità di condotte delittuose sono parse indicative di un tenore di vita di COGNOME, dedito al delitto, non essendo ravvisabile un disegno preordinato, almeno nelle sue linee essenziali, alla commissione di una serie di delitti.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia di COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha articolato un unico motivo di ricorso, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 81 cod. pen., nonché, ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., contraddittorietà e illogicità della motivazione del provvedimento, in relazione all’omessa valutazione di atti processuali indicati specificamente nei motivi di gravame.
Ripercorrendo gli episodi oggetto delle due decisioni, il ricorrente sottolinea il contenuto arco temporale e l’analogo modus operandi che hanno caratterizzato gli episodi delittuosi, dai quali emergerebbe un collegamento eziologico tra le condotte.
Sostiene che le dichiarazioni della fidanzata dell’imputato – la quale aveva riferito che COGNOME deteneva da tempo l’arma trovata in suo possesso al momento dell’arresto – sarebbero indicative del fatto che egli si era preventivamente procurato due pistole, nel proposito di compiere il tentato omicidio.
A tale fine, sarebbe altresì significativa la reazione di COGNOME al momento del controllo, sfociato nel suo arresto: di fronte agli agenti in borghese, aveva mostrato di temere per la propria incolumità e tale condotta troverebbe spiegazione nel timore scaturito dalla commissione del tentato omicidio, quadro che confermerebbe, ad avviso del ricorrente, l’esistenza di un unitario disegno criminoso in relazione all’intera vicenda.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME ha domandato che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è infondato e come tale deve essere rigettato.
Privo di pregio è l’unico motivo di ricorso, che si articola, come esposto, nella duplice doglianza di violazione di legge e vizio di motivazione.
2.1. Come costantemente affermato nella giurisprudenza di legittimità, il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267596-01).
2.2. L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità de lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, le analoghe modalità operative e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti e altro, Rv. 266413-01).
L’identità del disegno criminoso deve essere esclusa laddove, pur a fronte della contiguità spazio-temporale e del nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quelli cronologicamente anteriori (da ultimo Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, Natali e altro, Rv. 254793-01), in quanto la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862-01).
2.3. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno altresì riaffermato che, ai fini del riconoscimento della continuazione, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, è richiesta una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori (omogeneità delle violazioni e del bene protetto, contiguità spazio-temporale, singole causali, modalità della condotta,
sistematicità ed abitudini programmate di vita), unitamente al fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultin comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01).
L’ordinanza impugnata, dopo avere premesso che il dato cronologico e spaziale avrebbero potuto astrattamente deporre per l’unitarietà del disegno criminoso, ha tuttavia evidenziato che non era possibile evincersi la sussistenza di un programma criminoso predeterminato, almeno nei tratti essenziali.
Con motivazione logica, puntuale ed esaustiva – pertanto incensurabile in questa sede di legittimità – ha dato conto del fatto che il dato spazio-temporale non era sufficiente ad indicare l’esistenza di un unitario disegno criminoso, tra le condotte oggetto delle sentenze in epigrafe, concepito da COGNOME fin dalla commissione della prima azione illecita.
Se è stato evidenziato che, tra i fatti criminosi oggetto dell’una e dell’altra sentenza, erano intercorsi soltanto pochi giorni – il tentato omicidio sub 2) era stato commesso il 28 ottobre 2020, la detenzione dell’arma di cui alla sentenza sub 1) il 9 novembre 2020 – è stato altresì osservato che il dato spazio-cronologico costituisce soltanto uno dei parametri indicati dall’art. 81 cod. pen., richiamato dall’art. 671 cod. proc. pen., per il riconoscimento dell’identità di disegno criminoso.
Nella specie, come correttamente rilevato dall’ordinanza impugnata, non è stato possibile ravvisare alcun indice che, in disparte il dato spazio-cronologico, potesse costituire valido supporto per il riconoscimento di una preordinata azione che sia scaturita da un’unica deliberazione di volontà dell’agente.
Nulla di significativo era scaturito dal modus operandi, non costituendo valido sostegno all’istanza la circostanza (pag.3 del ricorso) che la fidanzata di COGNOME ebbe a dichiarare che egli deteneva l’arma trovata al momento dell’arresto da molto tempo, in quanto, a prescindere dal momento in cui il condannato decise di procurarsi la seconda pistola, tale circostanza non mostra, di per sé, che egli si determinò, sulla base di un’unica deliberazione volontaristica, a compiere tutti i reati in oggetto.
Non appare, in tale senso, significativo che COGNOME si fosse procurato la seconda arma – come sostiene il ricorrente – temendo per la propria incolumità dopo avere commesso il tentato omicidio, atteso che, a tutto concedere, ciò
dimostra soltanto che, in un secondo momento rispetto al tentato omicidio, egli abbia deciso di procurarsi una seconda pistola, dopo essersi disfatto dell’arma del delitto per ragioni di opportunità, sentendo la necessità di avere a disposizione uno strumento per la propria difesa.
In conclusione, difetta ogni allegazione atta a sorreggere la richiesta, correttamente rigettata dal giudice dell’esecuzione.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/05/2024.