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Discrezionalità giudice: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22905/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso che contestava la determinazione della pena. La Corte ha ribadito che la discrezionalità del giudice nel quantificare la sanzione non è censurabile in sede di legittimità se non in caso di arbitrarietà o manifesta illogicità, e che una motivazione sintetica con espressioni come ‘pena congrua’ è sufficiente quando la pena è inferiore alla media edittale.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del giudice e limiti al ricorso: l’analisi della Cassazione

La recente ordinanza n. 22905 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti all’impugnazione delle sentenze in materia di trattamento sanzionatorio. Il provvedimento sottolinea come la discrezionalità del giudice nella quantificazione della pena sia un potere ampio, sindacabile in sede di legittimità solo a condizioni molto stringenti. Questa decisione riafferma un principio fondamentale del nostro ordinamento, separando nettamente il giudizio di merito da quello di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’unico motivo di doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio, ovvero la misura della pena inflitta. L’imputato contestava le scelte operate dal giudice di merito nella graduazione della pena, sia per quanto riguarda la pena base sia in relazione agli aumenti e alle diminuzioni per le circostanze e la continuazione tra i reati.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, il motivo presentato era non solo privo di ‘concreta specificità’, ma entrava in un ambito, quello della discrezionalità del giudice, che non è consentito sindacare in quella sede. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: i limiti alla revisione della discrezionalità del giudice

La Corte ha basato la propria decisione su consolidati principi giurisprudenziali. Il fulcro della motivazione risiede nel fatto che la graduazione della pena è espressione di un potere discrezionale attribuito al giudice di merito. Tale potere non può essere oggetto di ricorso per cassazione a meno che la determinazione della pena non sia frutto di ‘mero arbitrio’ o di un ‘ragionamento manifestamente illogico’.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che il giudice di merito avesse adempiuto adeguatamente al suo onere di motivazione. Il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo) e l’utilizzo di espressioni quali ‘pena congrua’ o ‘pena equa’ sono stati considerati sufficienti. La Corte ha precisato che non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata quando la pena irrogata è inferiore alla media edittale prevista dalla legge per quel reato. Di conseguenza, il tentativo del ricorrente di ottenere una nuova valutazione nel merito è stato respinto, poiché esulava dai poteri della Corte di Cassazione.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un concetto cruciale per chi opera nel diritto penale: non ogni aspetto di una sentenza di merito può essere portato all’attenzione della Corte di Cassazione. La discrezionalità del giudice nella determinazione della pena è un baluardo del giudizio di merito. Per poterla contestare efficacemente in sede di legittimità, non è sufficiente un generico dissenso sulla quantità della pena, ma è necessario dimostrare un vizio palese e macroscopico nel ragionamento del giudice, tale da configurare un atto arbitrario o palesemente illogico. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e focalizzati esclusivamente su vizi di legittimità, evitando di trasformare il ricorso in Cassazione in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
Generalmente no. È possibile farlo solo se si dimostra che la decisione del giudice è stata frutto di mero arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico, e non semplicemente perché si ritiene la pena troppo alta.

Il giudice deve sempre motivare in modo approfondito la scelta della pena?
No. Secondo questa ordinanza, quando la pena inflitta è inferiore alla media prevista dalla legge, possono essere sufficienti anche espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’, supportate da un richiamo generale ai criteri dell’art. 133 c.p.

Cosa accade se un ricorso contro la quantificazione della pena viene ritenuto generico?
Come avvenuto nel caso di specie, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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