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Disegno criminoso: differenza con l’abitudine al reato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza Num. 20672/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso, chiarendo la netta differenza tra un singolo disegno criminoso e una generica propensione a delinquere. La Corte ha stabilito che la commissione di più reati, anche in forma organizzata, non implica automaticamente l’esistenza di un piano unitario, ma può derivare da una scelta di vita o da un’abitualità criminale. Il ricorso è stato respinto in quanto basato su mere doglianze di fatto, già correttamente valutate dalla corte d’appello.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso vs. Tendenza a Delinquere: La Cassazione Fa Chiarezza

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi affronta un tema cruciale del diritto penale: la distinzione tra un disegno criminoso unico e una generica propensione a commettere reati. Comprendere questa differenza è fondamentale, poiché incide direttamente sulla determinazione della pena. La Suprema Corte, con una decisione netta, ha ribadito i confini tra un piano criminale preordinato e una semplice abitudine al crimine, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di una città del sud Italia. Il ricorrente, attraverso il suo difensore, lamentava la violazione di diverse norme, tra cui l’articolo 81 del codice penale, che disciplina il reato continuato. Sostanzialmente, la difesa sosteneva che i vari reati commessi dall’imputato fossero tutti riconducibili a un unico disegno criminoso, un piano unitario ideato in anticipo. Secondo questa tesi, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non riconoscerlo, fornendo una motivazione apparente e contraddittoria.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le censure presentate non fossero altro che “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero contestazioni sulla ricostruzione degli eventi, che non possono trovare spazio nel giudizio di legittimità. Inoltre, la Corte ha osservato che gli argomenti proposti erano una semplice riproduzione di quelli già esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la distinzione cruciale nel disegno criminoso

Il cuore della decisione risiede nella chiara spiegazione fornita dalla Suprema Corte. I giudici hanno sottolineato come i reati contestati non potessero essere considerati il frutto di un’ideazione unitaria. Al contrario, essi rappresentavano la manifestazione di una “generica propensione alla specifica tipologia delittuosa”.

La Corte ha tracciato una linea di demarcazione netta tra due concetti che non devono essere confusi:

1. La generica tendenza a delinquere: Questa si manifesta come una scelta di vita del soggetto, una sua propensione a commettere crimini, anche in forme organizzate. È un’inclinazione, un’abitudine, ma non un piano specifico.
2. L’ideazione preventiva di carattere unitario: Questo è l’elemento che caratterizza il vero e proprio disegno criminoso. Richiede la sussistenza di un piano preordinato e specifico, che lega tutte le condotte illecite come parti di un unico progetto.

Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato questo principio, escludendo che nel caso di specie vi fosse un progetto unitario e riconoscendo invece una più generica inclinazione al crimine.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per l’applicazione dell’istituto del reato continuato (art. 81 c.p.). Per poter beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite, non è sufficiente dimostrare di aver commesso più reati dello stesso tipo o di aver intrapreso una “carriera” criminale. È invece necessario provare, in modo concreto, l’esistenza di un programma criminoso unico, deliberato in anticipo, che colleghi tutte le singole azioni. La decisione serve da monito: la valutazione sull’unicità del disegno criminoso non può basarsi su mere supposizioni o sulla personalità dell’imputato, ma deve fondarsi su elementi fattuali concreti che dimostrino una programmazione unitaria e preventiva. In assenza di tale prova, i reati verranno considerati autonomi, con conseguenze ben più gravi sul piano sanzionatorio.

Qual è la differenza tra ‘tendenza a delinquere’ e ‘disegno criminoso’ secondo la Corte?
La ‘tendenza a delinquere’ è una generica propensione a commettere reati, una scelta di vita improntata al crimine. Il ‘disegno criminoso’, invece, richiede una specifica e preventiva ideazione di carattere unitario, un piano concreto che lega insieme più reati.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per due motivi: primo, perché le lamentele sollevate erano ‘doglianze in punto di fatto’, cioè contestazioni sulla ricostruzione dei fatti, che non sono ammesse nel giudizio della Corte di Cassazione; secondo, perché il ricorso si limitava a riproporre le stesse censure già correttamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello.

Commettere più reati dello stesso tipo significa che esiste un unico disegno criminoso?
No. Secondo la Corte, la commissione di più reati, anche della stessa tipologia e in forma organizzata, non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso. È necessario provare che tali reati sono il frutto di un’unica ideazione preventiva e non di una generica propensione a delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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