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Disegno Criminoso: Cassazione sulla Continuazione

Un soggetto condannato per reati di spaccio in processi separati ha richiesto il riconoscimento del vincolo della continuazione, basato su un unico disegno criminoso. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. Secondo la Corte, la vicinanza temporale e spaziale non è sufficiente a provare un unico piano criminoso se mancano altri elementi concreti e vi sono differenze nelle modalità di condotta e nel grado di offensività dei reati.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Quando Più Reati Non Fanno un Piano Unico

Il concetto di disegno criminoso è un pilastro del diritto penale, fondamentale per determinare se una serie di reati debba essere considerata come l’attuazione di un unico piano o come episodi criminali distinti e separati. La sua corretta identificazione ha conseguenze dirette e significative sul trattamento sanzionatorio del reo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 7326/2024) torna su questo tema delicato, chiarendo i criteri necessari per il riconoscimento della ‘continuazione’ tra reati, anche nella fase esecutiva della pena.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda un individuo che, condannato con sentenze separate per diversi episodi di cessione di sostanze stupefacenti, aveva presentato un’istanza al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati, sostenendo che fossero tutti parte di un unico disegno criminoso iniziale. Il ricorrente, in particolare, evidenziava la stretta vicinanza temporale e spaziale tra le condotte, ritenendo irrilevanti le differenze nei quantitativi di droga o nelle specifiche modalità di cessione.

Il Tribunale di Salerno aveva però rigettato la richiesta, non ravvisando gli elementi necessari per configurare un piano unitario. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’analisi del disegno criminoso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando pienamente la valutazione del giudice dell’esecuzione. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato, richiamando anche una pronuncia delle Sezioni Unite: il riconoscimento del disegno criminoso richiede una verifica approfondita e rigorosa.

Non è sufficiente che i reati siano simili o commessi a breve distanza l’uno dall’altro. È necessario dimostrare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. La vicinanza spazio-temporale è solo un ‘indice rivelatore’, un indizio, ma non la prova definitiva. Il cuore dell’accertamento risiede nella volontà dell’agente: i reati devono scaturire da un’unica deliberazione di fondo, un programma criminoso iniziale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha specificato che il giudice di merito, nel caso di specie, aveva correttamente motivato la sua decisione di escludere l’unicità del disegno criminoso. La motivazione si basava su elementi decisivi:

1. Diverse modalità di estrinsecazione: Le condotte criminose, sebbene simili nella natura (spaccio), erano state realizzate con modalità differenti.
2. Diverso grado di offensività: I singoli episodi presentavano un diverso livello di gravità e pericolosità sociale.
3. Mancanza di elementi di collegamento: Al di là della prossimità, non erano emersi altri elementi concreti e univoci che potessero legare i vari reati a un unico piano iniziale.

Secondo la Cassazione, il giudice non deve confondere un radicato ‘stile delinquenziale’ con un vero e proprio programma criminoso. Quest’ultimo richiede una previsione iniziale di più azioni criminose per raggiungere determinate finalità, mentre il primo indica solo una tendenza a delinquere. Le argomentazioni del ricorrente, volte a minimizzare le differenze tra le condotte, sono state qualificate come semplici contestazioni di merito, inammissibili in sede di legittimità, dove la Corte non può riesaminare i fatti ma solo controllare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce che per ottenere il beneficio della continuazione, non basta appellarsi alla generica somiglianza dei reati commessi. È onere della difesa fornire prove concrete che dimostrino l’esistenza di un piano unitario preesistente alla commissione del primo reato. Il giudice deve condurre un’analisi che vada oltre gli indizi esterni (come tempo e luogo) e indaghi l’aspetto intellettivo e volitivo del reo al momento della prima azione. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso basato sulla semplice rilettura dei fatti, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella decisione impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando si può riconoscere il disegno criminoso tra più reati?
Per riconoscere un disegno criminoso, è necessaria una verifica rigorosa che dimostri che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, come parte di un’unica deliberazione di fondo.

La vicinanza di tempo e luogo tra due reati è sufficiente per provare la continuazione?
No, la vicinanza spazio-temporale rappresenta solo un indizio. Da sola non è sufficiente a provare l’esistenza di un unico disegno criminoso se mancano altri elementi concreti che colleghino le varie condotte a un piano unitario iniziale.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione si limita a ridiscutere i fatti già valutati dal giudice precedente?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione non è un giudice di merito e non può riesaminare i fatti; il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Le argomentazioni che contestano l’apprezzamento dei fatti sono considerate ‘di puro merito’ e non possono trovare ingresso in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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